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ScuolaOggi: Vespa, il ministro Gelmini e la prova del budino

di Federico Niccoli

24/09/2008
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ScuolaOggi

In una trasmissione notturna del 22 settembre a “porta a porta” , Bruno Vespa ha officiato da par suo le magnifiche sorti e progressive della scuola italiana formato Gelmini con il grembiule, il voto di condotta, la valutazione in decimi del rendimento scolastico degli alunni e il ritorno al maestro unico.
Partecipavano alla trasmissione insieme alla sorridente ministra alcuni sindacalisti dello Snals e dell’Anp, da una parte, e il segretario della CGIL Scuola Panini e il ministro ombra Garavaglia, dall’altra.
C’era pure una brava maestra, che aveva sicuramente cose intelligenti da dire sulla scuola a tempo pieno, ma non le è stato lasciato lo spazio per esprimere pensieri compiuti.

Panini e Garavaglia hanno efficacemente svelato il disegno del vero ministro della scuola, Giulio Tremonti: di un’operazione contabile sulla pelle della scuola e dei suoi utenti, ma , a mio parere, sul ritorno al maestro unico e soprattutto sulla garanzia offerta dal ministro sul mantenimento (o addirittura rafforzamento) del tempo-pieno le argomentazioni non sono state esaurienti.
Quella scuola del maestro unico noi l’abbiamo conosciuta e, al di là della brava maestra della Gelmini e di tante altre bravissime maestre, funzionava sostanzialmente come un’istituzione classista. Era una scuola che dava i voti e bocciava . Almeno un alunno su 10 (addirittura un alunno su 5 nella scuole di periferia) iscritto in prima elementare arrivava al traguardo della quinta elementare con almeno un anno di ritardo rispetto ai compagni. Basta ricordare don Milani e la lettera ad una professoressa. Quella scuola e quel tempo-scuola andava bene per il figlio del dottore. Per gli “scarti di produzione” c’era posto per la frequenza dell’avviamento professionale e per un precoce inserimento in qualche attività lavorativa.
Il passaggio dal maestro unico alla pluralità delle figure educative e al tempo necessario di 30 ore settimanali (al netto dell’eventuale utilizzo della mensa scolastica) è efficacemente spiegato in un documento del gruppo Ulivo-scuola di Milano.

Alla base di quella innovazione pedagogica erano esplicitate precise motivazioni socio-ambientali e di ordine socio-culturale collegate alla necessità di tempi lunghi (“distesi”) di insegnamento/apprendimento e all’esigenza di offrire ai bambini una scuola che non privilegi alcuni settori della cultura, ma che sia attenta a valorizzare in ogni alunno le sue potenzialità. Lo sviluppo temporale, le alternanze e le successioni di attività, ad ogni livello, devono essere tali da garantire la giustapposizione e la non sovrapposizione di momenti "forti" e momenti "deboli", di momenti "pieni" e momenti "vuoti", momenti "intensi" e momenti "estesi", momenti di "rilassamento" e momenti di "tensione".
Fu la piena consapevolezza di un impianto formativo di tale complessità a determinare l’esigenza indifferibile del superamento del maestro unico a favore della scuola a moduli o a tempo pieno e non la mera variabile occupazionale.
Questi paletti psicopedagogici debbono essere affermati con forza, altrimenti la favoletta dell’operazione nostalgia viene proposta senza pudore.

Torniamo a Bruno Vespa ed alla “prova del budino”. Il conduttore, molto gongolante, nella sovrapposizione di voci tra il ministro Gelmini da una parte e il duo Panini-Garavaglia dall’altra (l’una che giurava sul mantenimento/rafforzamento del tempo-pieno e gli altri che svelavano solo gli aspetti di macelleria sociale dei tagli di organico) dava appuntamento a gennaio a tutti per fare la prova del budino , vale a dire la verifica delle promesse del ministro.
Ora, non c’è bisogno di aspettare la fine di gennaio per verificare il mantenimento della promessa, salvo che non si smascheri fino in fondo la tipologia di tempo-pieno che la ministra ha in mente. Gelmini, come già Moratti prima di lei, per tempo-pieno intende il mantenimento di 40 ore complessive di scuola e doposcuola solo per i bambini le cui famiglie manifesteranno un bisogno di tipo assistenziale, vale a dire uno spezzatino pedagogico che non ha nulla da spartire con la pratica professionale della collegialità del gruppo docente, ancorata all’unitarietà dei percorsi educativi ed alla piena corresponsabilità di tutte le figure coinvolte nel processo.

Il tempo-pieno attuale (quello che il ministro non vorrà mantenere, perché sarebbe incompatibile con la figura del maestro unico) funziona con due insegnanti per classe con impegno orario di 48 ore : 40 ore sono dedicate alle attività didattiche (non solo il leggere scrivere e far di conto, ma i nuovi saperi, le educazioni, la didattica laboratoriale) ; 4 ore sono dedicate non alla “compresenza” (che allude alla presenza in classe di due insegnanti), ma alla “contemporaneità” di presenza degli insegnanti per lo svolgimento con gruppi di alunni della/delle classe/i di attività individualizzate di recupero, consolidamento ,… degli apprendimenti e ad ogni forma possibile di integrazione/inclusione di tutti gli alunni, per assicurarne il massimo possibile di successo formativo; le altre 4 ore (2 per insegnante) sono dedicate alla programmazione coordinata e specifica del modulo di insegnamento-apprendimento. Tra l’altro, nelle 4 ore di contemporaneità il gruppo docente si fa carico anche delle supplenze brevi, in sostituzione dei colleghi assenti, che non vengono sostituiti da supplenti.
Questo tempo-pieno non ci sarà e Vespa, ma soprattutto la scuola italiana, non potrà assaggiare un budino decente
Assisteremo, se il tutto procederà a colpi di scure tremontiana, ad un’operazione restauratrice di selezione sociale.

Attualmente il tempo-pieno, in città come Milano, è frequentato dal 100% della popolazione scolastica: è il modello scelto dal dottore, dai genitori entrambi lavoratori, dall’extracomunitario, dai disabili e da chiunque sia portatore di un bisogno educativo speciale. Si è creata una formidabile struttura di contaminazione culturale e sociale, un tentativo ben riuscito di scuola “inclusiva”.
Domani, quando alle famiglie si presenterà come modello-base quello del maestro unico a 24 ore settimanali si potrà stimolare (e, di questi tempi, non se ne sente proprio il bisogno) qualche rigurgito razzista. Dato che le ore aggiuntive fino a 40 saranno senz’altro scelte, anche per motivi assistenziali, dagli extracomunitari e dai disabili, oltre che da genitori entrambi lavoratori, a qualcuno potrà non sembrar vero di approfittare dell’occasione per liberarsi della “zavorra” dei bisognosi per costituire gruppi omogenei di presunti bambini-bene. Costoro non sanno il male che si fanno e che soprattutto fanno ai loro figli, privandoli di una feconda interrelazione culturale e sociale con tutti i coetanei, quale che sia la condizione sociale, culturale e personale. Paradossalmente, la discriminazione sociale è più facile con orari e tempi differenziati per le varie categorie di alunni rispetto ad una situazione in cui esistesse solo il tempo-scuola di 24 ore per tutti.
Il budino che Vespa farà assaggiare a gennaio sarà un dolce avvelenato . Speriamo che non siano costretti a mangiarlo le famiglie italiane.