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Sole 24 ore-Nelle città in classe a tempo pieno

Nelle città in classe a tempo pieno Istruzione - La diffusione a livello nazionale è tra il 20 e il 30%, ma sale al 70% a Torino e all'84% a Milano FEDERICA MICARDI Quando la campanella s...

10/11/2003
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Il Sole 24 Ore

Nelle città in classe a tempo pieno

Istruzione - La diffusione a livello nazionale è tra il 20 e il 30%, ma sale al 70% a Torino e all'84% a Milano
FEDERICA MICARDI
Quando la campanella suona all'ora di pranzo, più di un milione di alunni della primaria e secondaria di primo grado (le vecchie elementari e medie) non si affretta a raccogliere zaini e giubbotti per andare a casa, ma si ferma a scuola. Nell'anno scolastico 2003/2004, infatti, il 22,8% delle classi della scuola elementare e il 28,92% delle classi della media ha deciso di attuare il tempo pieno (che nella scuola media si chiama tempo prolungato), un'opportunità che piace a genitori e insegnanti. I numeri. Negli ultimi cinque anni il tempo pieno nella scuola primaria ha coinvolto sempre più alunni, passando dal 18,91% delle classi nel 1999/2000 al 22,8% nell'anno scolastico in corso, e interessa oggi quasi 600mila bambini, mentre nella secondaria di primo grado si è registrata una lieve flessione (dal 30,23% del 1999/2000 si è giunti oggi al 28,92%). Su questi dati pesa anche il fatto che nel 2003/2004 le carenze di organico non hanno permesso di attivare il tempo pieno a tutte le scuole che lo avevano richiesto. Differenze regionali. Il riepilogo nazionale non dà ragione di una realtà variegata al suo interno. Il tempo pieno risponde prima di tutto alle esigenze delle famiglie in cui entrambi i genitori lavorano, e questo spiega la sua enorme fortuna nelle grandi città del Nord. A Torino ad esempio, dove si concentrano il 55% delle scuole piemontesi, è praticato dal 70% delle classi elementari, e Paolo Iennaco, vicedirettore dell'ufficio scolastico regionale sottolinea che "se ne avessimo avuto possibilità avremmo aumentato ulteriormente l'offerta. Le richieste sono in aumento da anni ma noi non possiamo farvi fronte". Una tendenza confermata anche a Milano, dove gli ultimi quattro anni hanno visto crescere le classi elementari a tempo pieno dal 75% al l'84,33% del totale. Molto diverso è, viceversa, il panorama offerto da una regione come il Molise, dove solo l'1,3% delle sezioni della scuola elementare effettua il tempo pieno e non esiste nemmeno una classe delle medie a tempo prolungato. La svolta. Il tempo pieno come è stato concepito finora sembra però destinato a tramontare con lo schema di decreto legislativo approvato il 12 settembre scorso dal Consiglio dei ministri. La proposta formulata dal ministro Moratti abroga l'articolo 130 del Testo unico sull'istruzione, che regolava i "Progetti formativi di tempo lungo", pur mantenendo inalterato l'orario massimo di tempo scuola, che con il tempo mensa e le ore facoltative rimane di 40 ore settimanali. Il testo, tra le altre novità, permette anche alle scuole - sulla base delle loro possibilità di bilancio - di ricorrere a esperti esterni al corpo docente per alcune attività. Il tempo pieno, inoltre, diventa una scelta individuale che non coinvolge più l'intera classe e questo, a giudizio di numerosi insegnanti, rende difficile costruire un progetto didattico organico. Secondo il ministero questa impostazione va invece nella direzione di una maggiore flessibilità e personalizzazione della didattica. Le incognite. Dal Consiglio nazionale della pubblica istruzione, dove si sta preparando un documento al riguardo, si afferma che "la scuola è preoccupata perché il progetto pedagogico unitario che oggi vive con il tempo pieno, con questo decreto non potrà più essere applicato". La dotazione di personale docente, in base alla nuova norma, è determinata dalle richieste delle famiglie, che costituiranno la base sulla quale il Ministero effettuerà le assegnazioni, mentre i servizi aggiuntivi non coperti dal personale assegnato dovranno essere finanziati con altre risorse. "Il decreto Moratti - rilevano all'Anci - mette fine all'organico del tempo pieno. I Comuni già si occupano delle mense e non è chiaro se dovranno sobbarcarsi altri impegni, per i quali peraltro non hanno le risorse". PAGINA A CURA