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Scuole chiuse e piccoli gruppi in classe: ecco come funziona. I dubbi dei presidi

Il caso della scuola di Roseto degli Abruzzi che già a novembre aveva organizzato una mini classe per un’alunna con Bes. Giannelli (Anp): regole contraddittorie

16/03/2021
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Corriere della sera

Gianna Fregonara

Nelle scuole - quasi tutte le scuole ormai visto che tra zona rossa e zona arancione rinforzata sono più di 6 milioni gli studenti in Dad - possono essere svolte soltanto poche attività e per pochissimi studenti. Lo prevedono le norme per la prevenzione del Covid contenute nel Dpcm del 2 marzo. In classe dunque possono andare soltanto gli studenti che devono svolgere ore di laboratorio (scuole superiori, e cioè istituti tecnici e professionali e licei coreutici) secondo un orario che è preparato nel rispetto del distanziamento e delle altre regole anti-pandemia e gli studenti con disabilità o bisogni educativi speciali (Bes) per necessitino la presenza per mantenere «la relazione educativa». Quali studenti e con che modalità lo decide la famiglia - che ne deve far richiesta - insieme alla scuola: toccherà poi ai presidi organizzare.

Le regole

Tuttavia, già da novembre, proprio per evitare che una norma contro la discriminazione dei più fragili diventasse una regola che li costringeva ad andare a scuola pressoché soli in classe, il ministero ha stabilito che «le istituzioni scolastiche non dovranno limitarsi a consentire la frequenza solo agli alunni e agli studenti in parola (disabili e Bes), ma al fine di rendere effettivo il principio di inclusione valuteranno di coinvolgere nelle attività in presenza anche altri alunni appartenenti alla stessa sezione o gruppo classe – secondo metodi e strumenti autonomamente stabiliti e che ne consentano la completa rotazione in un tempo definito – con i quali gli studenti possano continuare a sperimentare l’adeguata relazione nel gruppo dei pari, in costante rapporto educativo con il personale docente e non docente presente a scuola».

La storia di G.

In questi giorni sull’organizzazione di questi gruppi si dovranno confrontare i consigli di classe , ma è più facile a dirsi che a farsi. Eppure già lo scorso novembre qualche esperimento - pochi perché le scuole elementari e medie erano rimaste per lo più aperte - era stato fatto. Come quello al Liceo Linguistico Saffo di Roseto degli Abruzzi: «Non è che non ho paura. So bene che ci sono dei rischi. Ma a marzo, quando le scuole sono state chiuse, mia figlia non ha più parlato. - raccontava Claudia Frezza, mamma di G, 15 anni - Tutto quello che avevamo fatto per farla star meglio sembrava perduto. Per questo io voglio che lei stia a scuola». G. frequenta la prima B del liceo linguistico Saffo. E poiché è affetta dalla sindrome di down già a novembre poteva stare in classe, con i prof e collegata in video conferenza con i suoi compagni.«Non è questione dei prof, che hanno fatto un ottimo lavoro - spiegava Claudia Frezza, la mamma di G. - ma è che in classe da sola mia figlia si sente di nuovo isolata. Ho letto che è possibile che la scuola organizzi piccoli gruppi di studenti che vengano in classe insieme ad un piccolo gruppo di compagni». Detto fatto, mamma Claudia e il preside Achille Volpini si erano messi al lavoro. Lette e rilette le carte, i dpcm, le ordinanze regionali avevano visto che si poteva fare. «Ho scritto alle famiglie della classe - ha raccontato Volpini che è arrivato nella scuola a settembre e si è trovato senza banchi e con classi inagibili con cantieri aperti - per chiedere chi fosse disponibile a turno a tornare a scuola con G.». Non è stata una scelta facile per i genitori dei compagni: molti vengono con i mezzi pubblici dai paesi vicini. In una settimana comunque il preside ha avuto quattro risposte positive. Così da lunedì 16 novembre a turno, due compagni di G. sono stati in classe.

I dubbi dei presidi

Ma i presidi non sono così convinti delle nuove regole contenute nella nota che il ministro Bianchi ha fatto avere venerdì sera. E anzi protestano, non solo per la mancanza di tempo per organizzare le lezioni «miste»: « Il nuovo severo scenario emergenziale disegnato dall’ultimo Dpcm impone il ricorso allo smart working e alla minimizzazione delle presenze del personale nei luoghi di lavoro in modo ancora più stringente che in passato - spiega il capo del sindacato dei presidi Antonello Giannelli - Tali indicazioni potrebbero collidere con l’esigenza, richiamata nella nota, che tende di fatto a replicare le dinamiche operative ordinarie della scuola in presenza. La determinazione e la strutturazione dei gruppi vengono demandati all’autonomia scolastica, ancora una volta chiamata a perimetrare materie attinenti alla salute collettiva e perciò esulanti dalle sue competenze».