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Statali, contratto congelato anche l’anno prossimo Madia: non ci sono i fondi

La Cgil: per i lavoratori una perdita di 4.800 euro

04/09/2014
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Corriere della sera

ROMA — Il ministro della Funzione pubblica, Marianna Madia, mette la parola «fine» allo sblocco dei contratti per oltre 3 milioni di dipendenti pubblici: resteranno fermi anche nel 2015: «In questo momento le risorse non ci sono perché l’Italia è ancora in una situazione di difficoltà economica». Niente da fare, dunque. Il risparmio per la spesa pubblica, secondo quanto cifrava il Def (Documento di economia e finanza) ad aprile, ammonteranno a 2,1 miliardi.
La notizia dell’ennesima proroga, i rinnovi sono fermi dal 2010, scatena i sindacati: «Se il governo Renzi pensa di umiliare ulteriormente i dipendenti pubblici» allora «la nostra risposta non potrà essere che la mobilitazione» è la risposta immediata della Cgil Funzione pubblica, per bocca del segretario generale Rossana Dettori, che annuncia: «Senza un passo indietro del governo, torneremo nelle piazze». «È l’ennesima prova del bluff che sta dietro a un esecutivo che non sa fare neanche il minimo sindacale» aggiunge il segretario generale della Cisl-Fp, Giovanni Faverin.
«Il governo sta cercando di portare avanti un’alleanza per aiutare chi ha più bisogno, al di là dei blocchi precostituiti» si difende Madia. «In questa situazione di crisi — sottolinea — l’alleanza che facciamo è prima di tutto con chi ha più bisogno. Il bonus di 80 euro è lo sblocco a chi guadagna di meno». Ma per la Cgil il bonus non compensa le perdite subite dai dipendenti pubblici che ammonterebbero a 4.800 euro se la proroga venisse confermata anche nel 2015: il fermo per l’anno prossimo vale circa 600 euro in meno, che vanno sommati ai 4.200 euro di mancati aumenti registrati fino a oggi.
Un nuovo blocco della contrattazione nel pubblico impiego vorrebbe dire che «i contratti nazionali non esistono più» commenta il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini. Ma anche che si chiude definitivamente la forbice tra le retribuzioni pubbliche, tradizionalmente più ricche, e quelle private. Secondo l’ultimo rapporto dell’Aran (l’agenzia governativa per la contrattazione nel pubblico impiego), nel 2010 la retribuzione contrattuale media pro capite per impiegati e quadri pubblici era di 27.472 euro lordi contro i 25.531 del privato. Nel 2013 lo scarto si era ridotto già a meno di 500 euro: 27.527 euro nel pubblico contro 27.044 nel privato.
Il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, attacca: «Togliessero i soldi agli enti locali, alle Regioni, ai Comuni e alle aziende municipalizzate, non ai dipendenti statali. Stiamo ancora aspettando iniziative di Spending review ».
Per la Uil il blocco dei contratti «è la classica goccia che farà traboccare il vaso e rischia di essere la miccia che farà esplodere un autunno veramente caldo nel pubblico impiego».
Alza la voce anche il sindacato Cocer carabinieri che «non ha mai protestato sui blocchi contrattuali, perché ritiene sia il giusto contributo da pagare per il risanamento del Paese» ma che chiede «la fine dell’ingiusto blocco del tetto salariale, che si protrae ormai da quattro anni da parte di tutti i governi». Il Cocer, «nell’esortare i vertici dell’Arma di ogni ordine e grado a un rigido rispetto delle norme contrattuali affinché al carabiniere non venga più ordinato il prolungamento del servizio giornaliero oltre il normale turno di servizio previsto, comunica che d’ora in poi effettuerà varie iniziative atte a denunciare le condizioni precarie in cui operano i carabinieri».
Per il presidente dei deputati di Forza Italia, Renato Brunetta, il governo «sembra essere in stato confusionale» perché da una parte annuncia l’assunzione di 150 mila precari della scuola, dall’altra blocca i contratti pubblici. «Il governo con una mano dà e con due mani toglie» commenta il coordinatore nazionale di Sinistra Ecologia Libertà, Nicola Fratoianni, riferendosi al bonus di 80 euro.
Cerca di sedare gli animi il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, che a Skytg24 dice che il lavoro del governo nel mese di settembre sarà «molto importante: non darei nulla per definito».
Intanto nella commissione Affari costituzionali del Senato è iniziato l’esame della delega di riforma della Pubblica amministrazione. I senatori torneranno a riunirsi martedì, per l’ufficio di presidenza che deciderà il calendario dei lavori. Il relatore conferma l’obiettivo, indicato ieri da Madia, di terminare l’esame del provvedimento, da parte del Parlamento, entro la fine dell’anno. Al massimo entro febbraio.
Antonella Baccaro
 


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