Scuole senza presidi: «Rischiamo il caos»
Da quest’anno scolastico i loro vice non saranno più esonerati dall’insegnamento. Reggevano quasi 2 mila istituti in Italia.
di Lorena Loiacono
La scuola perde la testa. Altro che presidi-sceriffi, la riforma della “Buona scuola” parte senza dirigenti a capo degli istituti: a sparire infatti non sono solo i superpoteri, rimandati di un anno dalla chiamata diretta alla valutazione, ma anche i presidi in carne e ossa. A settembre, quando la riforma dovrà mettere in moto i suoi ingranaggi, quasi un istituto su 4 sarà senza preside e non potrà contare neanche sulla guida del vicepreside che, da sempre, fa le veci del dirigente quando il titolare non c’è. E così la riforma, tanto contestata per aver dato i cosiddetti super poteri ai presidi, parte senza un uomo al comando in quasi 2.000 scuole.
IN CLASSE
Da quest’anno infatti il vicario perde la possibilità di seguire al meglio l’attività scolastica perché, per la legge di stabilità del 2014, non può più contare su esoneri o semi-esoneri dall’insegnamento. Deve restare in classe, in cattedra, e quindi difficilmente potrà continuare a seguire gli impegni della dirigenza. Un problema che ovviamente riguarda tutte le 8.500 scuole italiane ma che mette decisamente nei guai quelle circa 1.700 sedi dove la presidenza resta vuota, a causa dei posti vacanti e dei pensionamenti. Senza contare le quasi 500 scuole sottodimensionate, affidate sempre ad un reggente impegnato già in altre sedi e quindi disponibile solo part-time. Si tratta quindi di quelle scuole che, non avendo un preside, vengono date “in affidamento” al dirigente scolastico di un altro istituto che, quindi, deve badare a due o più scuole. Dividendosi tra diversi impegni, su sedi anche distanti chilometri l’una dall’altra e con peculiarità differenti. E dall’altro lato ci sono le famiglie dei circa due milioni di studenti coinvolti che non potranno contare sulla presenza fissa di una figura di riferimento tanto importante, come quella del preside.
L’AVVIO DELL’ANNO SCOLASTICO
Il fenomeno della reggenza si ingrandisce di anno in anno in attesa del concorso per dirigenti che tarda ad arrivare ma, dal 2015-2016, rischia di fare ancora più danni proprio per l’avvio della riforma che sta impegnando non poco segreterie e uffici di presidenza delle singole scuole, tutte già al lavoro da settimane nell’organizzazione dell’avvio del prossimo anno scolastico. E il lavoro, in attesa di nomine e convocazioni per il ruolo e le supplenze, cresce con l’avvicinarsi del primo settembre: che cosa accadrà allora con l’avvio delle lezioni, quando tante scuole si ritroveranno senza un dirigente a capo?
L’ANP
«Sarà il caos - denuncia Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione nazionale dei presidi - andiamo incontro ad un peso organizzativo enorme e ci troviamo sotto organico, ancora peggio rispetto agli anni passati perché non possiamo contare più neanche sull’aiuto dei vicepresidi. Ci era stato assicurato che, a fronte del mancato esonero dall’insegnamento per i vicari, avremmo ricevuto l’organico dell’autonomia ma così non sarà. Aspettiamo gli incarichi durante l’anno ma intanto dobbiamo avviare le attività. Senza contare che dal prossimo anno, quando la riforma sarà effettiva in tutto e per tutto, avremo altri 700 pensionamenti: serve un intervento urgente da parte del Miur sia per ripristinare l’esonero dalla didattica per i vicepresidi sia per indire il tanto atteso concorso».
IL POTENZIAMENTO
L’organico del potenziamento, da cui i dirigenti potranno prendere un 10% di collaboratori che li aiuterà a gestire le attività, secondo il cronoprogramma del Miur arriverà nelle scuole nel mese di novembre: a quel punto si potrà pensare ad assegnare i ruoli, anche se parte dei docenti saranno impegnati nelle supplenze, in attesa del prossimo anno quando ogni insegnante dovrà essere necessariamente al suo posto. Nel frattempo per i presidi le scuole rischiano il collasso. Mentre resta l’incognita del concorso per selezionare mille nuovi dirigenti. Un percorso che potrebbe arrivare in un anno alla soglia dei 3.000 dirigenti in meno proprio quando la riforma della Buona scuola, quella che punta tutto sull’autonomia e sulla gestione dei presidi, sarà definitivamente a regime.