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Se il debito è anche cognitivo

Per l'economia della conoscenza è decisivo investire nella scuola soprattutto nei momenti di crisi

18/09/2012
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ItaliaOggi

di Giovanni Scancarello  


Per l'economia della conoscenza è decisivo investire nella scuola soprattutto nei momenti di crisi. Mentre nella maggior parte dei Paesi Ocse si sta cercando di mettere in pratica tale principio, l'Italia fa l'esatto contrario. Risultato, siamo tra gli ultimi Paesi al mondo nel rifinanziamento dell'istruzione e tra i primi che rischia di inaugurare una nuova stagione di spread cognitivo. Mentre da un lato è forse ancora troppo presto per fare un bilancio dell'impatto della crisi finanziaria del 2008 sulle politiche dell'istruzione, si possono però già tirare alcune somme. Solo 5 dei 31 Paesi di cui sono disponibili i dati (cioè Australia, Israele, Corea, Nuova Zelanda e Polonia) presentano un Pil in crescita dal 2008. Tranne Israele, tutti gli altri stanno aumentando gli investimenti in istruzione. L'Italia invece, che ha un problema di crescita e di debito pubblico, si sta avviando anche verso un'indebitamento della conoscenza. I dati contenuti nell'ultimo rapporto Education at a Glance 2012 Ocse confermano il trend e l'allarme sull'incipiente spread cognitivo lanciato proprio di recente in Italia dall'antropologo Marc Augé. Intanto il dato rilevato dall'Ocse sulla spesa annuale per studente nel 2009 è di 8669 dollari l'anno alle primarie e 9112 alle secondarie. La media Ocse è rispettivamente di 7719 e 9312 dollari. Nel 2009 i Paesi Ocse hanno speso in media il 6,2% del Pil sulla scuola. Si va da oltre il 7% in Danimarca, Islanda, Israele, Corea, Nuova Zelanda e Stati Uniti, al gruppo di coda degli investitori in cui troviamo anche l'Italia con meno del 5% di spesa pubblica sul Pil. L'investimento pubblico in istruzione in Italia si è attestato al 3,5% nel 1995, 3,1 nel 2000 e nel 2005 e arriva al 3,4% nel 2009. Tra il 2000 e il 2009, in 24 dei 29 Paesi considerati la spesa alle primarie e secondarie di primo e secondo grado è aumentata almeno del 16%. In alcuni Paesi, come Brasile, Corea, Repubblica Ceca, Estonia, Irlanda, Slovacchia e Regno Unito addirittura del 50%. In controtendenza solo Francia, Israele e Italia con un aumento di spesa contenuto entro un 10% in dieci anni. In particolare per l'Italia se si guarda ai dati della tabella B1.5a di Education at a Glance 2012, si nota come la variazione al rialzo dell'investimento pubblico per le spese per studente è ben al di sotto della media Ocse e della media Europea.