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Secolo XIX- Intervista a Serse Cosmi

Ci racconti dove ha insegnato educazione fisica, quando e come "Ho iniziato appena uscito dall'Isef, alle elementari di Assisi, poi nel 1985 fui chiamato in una elementare di Corciano, vicino a Perug...

01/04/2005
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Il Secolo XIX

Ci racconti dove ha insegnato educazione fisica, quando e come
"Ho iniziato appena uscito dall'Isef, alle elementari di Assisi, poi nel 1985 fui chiamato in una elementare di Corciano, vicino a Perugia. Una associazione sportiva decise di organizzare dei corsi articolati e impegnativi di attività motoria, la direttrice era una intelligente, aperta alle novità. Quei corsi, dove si faceva più giochi possibile senza stimolare mai troppo l'agonismo e con la partecipazione di tutti, fecero sì che la scuola diventasse un gruppo compatto fino a a far scattare tante altre iniziative didattiche".
Si ha l'impressione che lei ne abbia un ricordo meraviglioso, quasi un rimpianto
"Sì, nonostante fossi un superprecario, pagato con una questua. Ho cercato di restare coi bambini, anche quando ero già allenatore, fino al 1992 quando sono arrivato in serie D. Troppo l'impegno, non ce l'ho fatta più. Ripenso al giorno dell'addio dai bambini con un senso di vuoto. Per loro, oramai adulti, resto sempre il maestro Serse".
Nel suo libro ha scritto una frase che diventa una bandiera per questi insegnanti in guerra contro la riforma...
"E la ripeto volentieri perchéè più che mai valida e attuale: i professori di ginnastica sono destinati a essere dei precari per tutta la vita. Io, dopo 6 anni dalla laurea, per la scuola pubblica continuavo ad essere solo uno dei tanti in lista d'attesa".
Lei dice che è più importante l'educazione fisica nelle elementari che nelle medie o superiori. Sostenendo in qualche modo anche uno dei punti chiave del "manifesto" di questi prof.
"Sì, perché nelle scuole superiori l'attività motoria non ha più valore di formazione. Non ti consente più di conoscere le capacità di apprendimento, perché, è evidente, non si ha più a che fare con bambini".
Dunque lei attribuisce all'attività motoria valenze che sembrerebbero andare ben al di là di quel che si richiede a questa materia
"Non solo io. Non si pensi solo alla ginnastica tradizionale, quella della palla, dei birilli, della trave di equilibrio. Sono fondamentali ma non sono tutto. Io ho sempre pensato che il mio compito era di far comprendere ai bambini il valore del proprio corpo per aiutarli ad esprimere la propria personalità e usarlo come strumento di relazione e di comunicazione. Invece nelle elementari la si considera una materia di contorno spesso affidata a maestri incompetenti"
Invece...
"Invece per i più piccoli non solo è essenziale abituare il fisico a muoversi, a cercare quell'armonia che non hanno. Ma imparano anche e soprattutto la cultura della sconfitta e quella opposta della vittoria".
Parliamo anche di bambini portatori di handicap?
"Parliamo soprattutto di bambini portatori di handicap, anche gravi. Ne avevo molti con me. Ricordo un bambino che prendevo sulle spalle e lo facevo giocare a basket insieme agli altri. Adesso è grande e quando mi incontra si illumina ancora. Forse ricorda quelle partite come una piccola magia.E anch'io"
Oggi forse le famiglie "caricano" fin troppo i propri figli di sport extrascolastico, non le pare?
"Oggi i ragazzini fanno attività sportiva, così come ai miei tempi si andava tutti o quasi a lezione di pianoforte".
Una moda?
"No, diciamo che è un primo passo nella ricerca di movimento, in case, in città, in scuole dove c'è assenza di spazio".
E non pensa che certe famiglie si facciano coinvolgere fin troppo, e comunque più dei figli stessi?
"A volte questi genitori sono a loro volta figli del sistema: pensano che attraverso il proprio figlio possano essi stessi ottenere gratificazioni personali se non addirittura economiche. Altro che sport, a prescindere..."
E gli effetti sul bambino?
"Immaginabili. Appena entra in campo la competizione, il figlio di cotanti genitori diventa un oggetto da salvaguardare da tutto e da tutti. Dai compagni, dall'allenatore..."
Torniamo al suo periodo di insegnamento. Intanto che insegnante era?
"Esigente. E determinato. Però posso dire di me che ero attento alle condizioni psicologiche, ai meccanismi dell'inserimento. La direttrice mi aveva definito: rigoroso ma liberale".
Che contratto aveva?
"Ma che contratto! Ero un superprecario, glielo ripeto. Avevo organizzato in questa scuola di Corciano, che non aveva una lira per l'educazione motoria a disposizione nel budget, dei corsi come insegnante esterno, inserito senza concorso. Le famiglie erano d'accordissimo, più diffidenti i maestri. Ero una specie di sostegno dei corsi di attività motoria. Ogni bambino pagava tremila lire al mese..."
Sono passati un po' di anni da quando lei è uscito dall'Isef. Ritiene comunque che sia un corso di studi sufficientemente preparatorio?
"Rispetto ai miei tempi, qualcosa sarà cambiato, mi auguro. Tuttavia è chiaro che se questa materia non è considerata sufficientemente nelle stesse scuole, se lavori in quelle scuole come un insegnante semiclandestino, è chiaro che non c'è neppure l'impulso, la volontà a migliorare la didattica a disposizione di chi deve andare a insegnare".

Donata Bonometti
01/04/2005