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Stipendi insegnanti, monito Ue: «In Italia sono congelati»

Il rapporto sulla posizione dei docenti in 33 Paesi europei rileva: in 16 Paesi la busta paga degli insegnanti cresce, nel nostro resta ferma

04/10/2014
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Corriere della sera

In Italia fra il 2013 e il 2014 i salari degli insegnanti della scuola pubblica primaria e secondaria sono rimasti congelati, mentre sono aumentati in 16 Paesi europei rispetto all’anno precedente. Inoltre, secondo quanto emerge da una relazione della rete Eurydice svolta per conto della Commissione europea, sui 33 Paesi europei del rapporto in circa la metà il potere d’acquisto degli insegnanti nel 2014 risulta inferiore rispetto al livello del 2009. La riduzione del potere d’acquisto degli insegnanti è inferiore al 3% in Belgio, Danimarca, Austria, Finlandia e, nella scuola secondaria superiore, in Italia. E’ stato invece registrato un calo compreso tra il 5 e il 10% in Italia per quanto riguarda la scuola primaria e secondaria inferiore, Olanda, Portogallo, Regno Unito e Romania. In altri Paesi come Irlanda, Spagna e Slovenia gli insegnanti hanno subito una riduzione del potere d’acquisto che va dal 13 al 17%, mentre il calo più drastico è avvenuto in Grecia, con una riduzione del 40%.La relazione è stata pubblicata alla vigilia del 5 ottobre, giornata mondiale degli insegnanti, che commemora l’adozione nel 1966 della Raccomandazione Ilo-Unesco sulla condizione del personale docente. Ma conferma la tendenza già rilevata dall’Ocse, che nell’ultimo rapporto sull’istruzione ha evidenziato che in Italia il salario medio degli insegnanti della scuola primaria e secondaria inferiore è diminuito, in termini reali, del 2% tra il 2008 e il 2012.

Dai 23 mila ai 38 mila euro lordi, dopo 35 anni

Il sondaggio su cui la relazione si basa ha coinvolto 33 Paesi e in ben sedici di essi i prof hanno registrato aumenti di stipendio (Belgio, Danimarca, Germania, Estonia, Francia, Croazia, Ungheria, Lussemburgo, Malta, Austria, Slovacchia, Finlandia, Regno Unito, Norvegia, Macedonia e Turchia). Non in Italia, dove il salario di un insegnante può andare dal minimo dei docenti di scuola primaria e pre-primaria, che a inizio carriera guadagnano uno stipendio base di 23.048euro lordi annui, al massimo di un professore di scuola superiore con laurea universitaria, che può arrivare a guadagnare a fine carriera, quindi dopo una media di 35 anni di servizio, a 38.902 euro. La media dei salari è di 27.700 euro per gli insegnanti di pre-primaria e primaria, 29.207 euro per gli insegnanti delle scuole medie e 31.622 euro per i professori di scuola superiore con laurea universitaria. Non ci sono dati disponibili sulla media dei professori di scuola superiore con titolo di formazione non universitario. Per quanto riguarda la perdita di potere di acquisto, è stata relativamente moderata fra il 2013-2014 e il 2009 per gli insegnanti della scuola secondaria superiore (meno del 3%), mentre fra il 5 e il 10% per gli insegnanti della scuola primaria e secondaria inferiore.

Scatti di carriera

I docenti in Italia hanno progressioni di carriere più lente rispetto ai loro colleghi di paesi europei quali la Danimarca, l’Estonia, Malta, la Finlandia e il Regno Unito, in cui gli scatti di anzianità sono relativamente modesti ma frequenti e quindi portano gli insegnanti a raggiungere presto il massimo livello della scala retributiva. In Grecia, Ungheria, Austria, Portogallo e Romania, invece, è possibile ottenere promozioni con aumenti consistenti solo a fine carriera. L’Italia è un po’ nel mezzo, fra quei Paesi in cui si raggiunge il massimo del salario solo dopo un periodo medio-lungo di servizio (circa 35 anni). Nel nostro Paese, la variazione di salario fra lo stipendio iniziale e quello che si può ottenere a fine carriera non è molto marcata, attestandosi a poco più del 50% (niente rispetto all’Olanda, dove per i docenti delle superiori si registrano aumenti di salario per scatti di anzianità che arrivano al 106%, o a Cipro e in Irlanda dove la crescita arriva fino al 115 o addirittura 120% dopo solo 22 anni di servizio). La relazione incoraggia la pratica, diffusa in alcuni paesi ma poco in Italia, di concedere aumenti ai salari degli insegnanti qualora essi ottengano qualifiche supplementari, di valutazioni delle prestazioni o dell’insegnamento a bambini con necessità particolari. «Tali incentivi - afferma il rapporto - possono contribuire a rendere più attraente la professione. L’avanzamento di carriera non è più legato all’anzianità di servizio bensì ad un’ottica di sviluppo e di prestazioni. Mettere in correlazione l’avanzamento di carriera con l’acquisizione di nuove competenze e con il miglioramento dei metodi di insegnamento potrebbe fungere da incentivo per l’intera popolazione insegnante e piu’ in particolare per i neo assunti, compresi quelli che abbracciano l’insegnamento dopo aver esercitato un’altra professione».