Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » «Sto con gli studenti in piazza Ci vogliono più borse di studio»

«Sto con gli studenti in piazza Ci vogliono più borse di studio»

Il nuovo capo dei rettori italiani, Gaetano Manfredi: «Un miliardo di euro e 10 mila ricercatori per salvare l’università»

13/10/2015
Decrease text size Increase text size
Corriere della sera

Antonella De GregorioUn miliardo di euro, diecimila ricercatori, più borse di studio per frenare l’emorragia di iscritti: queste le priorità per le nostre università. Anche se Gaetano Manfredi, ingegnere, 51 anni, da pochi giorni eletto alla presidenza della Crui (Conferenza dei rettori delle università italiane), Rettore della Federico II di Napoli, non pensa che il sistema universitario italiano vada «riformato». «È urgente però discutere della sua manutenzione», dice. «Sull’università e sulla ricerca va fatta una scelta politica e va fatta subito», dice il capo dei rettori. Che chiede al governo un segnale di discontinuità rispetto al passato: la «manutenzione» non può essere fatta «a costo zero», ha detto, appena insediato.

Per ora, Rettore Manfredi, l’unica operazione di manutenzione il governo sembra averla indirizzata contro gli studenti, che vedono ridotte le loro possibilità di accesso all’università. Con la riforma degli indicatori Isee c’è chi dice che il diritto allo studio è morto. Le associazioni degli universitari sostengono che negli ultimi cinque anni sono rimasti a bocca asciutta in 40mila.
«Il nuovo Isee (varato dal governo Monti e in vigore da quest’anno, ndr) è uno strumento pensato anche per far emergere casi di elusione, attraverso una più efficace valutazione del patrimonio degli individui, e in questo senso è un’operazione apprezzabile. Però vanno ben tarate le soglie: i giovani devono essere liberi di seguire il loro talento e bisogna intervenire per aumentare il numero di laureati: questo non sarà possibile se non si consentirà alle famiglie meno agiate di pagare gli studi universitari. Il diritto allo studio è un grande tema che va affrontato. Il sistema attuale è carente: c’è una parcellizzazione che crea grandi disuguaglianze. Molte Regioni, di norma quelle del Sud, non riescono neppure a garantire la borsa a tutti gli idonei. La soluzione che io vedo è un fondo statale che garantisca borse a tutti gli aventi diritto, mentre le Regioni dovrebbero offrire gli altri benefici».

Parlando di risorse, quanto servirebbe all’università italiana?
«Almeno quel miliardo di euro persi negli ultimi tre-quattro anni. Non dimentichiamo che la Germania - Paese paragonabile al nostro per dotazioni tecnologiche, caratteristiche della società, struttura industriale - spende per l’università 27 miliardi, noi 7».

Rettore Manfredi, siamo alla vigilia di una riforma universitaria che il governo sta affrontando con cautela viste le contestazioni generate dalla riforma della scuola. Lei da dove partirebbe?
«Dalle risorse di cui ha bisogno il sistema. Non si può puntare sul futuro senza investire sui mattoni per costruirlo. E poi bisogna semplificare l’amministrazione: c’è troppa burocrazia e le regole usate per il Pubblico impiego mettono in difficoltà l’università».

Qual è l’orizzonte per verificare se le vostre richieste saranno ascoltate?
«Conosco bene il ministro Giannini, so che è fortemente impegnata a trovare le risposte. Se non ci saranno le risorse che ci aspettiamo nella legge di stabilità, vorrà dire che il Paese non crede nell’università».

Teme una stagione calda come quella della scuola?
«No, ma temo la demotivazione. E un ricercatore demotivato è più dannoso di un ricercatore arrabbiato».

Lei ha detto che all’Università occorre più autonomia...
«Sì, è vero, uno dei temi fondamentali è la necessità di inserire più giovani negli atenei: ci sono già regole flessibili che si possono usare per reclutare ricercatori e le università possono utilizzarle, ma bisogna dare più libertà di assumere. Poi bisogna mettere in grado i ricercatori che vanno via dall’Italia di rientrare».

Qual è la ricetta per rendere più internazionali i nostri atenei?
«La mobilità è un dato strutturale del nostro sistema universitario; che gli studenti si muovano è un valore. Ma il problema è che sono tanti quelli in uscita e pochi quelli in entrata. Per attrarre studenti da altri paesi va migliorata l’offerta e vanno pensati servizi aggiuntivi. Abbiamo grandi aree del mondo che hanno bisogno di formazione avanzata. Penso a bacini per noi naturali: Medio Oriente, Iran, il bacino del Mediterraneo, l’America Latina, la Cina. Dobbiamo intercettare questi flussi».