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Statali in piazza contro il governo. La CGIL attacca: Sciopero generale

In centomila sfilano per il centro di Roma

09/11/2014
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Il Messaggero

LA MANIFESTAZIONE
ROMA C’è tutta la simbologia classica delle manifestazioni sindacali: migliaia di bandiere con i colori rosso verde e azzurro dei tre sindacati confederali, striscioni, tamburi, trombette, fischietti, palloncini tra i quali spiccano quelli raffiguranti un Renzi Pinocchio, pupazzi di cartone vari fino alla “tradizionale” bara con il manifesto che in questo caso annuncia la morte dei servizi pubblici. C’è anche qualcosina in più, ideata per l’occasione e sfoggiata provocatoriamente da Susanna Camusso: il gettone telefonico trasformato in spilla e appuntato sul collo della camicia in risposta alla frase di Renzi che accusava di anacronismo chi difende l’articolo 18 («come voler infilare il gettone nell’Iphone») e la t-shirt rossa con al centro la foto di una boccetta di “arrogance” e la scritta “profumo di premier”.
A vedere il corteo dei lavoratori del pubblico impiego in questa giornata romana di novembre stranamente calda, il sentimento dominante sembrerebbe l’allegria. Ma non è così. I centomila (stime sindacali) che hanno pacificamente percorso le vie della Capitale per confluire in piazza del Popolo, sono arrabbiati e molto. Sono stufi di essere additati come la causa di tutti i mali di questa Italia che non funziona, come i privilegiati spesso fannulloni garantiti da un posto fisso in via di estinzione e da un sindacato che li tutela a prescindere. Da sei anni il loro contratto è fermo e adesso lo reclamano. Vogliono che le risorse occorrenti (2 miliardi) siano previste nella legge di Stabilità attualmente all’esame del Parlamento. Altrimenti la manifestazione diventerà sciopero generale della categoria. Sono pronti a incrociare le braccia, paralizzando per un’intera giornata un Paese, già a dicembre.
OLTRE GLI 80 EURO

Ogni volta che, dai potenti speaker sistemati al centro di una piazza del Popolo gremita, riecheggia la parola sciopero, la folla si entusiasma e si spella le mani per applaudire. Molti dei manifestanti (hanno aderito tutte le categorie del pubblico, sanità, scuola, statali, servizi pubblici locali, università e ricerca, sicurezza e soccorso, privato sociale) hanno votato Renzi. E forse anche per questo la delusione ora è maggiore. Certo ci sono gli 80 euro che da maggio arrivano in busta paga. Ma non basta. Il rinnovo del contratto, è il leit motiv della piazza, è un diritto. «Noi non accettiamo e non accetteremo un altro blocco dei contratti del pubblico impiego. Nei 36 miliardi della manovra si devono trovare le risorse per i contratti pubblici, per la scuola, la sicurezza, la sanità e il sociale. Speriamo che la manifestazione di oggi serva a sturare le orecchie al governo» auspica la neosegretaria Cisl, Annamaria Furlan. «Ci siamo stancati, Renzi è avvisato: accettiamo la sua sfida e facciamo i sindacalisti. Ma cosa fa un sindacato? Chiede e poi sciopera» avverte Carmelo Barbagallo, che tra una decina di giorni sarà ufficialmente il successore di Luigi Angeletti alla guida della Uil. «No ai dilettanti allo sbaraglio, non bisogna trattare la Pa come se non fosse il perno dei servizi. Se non ci saranno risposte continueremo con lo sciopero delle categorie e chiameremo tutti i lavoratori» dice il numero uno Cgil, Susanna Camusso.
In realtà sullo sciopero non c’è ancora accordo tra le tre sigle. La Cisl in particolare resta cauta: «Il governo apra i tavoli di trattativa e metta le risorse per il rinnovo dei contratti, se questo non dovesse accadere verificheremo cosa fare» dichiara Furlan, la quale comunque si dice pronta ad andare «avanti con tutti gli strumenti di lotta».
Giusy Franzese