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Secolo XIX: «Questa è una manovra killer»enti di ricerca e atenei sulle barricate

È un atto di accusa preciso quello dei sindacati confederali dei comparti Università e Ricerca

18/10/2006
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Il Secolo XIX

Roma. Una Finanziaria "killer" per Università ed enti di ricerca, quella varata dal governo di centrosinistra, ma che «elargisce», al contrario, cospicui fondi a imprese e privati. È un atto di accusa preciso quello dei sindacati confederali dei comparti Università e Ricerca che, per denunciare una situazione a loro avviso «ormai insostenibile» per il sistema pubblico, hanno proclamato ieri due giornate di sciopero generale: il 17 novembre per il comparto università e il 20 novembre per quello della ricerca, con manifestazioni davanti Palazzo Chigi e Parlamento.
Un malessere profondo quello che i segretari dei sindacati del settore - Enrico Panini per la Flc-Cgil, Franco Cesarino per la Cisl-Fir, Domenico Di Simone per la Cisl Università e Alberto Civica per la Uilpa-Ur - hanno illustrato in una conferenza stampa congiunta. Malessere che parte da due emergenze irrisolte: il problema del precariato, che questa Finanziaria «non risolve in alcun modo», e una «cronica insufficienza» dei fondi.
Lo dice chiaramente, numeri alla mano, Alberto Civica: «Questa Finanziaria - ha commentato - ha fatto un'opera di "killeraggio" su enti di ricerca e università. Basti considerare il capitolo dei finanziamenti ordinari, che sono quelli che consentono la sopravvivenza di tali istituzioni: per gli enti pubblici di ricerca si tratta di 1630 milioni di euro, una cifra invariata rispetto agli anni scorsi, mentre per l'Università, a fronte di un incremento pari a 94 milioni di euro, si è registrato un taglio di 200 milioni di euro in virtù del decreto Bersani». Una situazione, ha denunciato Civica, «che non permetterà a enti e atenei di rinnovare i contratti di lavoro».
Ed altrettanto "doloroso"è il capitolo riguardante i lavoratori precari dei due comparti. I numeri sono più che eloquenti: nell'università, affermano i sindacati, ci sono 80 mila dipendenti di ruolo tra docenti, ricercatori, tecnici e amministrativi, e il personale precario raggiunge le 50 mila unità. La stima per gli enti pubblici di ricerca è invece di circa 15 mila precari rispetto a 20 mila dipendenti a tempo indeterminato. Con i fondi attuali, ha detto Civica, negli enti di ricerca «le assunzioni non potrebbero essere oltre una cinquantina».
Alla Finanziaria 2007, ha aggiunto Panini, «manca in pratica il vero obiettivo, ovvero quello di investire finalmente nella conoscenza per recuperare il tempo perso rispetto agli altri Paesi». Alcuni dati a conferma: «Si pensi che il 25% della bilancia commerciale della Cina - ha ricordato il leader Flc-Cgil - riguarda l'esportazione di altissima tecnologia, mentre la Corea spende il 33% in più dell'Italia nella ricerca». Ed ancora: «La percentuale di precari - ha aggiunto - sta raggiungendo livelli che mettono in discussione l'esistenza stessa delle istituzioni: quando un ente come l'Istituito nazionale di fisica nucleare Infn ha il 70% di personale precario, diventa precaria la stessa istituzione».
Se non si interviene, è l'allarme di Panini, «nel 2007 alcuni enti chiuderanno i battenti; occorre voltare pagina con urgenza». Ma il problema, ha aggiunto Cesarino, è che in Finanziaria «c'è una totale assenza di un vera politica della ricerca». Insomma, «il cambio di rotta annunciato nel programma dell'Ulivo - affermano all'unisono i sindacati - è rinviato al 2011 e traspare una sostanziale sfiducia nel sistema pubblico della ricerca, con un divario abissale tra il trattamento riservato alle istituzioni pubbliche di ricerca e il sistema privato delle imprese». In altre parole, hanno affermato i sindacati, «sotto la voce innovazione, i fondi vanno invece verso le imprese». Al sistema imprese, infatti, «vengono garantiti per il triennio 2007-2009 oltre 2000 milioni di euro aggiuntivi su generici obiettivi di innovazione». Insomma, concludono i confederali, una «cifra colossale di trasferimenti pubblici a sostegno del sistema delle imprese pari a 25 miliardi di euro, ovvero il 2% del Pil». E questo, «a fronte di un 1% di investimenti per gli enti pubblici di ricerca».
R. Po.