Statali, ai sindacati non piace lo slittamento del contratto
Non piace ai sindacati la piega che sta prendendo, o meglio non prendendo, la trattativa con il governo per il rinnovo dei contratti pubblici, dopo la sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittimo il blocco dei rinnovi deciso per la prima volta nel 2010
ROMA Non piace ai sindacati la piega che sta prendendo, o meglio non prendendo, la trattativa con il governo per il rinnovo dei contratti pubblici, dopo la sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittimo il blocco dei rinnovi deciso per la prima volta nel 2010. In realtà la trattativa non è nemmeno iniziata: da una parte c’è la difficoltà dell’esecutivo a trovare i fondi necessari, dall’altra lo scoglio giuridico rappresentato da una legge del 2009, la riforma Brunetta, la quale prescrive che la contrattazione avvenga dividendo il lavoro pubblico in quattro comparti, mentre quelli attualmente esistenti sono undici.
La norma avrebbe dovuto trovare attuazione tramite intese tra confederazioni sindacali e Aran ma in questi anni ciò non è avvenuto, anche perchè - appunto - la contrattazione era intanto stata bloccata.
LA TRATTATIVA«Che lo Stato sia il peggior datore di lavoro lo ha confermato anche la sentenza della Consulta - fa notare il segretario generale della Uil Carmelo Barbagallo, ricordando che «sono oltre sei anni che più di tre milioni di lavoratori del pubblico impiego attendono il rinnovo del proprio contratto, senza alcun esito, ed è stata necessaria una decisione della Corte costituzionale per smuovere le acque». «Ciò nonostante, - prosegue Barbagallo - il governo persiste nella sua opera dilatoria e, piuttosto di preoccuparsi di reperire le risorse necessarie, a partire dalla drastica riduzione delle consulenze e degli sprechi, cerca espedienti per continuare a tenere chiusi i cordoni della borsa, a danno di quei lavoratori che fanno funzionare la macchina dello Stato e che offrono servizi a tutti i cittadini». Quanto alla legge Brunetta la posizione di Barbagallo è netta: «Noi abbiamo chiesto di abolirla e di avviare subito le trattative per i rinnovi, siamo pronti a dare una mano per la modernizzazione e l’efficienza della pubblica amministrazione, se la scelta invece è quella di insistere in una programmata riduzione del potere d’acquisto di lavoratori dipendenti e pensionati, la nostra reazione non si farà attendere, perché quella scelta non è nell'interesse del Paese».
LA RIORGANIZZAZIONELa Cisl con il segretario confederale Maurizio Bernava chiede di unificare i due momenti di confronto: «Abbiamo già detto al ministro Madia che la questione dei rinnovi contrattuali non può essere ridotta solo a quella degli stipendi, che pure è fondamentale visto che a fine anno saremo a 72 mesi di vacanza contrattuale, qualcosa che non si è mai visto». Ma la confederazione di Via Po si rivolge al governo anche per chiedere una sorta di moratoria legislativa: «C'è bisogno di una vera riorganizzazione, non bastano le leggi come la riforma appena approvata, che è solo manutenzione». «Per ottenere più efficienza, maggiore produttività, servizi migliori ai cittadini - argomenta Bernava - serve il coinvolgimento dei lavoratori, bisogna puntare sulla contrattazione decentrata, perché la sentenza della Consulta oltre a dichiarare illegittimo il blocco indica un’idea nuova pubblica amministrazione, mentre il governo si ostina a voler risolvere tutto per legge».
Dalla Funzione pubblica della Cgil arriva una richiesta pressante all’esecutivo: «Non ci sono più scuse che reggano, il contratto va rinnovato e nella contrattazione vanno individuate tutte le risposte necessarie anche per la ridefinizione dei comparti, perché le due discussioni sono legate e la prima non è in funzione della seconda».
L. Ci.