Sponda del Cts al governo: «La scuola riparta, chi chiude si prende la responsabilità»
Gli esperti del Comitato tecnico scientifico si sono riuniti ieri mattina d'urgenza, su sollecitazione del governo che chiedeva indicazioni in merito alla riapertura degli istituti
MILANO Per 642 mila studenti delle superiori è arrivato il giorno del rientro in classe. Gli esperti del Comitato tecnico scientifico si sono riuniti ieri mattina d'urgenza, su sollecitazione del governo che chiedeva indicazioni in merito alla riapertura degli istituti. Le scuole superiori possono tornare in presenza nella misura del 50% e fino al 75% come previsto dal Dpcm del 14 gennaio, è stata la risposta, e se qualche presidente di Regione decidesse diversamente, «se ne assume la responsabilità».
PRIORITA'A premere per la riunione di emergenza sono state le stesse Regioni e chi, tra i governatori e nell'ala più intransigente dell'esecutivo, sperava nel sigillo finale del Cts per rinviare l'apertura, non ha raggiunto l'obiettivo. Gli esperti non hanno cambiato linea: negli ultimi mesi hanno ribadito che «la scuola è una priorità» e il governo deve garantire la frequenza in presenza, «soprattutto nelle fasce di popolazione più fragili, dove è fondamentale non solo per la formazione scolastica, ma anche per il benessere psicofisico di questa fascia di popolazione giovanile». E ora, è l'allarme del Cts, «stanno emergendo problematiche legate alla sfera psichica dei giovani in età scolare e negli studenti delle università». Il 29 dicembre il Comitato ha analizzato l'ultimo rapporto sulle scuole realizzato dal Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc), la massima autorità sanitaria europea, concludendo che «gli istituti scolastici non costituiscono un luogo pericoloso per il contagio». Il dossier dell'Ecdc sottolinea che il ritorno nelle aule scolastiche a metà agosto in diversi Paesi Ue è coinciso con un generale allentamento delle altre misure restrittive: per questo la scuola non può essere additata come la causa di innesco della seconda ondata di coronavirus, che si è registrata in molti stati europei da ottobre. Così oggi, seppure alternati per rispettare la riduzione delle presenze, tornano in classe 256 mila studenti nel Lazio, 197 mila in Emilia Romagna, 13 mila in Molise e 176 mila in Piemonte, che di aggiungono a quelli di Toscana, Trentino, Valle d'Aosta e Abruzzo già in aula tra il 7 e l'11 gennaio. In Campania rientro solo per le terze elementari (già in presenza prima, seconda e asili), in Liguria si posticipa al 25 gennaio, in Friuli Venezia Giulia, Veneto, Marche e Sardegna cancelli chiusi fino al 31 gennaio, in Lombardia e Sicilia (zone rosse) tutti a casa. Anche la provincia autonoma di Bolzano diventa rossa, ma il presidente Arno Kompatscher tira dritto: «Siamo zona gialla, la scuola rimane in presenza», è la sua ordinanza. I governatori insomma continuano a muoversi in ordine sparso, seguendo i numeri dei contagi sul territorio ma anche i rischi connessi allo spostamento degli studenti. Un rapporto dell'Iss ha rilevato che, dal 31 agosto, nelle classi di tutta Italia sono stati registrati 3.173 focolai di Covid, pari al 2% del totale, e la maggior parte dei casi (40%) si è verificata negli adolescenti tra 14 e 18 anni. «L'impatto della chiusura e della riapertura delle scuole sulle dinamiche epidemiche rimane ancora poco chiaro», si legge nel dossier, per un ritorno in presenza «è necessario bilanciare le esigenze della didattica con quelle della sicurezza».
INCERTEZZEE per il presidente della Puglia Michele Emiliano, che terrà le superiori ancora in didattica a distanza, «la scuola non è un posto sicuro, come non lo è qualsiasi posto dove si sta seduti per ore nella stessa stanza». Stessa decisione per Massimiliano Fedriga, governatore del Friuli Venezia Giulia, che sta riscrivendo l'ordinanza dopo che il Tar ha accolto il ricorso di alcuni genitori contro la chiusura delle superiori, e per il collega della Basilicata Vito Bardi. Nello Musumeci in Sicilia annuncia che potrebbe chiudere tutte le scuole, non solo le superiori: «Se fra due settimane i dati non ci dovessero convincere, stabiliremo misure maggiormente restrittive e imporrò lo stop anche alle scuole primarie e alle prime classi della media». In Emilia Romagna il governatore Stefano Bonaccini, che è presidente della Conferenza delle Regioni, avrebbe voluto riaprire il 23 gennaio e parla di «situazione di incertezza» nella scuola, ma stamane gli studenti saranno comunque in presenza al 50%. «Il fatto che avremo Regioni in zona gialla con la didattica a distanza anche per le elementari e Regioni in zona arancione con la didattica in presenza anche per le superiori - osserva perplesso - è una contraddizione che non spetta a me risolvere. Ci penserà il governo, quando riterrà». Nell'esecutivo, alla fine, ha prevalso la linea del ministro dell'Istruzione Lucia Azzolina, appoggiata dal premier Giuseppe Conte: «Riaprire le superiori è un atto di responsabilità. Il parere del Cts è molto netto - dice la ministra - le scuole hanno un ruolo limitato nella trasmissione del virus».
Claudia Guasco