ROMa. Hanno deciso compatti per lo sciopero, proprio nel giorno in cui la Camera ha approvato il decreto Gelmini sulla scuola, che prevede il ritorno al maestro unico alle elementari e il taglio di 131mila tra insegnanti, bidelli e impiegati. I punti cardine di una riforma contro cui ieri i sindacati Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda hanno indetto per il 30 ottobre uno sciopero generale di tutto il personale della scuola, dai docenti sino ai bidelli e agli impiegati amministrativi. Uniti anche nella grande manifestazione che si terrà lo stesso giorno a Roma "contro un provvedimento - denunciano i sindacati - che toglierà alla scuola quasi 8 miliardi".
Si va quindi al muro contro muro con il governo e il ministro della Pubblica Istruzione, Maria Stella Gelmini, che ieri hanno incassato l'approvazione del decreto legge sulla scuola da parte della Camera, con 280 sì, 205 no e 28 astenuti. Un esito scontato, visto che la maggioranza aveva blindato il provvedimento apponendovi la fiducia, ma che dimostra come l'esecutivo sia deciso a non cambiare rotta. Per la soddisfazione di Gelmini, che commenta: «Siamo a un passaggio importante e a un cambio di epoca per la scuola, che diventa un'agenzia sociale e non più un ammortizzatore sociale. Lo sciopero? Non ne comprendo le ragioni: la scuola ha bisogno di innovazioni e del coraggio di tutti per farla funzionare, non certo per bloccarla».
Il ministro insomma tira dritto, con la sua riforma che segna un ritorno al passato. Alle elementari i tre insegnanti per due classi lasceranno il posto al maestro unico, mentre l'orario settimanale sarà di 24 ore. Nelle pagelle torneranno i voti numerici e quello in condotta e l'educazione civica sarà materia obbligatoria. Le graduatorie per l'immissione in ruolo dei docenti alle elementari saranno fissate su base provinciale e non più nazionale, proprio come chiedeva la Lega Nord. Contro il caro libri, il decreto fissa l'obbligo di non cambiare i testi per almeno cinque anni alle elementari e per sei alle medie e alle superiori. Previste infine risorse per l'edilizia scolastica.
Misure in buona parte inaccettabili per i sindacati, che protestano innanzitutto contro i drastici tagli. Ieri, prima dell'ufficialità dello sciopero, c'è stato l'ultimo tentativo di conciliazione con il governo. «Ma anche questa volta abbiamo registrato una risposta negativa alle nostre rivendicazioni» spiegano i sindacati, che ricordano anche come il contratto della scuola "sia scaduto ormai da nove mesi". Ad avvelenare ulteriormente i rapporti con l'esecutivo aveva poi provveduto il ministro della Funzione Pubblica, Renato Brunetta, secondo cui "i nostri insegnanti lavorano poco e non si aggiornano quasi mai. E poi guadagnano 1300 euro al mese per un lavoro part-time, e che come tale è ben pagato".
Considerazioni ribadite ieri sera: «Gli insegnanti sono tanti, e selezionati non benissimo, mentre i ragazzi non sono preparati bene». Parole che "rafforzano lo sciopero" secondo Francesco Scrima, segretario generale della Cisl Scuola, che osserva: «A fronte delle dichiarazioni mortificanti e gratuite di Brunetta, che è uno showman, quello che rammarica è il silenzio del ministro Gelmini, che ancora una volta omette di difendere i docenti». Mimmo Pantaleo, segretario generale della Flc Cgil, sottolinea invece le ragioni dello sciopero: «Rappresenta la risposta all'arroganza del governo e della Gelmini, che con le loro scelte stanno distruggendo l'intero settore della conoscenza pubblica. Le mistificazioni ideologiche del ministro servono solo a coprire i tagli decisi dal ministro dell'Economia Tremonti». Concorde l'opposizione, a partire da Rosy Bindi (Pd): «Questa non è una riforma, ma un provvedimento frutto delle scelte di Tremonti».
Dubbioso il Mpa, che ha votato un "sì condizionato" alla riforma, e che tratterà sui tagli con il governo. Ora il decreto Gelmini passerà al Senato. Oggi invece in 80 città italiane gli studenti scenderanno in piazza contro i provvedimenti dell'esecutivo su scuola, università e ricerca.
luca de carolis
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