Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » ScuolaOggi: Quello che avrei voluto dirgli...

ScuolaOggi: Quello che avrei voluto dirgli...

di Ines Patrizia Quartieri

08/02/2007
Decrease text size Increase text size
ScuolaOggi

Signor Ministro,
In questi giorni è intenso l'allarme lanciato da scienziati e ambientalisti per i cambiamenti climatici del nostro pianeta. La Terra ci manda segnali per dirci che dobbiamo cambiare, e in fretta, i modi e le forme che fino a oggi hanno orientato le nostre scelte in campo economico pena il disastro dell'ecosistema.
Analogamente la nostra società manda segnali di profondo malessere nel suo tessuto profondo. Le tragedie di Erba, Cesena e Catania, il rifiuto preconcetto delle culture altre, il razzismo verso rom e diversi, il bullismo esibito nei filmati di YouTube e prima ancora Scampia e l'assurda facilità con cui giovani e giovanissimi decidono di non dare alcun valore alla vita propria e altrui ci raccontano che, come per il clima, altrettanto per la convivenza civile siamo vicini a un collasso che potrebbe segnare un punto di non ritorno.
Credo, crediamo che la scuola pubblica possa e debba essere lo strumento principale, l'investimento strategico, della nostra società per cercare di invertire una tendenza che sembra inevitabilmente data.
C'è bisogno di più scuola per tutti, signor Ministro, e ce n'è bisogno subito: uomini e donne hanno bisogno di più saperi e più conoscenza perché tutti e tutte acquisiscano strumenti critici per leggere la complessità e vivere consapevolmente in un tessuto di relazioni capace di privilegiare il bene comune: i giovani e le giovani hanno il diritto di progettare il proprio futuro come sempre è successo nelle generazioni precedenti, convinti che possa essere migliore del proprio presente.
Parlare di scuola a Milano. E’ attraverso questo filtro che provo a ricondurre il mio contributo Non le parlerò di edilizia scolastica fatiscente, del fatto che le scuole non hanno ancora avuto assegnati i fondi per il funzionamento e ad oggi non sanno neanche a quanto ammonteranno. Della situazione generale di incertezza e disorientamento che naviga nelle scuole. Tralascio tante tematiche per mancanza di tempo, ma ne ritengo una, quella dell’ immigrazione, paradigmatica del modo di intendere l’istruzione nel nostro paese da parte del suo ministero. Il nodo dalle cui scelte dipenderà il futuro del nostro paese.
Milano è luogo d’incontro di persone e culture. Da anni è crocevia di cambiamento, laboratorio dove si anticipano nuove tendenze, nuove specificità: qui, ad esempio l’immigrazione è sempre più stanziale. Siamo ormai alla seconda, in alcuni casi alla terza generazione. Eppure si parla ancora di emergenza. Quello dell’immigrazione è un fenomeno strutturale, che ha già cambiato e continua a cambiare la fisionomia della mia città e ci cambia come collettività , investe ogni settore della vita, scuola, casa, lavoro, spazi, relazioni… Anche tralasciando il diritto delle persone, a lasciare il loro paese, sono tutti concordi nell'affermare che noi abbiamo bisogno di questi nuovi cittadini/e per rilanciare l’economia, per invertire il tasso di natalità: gli immigrati sono orami una parte costitutiva del sistema Italia.
Abbiamo due riferimenti forti che non ci fanno partire da zero:
- l’esperienza di altri paesi che hanno affrontato questo fenomeno prima di noi e da cui possiamo trarre punti di forza e punti di debolezza.
- Noi stessi siamo stati un popolo di migranti.
Eppure è tangibile nella nostra società, senza memoria, la paura che fa associare il termine immigrazione a quello di sicurezza. Quali le linee, gli interventi delle istituzioni, dal governo centrale a quello locale rispetto a ciò? Quale idea di società è sottesa nelle scelte o ” non “scelte che si stanno facendo? Da dove si parte? Dove si vuole arrivare?
Le politiche sulla scuola saranno la cartina al tornasole di questo governo per dare una risposta in termini di reale inclusione, di diritto di cittadinanza realmente agito, di investimento culturale e sociale a vantaggio di tutte e di tutti, nella cornice dei valori costituzionali.
Sono le basi che faranno poi la differenza. Penso che è proprio dalla Costituzione che dobbiamo partire per garantire quelle pari opportunità tante volte evocate, ma che hanno bisogno di atti concreti per avere dignità. Come? Attraverso il diritto alla cultura come fattore strategico di cittadinanza e di integrazione sociale e quindi… investendo in modo massiccio in primo luogo nell’insegnamento della lingua italiana, (ma non solo).
La lingua italiana è l’elemento comune, di coesione per tutti coloro che vivono in Italia. Senza lingua c’è l’emarginazione, l’isolamento, la ghettizzazione, la non fruibilità dei diritti che porta anche al non rispetto dei doveri.
Corsi di lingua italiana per tutti e tutte, non solo per i ragazzi ma anche per gli adulti, come impegno primario delle istituzioni che non delegano all'associazionismo, ma lo assumono come investimento prioritario, mettendo in condizione tutti e tutte di frequentarli. Non è sufficiente un’equilibrata distribuzione dei bambini stranieri nei diversi plessi per dare risposte a timori che possono tradursi in forme di razzismo. Occorrono scelte politiche che prevedono professionalità, risorse economiche, strategie e sinergie tra i diversi soggetti se vogliamo investire in un salto culturale:
Accoglienza, Educazione interculturale nelle classi, previa formazione di tutti i docenti di ogni ordine e grado, perché non sia materia d’insegnamento ma stile educativo che si traduce in scelte pedagogiche, sia educazione al cambiamento che riguarda tutti, Laboratori L2, Mantenimento della lingua e cultura d'origine attraverso l’attivazione di corsi per alunni e adulti, (perché come diceva un suo predecessore Tullio di Mauro, la prima lingua è come una pelle, posso chiedere a chiunque di imparare una nuova lingua ma a nessuno di rinunciare alla propria pelle…).
E poi, mediazione linguistico-culturale, Orientamento e sostegno al ruolo educativo delle famiglie straniere, Organico aggiuntivo nelle scuole in proporzione ai bisogni, con classi meno affollate, Programmi ministeriali aperti ai saperi globali, Scuole aperte al territorio per favorire, facilitare lo sviluppo di contesti favorevoli all'integrazione, Riconoscimento dei titoli di studio conseguiti all’estero. Oggi gli immigrati “regolari” hanno un livello di istruzione media superiore a quello degli italiani.
Milano aveva fatto alcune scelte in questa direzione già molti anni fa. Ora che il dato numerico è molto più che raddoppiato ci troviamo di fronte a pacchetti orari proposti alle scuole e commissionati alla cooperativa di turno. Un filo di voce in un silenzio assordante. Nessuna sistematicità. Nessun salto culturale. E tanti salti mortali da parte delle singole scuole e dai docenti.
Eppure è stato proprio dal mondo della scuola milanese che è nata la mobilitazione per le scelte dell’allora ministro, oggi sindaco Moratti. Il mondo della scuola partendo proprio dal tempo pieno si aspettava da questo governo delle risposte diverse da quello precedente. Oltre ai tagli della Finanziaria, non c’è nulla all’orizzonte. Altro che delusione, l’arrabbiatura è profonda quando non si vedono discontinuità rispetto al prima. Il tempo pieno, quello vero, col doppio organico a Milano, non è un lusso, ne può essere ridotto solo ad una risposta temporale: 40 ore fatte da uno spezzatino. Era e rimane un modello pedagogico che, ad esempio, proprio attraverso le compresenze ha dato risposte in termini di successo formativo, di lotta alla dispersione scolastica, di interventi individualizzati per i bambini stranieri, per quelli in situazione di disagio. In una città non amica dei bambini e che oltre l’orario scolastico non offre granchè in termine di socializzazione, avere ore di compresenza significa anche investire nella relazione, quella relazione tante volte evocata come cura preventiva per i fenomeni di bullismo che tanto spesso sono generati anche dalla sua mancanza. I bambini a Milano, come gli anziani, sono malati di solitudine e non hanno bisogno di essere parcheggiati, hanno bisogno di rapporti umani, di calore, di tempo dedicato con competenza e pazienza. La dispersione è anticamera della devianza e comporta costi sociali in termini di sicurezza. Tagliare qui mi sembra miope. Se la risposta è razionalizzazione, allora occorre chiarirci su cosa sono gli sprechi e che cosa sono le priorità. Confrontiamoci, signor ministro, non con indagini fantasma di cui ben poco si sa, ma ascoltando veramente quel mondo della scuola che qui a Milano in questi anni tanto ha fatto per difendere la qualità di scuola pubblica. Se le risorse sono scarse, mi chiedo, ma a che posto sta la scuola in questo governo? Allo stesso posto del governo precedente?
Eppure nella campagna elettorale che genitori e insegnanti hanno sostenuto non solo con il voto ma attraverso un impegno costante di controinformazione e di mobilitazione, le aspettative erano ben diverse. Nel programma dell’Unione ben altri erano gli impegni.
Certo un’amministrazione, nazionale o locale che sia, non può occuparsi solo di scuola e ha il compito di raccordare il tutto in un quadro complessivo. Ma se pensiamo a una politica che abbia il coraggio e la forza di guardare oltre l’oggi e senta la responsabilità del domani allora la scuola assume un’importanza strategica. Perché un paese cresce e si sviluppa se cresce il livello culturale dei suoi cittadini, di tutti i suoi cittadini.
L’innalzamento dell’obbligo a 16 anni va nella giusta direzione, ma ancora i ragazzi già a 14 anni dovranno scegliere tra due canali: quello di serie A e quello di serie B.
E i nuovi cittadini di cui parlavamo sopra dove finiranno? Lei sa che la risposta è già scritta. L’opportunità di un bagaglio culturale uguale per tutti e tutte almeno fino a 16 anni, mettendo tutti e tutte nelle condizioni di rimanere a scuola e davvero di proseguire gli studi, dov’è finito?
Davide Maria Turoldo diceva che il fine della cultura è rendere gli uomini liberi: salvarsi dall’ignoranza per salvarsi dalla schiavitù. Per resistere a chi sa ed è tentato di sopraffare: uomini dalle mille parole che vogliano dominare sugli altri uomini dalle cento parole. Cultura per essere se stessi, per essere liberi. E’ questa la strada che ci indica anche la
Costituzione.
Noi, con il suo governo, andiamo verso questa direzione?

Ines Patrizia Quartieri
maestra e consigliera comunale a Milano
Incontro dibattito con il Ministro Giuseppe Fioroni: SCUOLA, MOTORE DI SVILUPPO E INCLUSIONE organizzato dall'Ulivo – Margherita 6 febbraio 2007 - Provincia di Milano

ps....Il ministro non ha mai nominato nel suo lungo intervento il tema dell'immigrazione, i bambini stranieri sono anche per lui protagonisti invisibili, (come per l'allora ministro Moratti) e non ha risposto a chi, in un fitto prato di margherite e ulivi, gli ha chiesto del tempo pieno.