Sempre più focolai nelle scuole I virologi: rischioso tenerle aperte
Anche la Flc Cgil si dice preoccupata e sottolinea come occorre fare chiarezza sui dati del contagio nelle scuole.
«In Italia i positivi da Sars-CoV-2 ora sono più giovani» avverte Silvio Brusaferro, presidente dell'Istituto superiore di sanità, nel giorno in cui si certifica l'allarme varianti, a partire da quella inglese che in alcune aree del Paese rappresenta il 50 per cento dei casi (succede ad esempio nelle province di Pescara e Chieti). Su base nazionale 1 contagiato su 5 ha questa variante. Si abbassa l'età media dei positivi, sembra di risentire le parole degli esperti britannici secondo cui la B.1.1.7 contagia maggiormente i minorenni. E il pensiero va alle scuole: da Bollate in Lombardia alle province di Chieti, Pescara e Perugia, la presenza delle varianti è stata rilevata anche tra i banchi. Ancora: casi, non numerosi, sono stati segnalati in alcuni istituti della Capitale, focolai anche in un nido di Milano, nelle scuole di Pozzuoli e Somma Vesuviana (Napoli).
GERMANIASpostiamoci in Germania, dove il dilagare dell'epidemia ha causato la chiusura delle scuole. Di fronte ai Länder che pensano di riprendere le lezioni, Angela Merkel, in una intervista a Zdf, ha detto senza troppe reticenze: «Rischiamo la terza ondata, c'è il rischio della diffusione delle varianti, è azzardato riaprire le scuole». Il professor Massimo Galli dell'ospedale Sacco di Milano ieri, in una conversazione con il Messaggero, lo aveva detto senza remore: «Deve essere chiaro che riaprire le scuole, soprattutto ora che si sta diffondendo la variante inglese, non è a costo zero in termini epidemiologici». Da Roma il professor Claudio Mastroianni, docente di Malattie infettive alla Sapienza e primario dell'Umberto I, fa questa analisi: «Sulle scuole serve grande attenzione. Bisogna essere pronti a intervenire, quasi chirurgicamente, e chiudere non appena si vede che si sta diffondendo il virus, in particolare la variante. Diversamente dalla Lombardia, a Roma ancora i casi non sono numerosi. Tenendo però conto di quanto sta succedendo in Umbria e in Abruzzo, è difficile che la trasmissione della variante inglese non prenda forza anche qui». Proprio alla luce dell'avanzata della variante inglese, si sta ampliando il fronte di coloro che chiedono un ultimo sacrificio agli studenti e propongono la chiusura delle scuole, o più correttamente il ricorso alla Didattica a distanza generalizzato, fino a quando la campagna vaccinale non ci avrà aiutato a superare la fase di crisi. Il Comitato nazionale Dad per tutti ha presentato una petizione con 12mila firme di genitori, insegnanti e personale scolastico. Chiedono al nuovo governo Draghi di ricorrere alla Didattica a distanza in tutti gli istituti «di ogni ordine e grado», fino al «permanere della grave situazione di contagio» e alla pubblicazione di dati reali da parte del Ministero dell'Istruzione delle infezioni di studenti e insegnanti». Ancora: «Si rifletta sull'opportunità di adottare - quanto meno - la didattica a distanza a richiesta, come avviene in altri paesi, lasciando l'opzione anche agli insegnanti di aderire in piena libertà, a tutela della loro salute. Già si affacciano in Italia, come in tutta Europa le varianti inglese, sudafricana e brasiliana che potrebbero provocare moltissimi morti e contagiati. Autorevoli scienziati, virologi, epidemiologi ogni giorno, ci consigliano di tenere le scuole chiuse».
ANALISINella petizione si citano le parole pronunciate nei giorni scorsi dal professor Walter Ricciardi sulle insidie delle varianti e uno studio dell'Università di Edimburgo, pubblicato su Lancet, che «ha analizzato i dati reali raccolti in oltre 130 Paesi del mondo, ha dimostrato che la chiusura delle scuole è la seconda misura più efficace per contenere il virus e far diminuire la curva del contagio (dopo il divieto di assembramento)». Anche la Flc Cgil si dice preoccupata e sottolinea come occorre fare chiarezza sui dati del contagio nelle scuole.
Mauro Evangelisti