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ScuolaOggi: Pdl Aprea: i diversi "livelli" della professione docente

di Gianni Gandola e Federico Niccoli

10/03/2009
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ScuolaOggi

Dopo una disamina generale della proposta di legge Aprea (1), prendiamo in considerazione in questo secondo articolo un altro punto rilevante della proposta di stato giuridico presentata alla Commissione Istruzione della Camera: quello riguardante le “articolazioni della professione docente” (art.17).

Diciamo subito, in via preliminare, che non poche perplessità suscita il fatto che l’accesso alla professione docente avverrebbe con l’accesso all’”albo regionale dei docenti” (come per altre categorie o “corporazioni”, i giornalisti, gli avvocati, ecc.), dopo conseguimento di laurea specialistica e superamento di un anno di applicazione, attraverso un apposito contratto di inserimento formativo al lavoro. Nelle precedenti stesure (Santulli, Angela Napoli) l’albo era “nazionale”, ora vista l’evoluzione più recente del contesto politico è “regionale”. Ma soprattutto lascia perplessi il fatto che una volta iscritti all’albo e a conclusione dell’anno di applicazione valutato positivamente i docenti verrebbero ammessi a “concorsi banditi dalle istituzioni scolastiche statali, con cadenza almeno triennale, secondo le esigenze della programmazione e al fine di effettuare la copertura dei posti disponibili e vacanti” (vedi art. 16, Concorso di istituto).

Una modalità di reclutamento questa, da parte delle singole istituzioni scolastiche, che assomiglia molto a quanto avviene nel privato (le singole scuole che assumono, attingendo in questo caso all’albo professionale, all’interno del “libero mercato” del lavoro). Meccanismi insomma che appartengono più alle scuole private (magari “paritarie”) che non alla scuola pubblica di Stato e alla sua tradizione.

Più interessante ci sembra invece la parte relativa all’articolazione della professione docente. Abbiamo già scritto ampiamente sulla necessità di valorizzare le risorse e le professionalità, riconoscendo le differenze, le diversità esistenti all’interno della categoria. Occorre distinguere diversi livelli di impegno e di professionalità. Il punto naturalmente sta nel “chi” stabilisce chi sono i “capaci e meritevoli”…. E sta, anche e soprattutto, nel definire analiticamente gli indicatori e i descrittori delle competenze da possedere per entrare nel novero dei “capaci e meritevoli”. Ad esempio è “più” capace l’insegnante competente nella propria disciplina o l’insegnante che esercita la sua funzione con pari impegno sia nella dimensione individuale sia nella dimensione collegiale? Non si può stabilire con una legge generica solo le procedure per il passaggio da una categoria ad un’altra della funzione docente, rimandando poi a successive determinazioni ministeriali i contenuti delle nuove professionalità. La valutazione e il controllo dei risultati sono ancor più necessari nella scuola dell’autonomia di quanto non lo fossero nella scuola-apparato . La caratteristica della valutazione deve essere di tipo formativo, perché rivolta all’efficacia ed all’efficienza delle prestazioni individuali nel conseguimento dello scopo delle istituzioni scolastiche autonome: il successo formativo degli alunni .

La proposta di stato giuridico presentata alla Commissione camerale prospetta tre diversi livelli di professione docente: il docente iniziale, il docente ordinario e il docente esperto. Questi diversi livelli “non implicano sovraordinazione gerarchica”. Questo punto è fondamentale e va rafforzato con esplicite formulazioni che impediscano, anche in futuro, una deriva verso la gerarchia, che è decisamente incompatibile con una offerta formativa organizzata sul modello previsto puntualmente dal dpr 275/99 sull’autonomia delle istituzioni scolastiche. Alla contrattazione collettiva spetta la definizione del trattamento economico differenziato da attribuire a ciascuna delle articolazioni, delle modalità per il passaggio ai livelli superiori, nonché delle modalità per la valutazione delle prestazioni di ogni docente ai fini della progressione economica e della carriera. L’attività del personale appartenente ai livelli di docente iniziale e docente ordinario è soggetta a valutazione periodica, ad opera di apposita commissione di valutazione in ordine a: “efficacia dell’azione didattica e formativa; impegno professionale nella progettazione e nell’attuazione del piano dell’offerta formativa; contributo fornito all’attività complessiva dell’istituzione scolastica o formativa; titoli professionali acquisiti in servizio”.

La commissione in questione è composta da tre docenti esperti, eletti all’interno della stessa istituzione scolastica, da un rappresentante designato a livello regionale dall’organismo tecnico rappresentativo (art.20) ed è presieduta dal dirigente scolastico.

Il passaggio da docente ordinario a docente esperto avviene, sempre a domanda, “mediante formazione e concorso volto a verificare il possesso dei requisiti culturali e professionali dell’aspirante ed espletato a livello di reti di scuole”.

Al docente esperto sono attribuite responsabilità anche in relazione ad attività di formazione dei docenti, di coordinamento, di valutazione interna ed esterna e di collaborazione col dirigente. Incarichi aggiuntivi rispetto all’insegnamento per lo svolgimento di “funzioni complesse” possono essere assegnati soltanto a docenti ordinari o esperti e sono remunerati con specifiche retribuzioni aggiuntive rispetto allo stipendio maturato (apposito fondo di istituto). Il passaggio ai livelli di docente ordinario ed esperto è programmato dal MIUR con proprio decreto che determina annualmente il contingente massimo di personale docente per ciascuno dei livelli professionali.

Non è ben chiaro, né si evince facilmente dai commi dell’art.17, qual è la differenza (in termini di funzioni) tra docente iniziale e docente ordinario. Inoltre, non si capisce quale funzione viene assegnata all’Università in tema di formazione iniziale e in servizio dei docenti : si tratta di una questione di vitale importanza per evitare formazioni “domestiche” di scarso pregio e soprattutto non idonee ad affrontare la complessità della professione docente.

Fatte salve le perplessità (o contrarietà) e i punti di domanda che abbiamo sopra indicato, che riguardano, ripetiamo, le forme del reclutamento, l’albo regionale dei docenti, l’indeterminatezza dei diversi livelli, possiamo sottolineare alcuni punti che invece riteniamo di un certo interesse.

Innanzi tutto il fatto che si afferma (finalmente) il principio della valutazione e della verifica delle prestazioni di ogni titolare della funzione docente ai fini della progressione economica e di carriera. Il fatto, inoltre, che si accede alla qualifica di docenti a seguito del conseguimento di laurea magistrale e di superamento di un “anno di applicazione”. Il fatto che vi è una commissione di valutazione che si pronuncia in merito “all’efficacia dell’azione didattica e formativa, all’impegno professionale nella progettazione e nell’attuazione del POF, al contributo fornito all’attività complessiva dell’istituzione scolastica”. Il fatto che, nel passaggio al livello di docente ordinario si tiene conto anche della valutazione del dirigente scolastico (verrebbe da dire finalmente! Considerato che al dirigente viene attribuita la “responsabilità” della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei “risultati del servizio”, v. art.25bis del decreto lgs. 29/1993 sulla dirigenza).

Trattandosi di una questione delicata, immaginiamo che il disegno di articolazione/differenziazione della professione docente troverà non pochi oppositori, anche in settori sindacali. D’altra parte non si può accettare che esponenti della maggioranza governativa presentino disegni di legge in una materia che è di stretta pertinenza di attività contrattuale specifica. Non si può, infatti, pensare che elementi vitali della professione docente (la valutazione, l’articolazione della funzione, le modalità di reclutamento,…..) vengano sottratti alla negoziazione con i rappresentanti dei lavoratori della scuola, che dovranno essere i protagonisti dei processi innovativi nella scuola dell’autonomia.

Non tutto quello che sta scritto in questa proposta di stato giuridico – relativamente a questo punto - ci convince, ma il tema di fondo (la valutazione dei docenti e il riconoscimento delle professionalità) è quantomeno posto. Chi ha proposte migliori le avanzi. Ma senza eludere il nodo di fondo: il “merito” non è una variabile ininfluente nei processi di innovazione della/nella scuola !

Gianni Gandola e Federico Niccoli

NOTE

(1) vedi: “La proposta di legge Aprea: un testo con poche luci e molte ombre”