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Sole 24 Ore: Rapporto Ocse: la cattiva condotta frena lo studio

Meno male che c'è il voto in condotta: il cattivo o pessimo comportamento degli studenti italiani è un grave ostacolo al processo d'insegnamento: a pensarlo è, secondo un rapporto dell'Ocse, il 70% degli insegnanti italiani delle scuole medie inferiori. .

16/06/2009
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Il Sole 24 Ore

di Vittorio Da Rold

Senza quindi la reintroduzione del voto in condotta la situazione sarebbe insostenibile. Senza contare che circa il 30% del tempo d'insegnamento - dice l'Ocse va speso nel mantenere l'ordine in classe

Le principali cause di disturbo alle lezioni sarebbero le intimidazioni o le aggressioni verbali verso altri studenti (30%), seguono le aggressioni fisiche tra studenti (12,7%), le aggressioni agli insegnanti (10,4%), ma anche i furti (9,1%) e per ultimo il problema della diffusione di droghe e alcol (4,5%). Il rapporto si basa su un'indagine internazionale sull'insegnamento e l'apprendimento (Talis), realizzato in 23 Paesi del mondo, tra cui in Europa anche Italia, Belgio, Spagna e altri, ma non, ad esempio, Francia e Germania. In particolare, vengono prese in esame le condizioni in cui gli insegnanti si trovano ad operare.
L'Italia, conferma il rapporto Ocse, l'Organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione internazionale, è il Paese con la più alta percentuale (52%) d'insegnanti che superano i 50 anni, mentre solo il 3% ha invece un'età inferiore ai 30 anni. Segno evidente che da molti anni non si effettuano nuovi concorsi per l'inserimento di forze giovani. Inoltre l'Italia ha la più alta percentuale di insegnati donne: 78% del totale, segnale della fuga degli uomini dall'insegnamento con tutti i problemi che questo disequilibrio comporta nella gestione complessiva della scuola. Il 95% degli insegnanti italiani si dice comunque soddisfatto del proprio lavoro e il 98% - la più alta percentuale dopo la Slovenia - giudica positivamente il proprio livello di efficienza nell'attività svolta. Insieme alla mancanza di incentivi a migliorare, gli insegnanti in diversi paesi non sottostanno a una valutazione sistematica, nè ricevono un feedback in relazione al loro operato (55% in Italia).