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ScuolaOggi: Tagli e dintorni: con le spese per le ripetizionii primi effetti sulla borsa delle famiglie

Pino Patroncini

05/06/2010
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ScuolaOggi

Questa mattina i giornali che vengono distribuiti gratuitamente in metropolitana e nei punti di passaggio riportavano una notizia: saremmo di fronte ad un boom delle ripetizioni. Le famiglie degli alunni della secondaria superiore, messe di fronte al rischio non tanto di una bocciatura quanto, soprattutto, di una non ammissione all’esame di stato, starebbero ricorrendo massicciamente alle ripetizioni private per i loro figli.

Si tratta di spese da affrontare che vanno dai 10 euro all’ora per matematica (se la lezione è impartita da uno studente universitario) ai 50 euro per greco (se la lezione è impartita da un insegnante di liceo): per l’esattezza da 20 a 50 euro per greco, da 15 a 40 per latino, da 15 a 35 per inglese, da 10 a 30 per matematica, da 15 a 40 per italiano. E l’enumerazione dei giornali si ferma qui, alle discipline tipiche dei licei, perché probabilmente lì è il ricorso più alto e perché i giornalisti sono.memori delle loro esperienze studentesche prevalentemente liceali. Ma è certo che per le ripetizioni specialistiche in alcune discipline tecniche, come quelle che si insegnano ai geometri o in alcuni istituti tecnici dove gli insegnanti disposti a dare ripetizioni sono anche più rari, la parcella è notevolmente più costosa.

Questo ricorso massiccio alle ripetizioni è comunque l’effetto combinato di due fattori. Da un lato abbiamo i tagli che, tra le altre cose, hanno colpito pesantemente anche i corsi di recupero: quest’anno le scuole o non li hanno fatti o ne hanno fatti meno. E ciò avvenuto nonostante sia ancora in vigore una norma, varata da Fioroni e trascritta nell’articolo 1 del DM 80 del 2007, la quale in pratica lascia intendere che non si può bocciare nessun alunno se non si sono messe in atto le misure possibili per recuperarlo, in particolare se quest’ultimo non è stato invitato a frequentare i corsi di recupero. E’ una norma, probabilmente improvvida nella sua perentorietà ma altrettanto improvvidamente trascurata, la cui mancata applicazione potrebbe produrre oltre al boom delle ripetizioni anche una montagna di ricorsi contro bocciature e non ammissioni.

L’altro fattore è la scelta del Ministro Gelmini di vincolare l’ammissione all’esame al conseguimento della sufficienza in tutte le discipline. Una scelta più che antistorica, dal momento che nella storia della scuola italiana non si ritrova un vincolo così rigido: persino Gentile, la cui riforma “fascistissima” quanto a rigidità non scherzava, con un Regio Decreto del 1925 aveva previsto come requisito minimo per l’ammissione la media del cinque. Il ricordo di questa norma, rimasta in vigore fino al 1998, quando Berlinguer abolì l’ammissione, avrebbe dovuto far suonare il campanello d’allarme già lo scorso anno quando la restaurazione dell’ammissione aveva comportato la necessità della media non del cinque ma del sei. La cosa più bizzarra è che all’attuale scelta ancor più forcaiola non si è giunti per una necessità propriamente didattica, quanto piuttosto aritmetica. Infatti il Ministro Gelmini, non si sa bene se angosciata dalle esuberanze giovanili o piuttosto decisa a non perdere l’occasione di cavalcare il cavallo di “ordine e sicurezza”, aveva deciso non solo di restaurare il voto di condotta ma anche di fargli fare media: altra bizzarria inedita per cui uno studente dormiglione con ben quattro insufficienze e un dieci in condotta sarebbe stato promosso, mentre uno più esuberante con un sei in condotta ma con un solo cinque in una sola disciplina avrebbe potuto essere bocciato. Ecco allora trovata la pezza peggiore del buco: per essere ammessi occorre la sufficienza in tutte le discipline!
Naturalmente tutto ciò può essere contemperato dalla collegialità del voto che è in grado di trasformare i cinque in sei: ma i messaggi ministeriali di riduzione degli scrutini alla pura dettatura dei voti sono stati tali che in questi giorni fioccano in sindacato i quesiti sulla collegialità o non collegialità della valutazione finale ( che, è bene ricordarlo, sussiste tuttora ai sensi del Testo Unico del ’94 e persino delle norme varate nel 1924 da Gentile, il quale – ed è tutto dire- si mostrava assai più tollerante, più assennato e in quanto alla collegialità persino più democratico della nostra attuale ministra).

Dunque se le misure della Gelmini sono alla base del boom delle ripetizioni , vuol dire che questo non è un fatto di costume. Esso è piuttosto la conseguenza di scelte politiche con effetti economici sulla spesa delle famiglie sia diretti (i tagli alle risorse per i recuperi) sia indiretti ( la sommatoria di misure apparentemente isolate ma di fatto connesse tra loro in una sequenza non solo temporale ma anche perversamente logica).

Insomma si tratta costi che chi si autoproclama “partito della famiglia” scarica sulle famiglie degli alunni nell’ordine di centinaia se non migliaia di euro per ogni unità familiare. E’ la dimostrazione che i tagli e le misure per la pubblica amministrazione, che oggi vuole dire servizi sociali, stato sociale, non hanno effetti solo su chi vi opera ma su tutta la cittadinanza.
Anche così si mettono le mani nelle tasche degli italiani. E siamo solo all’inizio!

Roma 3 giugno 2010