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Statali, 100 mila in piazza “Risposte dal governo o scioperiamo uniti” Camusso: il jobs act divide

Renzi: il Paese è capace di uscire dal tunnel La Cgil: sì al referendum della Lega contro la Fornero

09/11/2014
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la Repubblica
LUISA GRION
ROMA .
C’erano quelli del 118 che sfilavano dietro a cartelli «ventisei anni di servizio e 1.230 euro al mese», e gli infermieri degli ospedali pubblici da «1.350 euro, ma i ferri in sala operatoria li preparo io». C’erano le maestre che portavano a spalla una bara di cartone — «la scuola è morta» — e un centinaio di vincitori di concorso pubblico ancora senza posto che marciavano compatti. Reggevano lenzuola con sopra scritto «questo striscione è più lungo del mio contratto».
Quella che ieri ha riempito piazza del Popolo, a Roma, per protestare contro il governo Renzi era una variegata platea di statali. «Sono arrivati in centomila, ne aspettavamo la metà» dicono gli organizzatori che questa volta hanno voluto a tutti cosi smantellare il clichè del «fannullone» o dell’impiegato di fantozziana memoria, portando sul palco tutte le categorie del pubblico impiego. Dalla scuola alla ricerca, dai vigili del fuco alla sanità, al terzo settore. Tutti uniti nello slogan il «pubblico6tu».
Molti posti fissi e altrettanti precari: una piazza ad un passo dallo sciopero generale. Evocato, pur se con toni diversi, da tutti e tre i leader sindacali: la Camusso per la Cgil, la Furlan per la Cisl, Barbagallo per la Uil. Tre sigle questa volta unite per protestare contro il mancato rinnovo dei contratti (da sei anni le buste paga sono ferme e la legge di stabilità le ha bloccate anche per il 2015) il taglio alla spesa in servizi, l’assenza di concertazione sulle riforme del settore. La Camusso, per essere chiara, indossava una maglietta rossa con sopra scritto: «Arrogance, profumo di premier».
Mentre parlando all’inaugurazione della variante di valico sull’Appennino toscano Renzi invitava «a non cedere alla cultura del piagnisteo perché l’Italia può uscire dal tunnel», da Roma arrivava il messaggio: «la palla è al governo che deve dare le risposte» e «senza risposte sarà sciopero». Più morbida Anna Maria Furlan che pur avvertendo che «per fare le riforme non bastano due slide », spera che il successo della manifestazione «serva a sturare le orecchie al governo ». Più decisi Carmelo Barbagallo, segretario generale aggiunto della Uil («siamo stanchi di aspettare, sarà sciopero generale e lo faremo assieme ai privati») e Susanna Camusso. «Smettetela di fare i dilettanti allo sbaraglio» ha detto all’esecutivo la leader della Cgil «non si può trattare la pubblica amministrazione come se non fosse il perno dei servizi e delle risposte». «Renzi inviti la sua ministra a smetterla di dire che i lavoratori pubblici sono dei privilegiati» ha continuato. E riferendosi al Jobs act, il premier «la smetta di dividere i lavoratori e di dividerli verso il basso: il lavoro è la libertà delle persone e i diritti non si tolgono, si estendono».
Dal palco si è parlato ad una piazza piena di precari «che sono figli di nessuno» e di lavoratori del terzo settore che coprono le esternalizzazioni di servizio «pagando il prezzo degli appalti al massimo ribasso»: nuove versioni di un lavoro pubblico che i tagli alla spesa hanno cambiato. Si è preso distacco dalla politica («la prima riforma da fare è eliminarla dalle nomine della pubblica amministrazione» ha detto Camusso). In corteo questa volta c’era solo Stefano Fassina, Pd di minoranza e la stessa Cgil ha messo in chiaro che per raggiungere gli obietti- vi, il sindacato si può andare oltre agli steccati. «Se la Corte Costituzionale lo approverà saremo pronti a votare il referendum della Lega per l’abolizione della legge Fornero » ha detto la Camusso. Per sciogliere ogni dubbio il leader della Fiom, Maurizio Landini, anche lui in corteo con gli statali ha precisato: «Io non mi faccio rappresentare dalla direzione del Pd. Il governo deve discutere con chi rappresenta i lavoratori e deve togliere dal tavolo l’articolo 18».