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Strada stretta per i prof precari

La Ragioneria generale fa le pulci al piano di assunzioni: gli organici vanno tagliati

18/05/2021
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ItaliaOggi

Marco Nobilio e Alessandra Ricciardi

Numeri non se ne fanno nel passaggio del Patto per la scuola sul piano straordinario di reclutamento. Eppure sono proprio i numeri che la Ragioneria generale dello stato ha voluto verificare. Per capire dove andava a parare l'impegno che il governo si accinge ad assumere con i sindacati per un piano straordinario di immissioni in ruolo da fare entro l'estate attingendo al calderone dei precari di lungo corso della scuola. Obiettivo: tutti in cattedra dal primo settembre. E, secondo quanto risulta a ItaliaOggi, nelle interlocuzioni con palazzo Chigi, che a sua volta si interfaccia con il ministero dell'istruzione, la Ragioneria ha fatto presente che il calo demografico atteso per i prossimi anni porterà invece a inevitabili tagli degli organici, peraltro già scontati nel Def, tagli che non consentono di allargare la platea dei posti da coprire.

Alla fine il piano passerà, e con esso il via libera al Patto sulla scuola che potrebbe essere firmato nei prossimi giorni a ridosso del nuovo decreto Sostegni, atteso al consiglio dei ministri tra mercoledì e giovedì. Ma con il presupposto che l'autorizzazione per nuove assunzioni a cui potrebbe arrivare il ministero dell'economia sarà contenuta: si parla di 7 mila nuovi posti, da aggiungere ai circa 7 mila che avanzano dal concorso straordinario bandito per 32 mila posti. In totale un pacchetto tra le 14 e 15 mila nuove assunzioni da destinare ai precari. L'altro passaggio è che saranno tutte assunzioni autorizzate già per l'anno in corso e non su tre anni come prevede la legge.

Numeri più contenuti che potrebbero alla fine far ingoiare anche il rospo di una procedura veloce, che i critici chiamano sanatoria e i proponenti concorso riservato, a M5s e Italia viva fortemente contrari all'adozione di una corsia preferenziale per i precari di lungo corso.

Il percorso agevolato per il reclutamento, infatti, nelle intenzioni dei sindacati e di una grossa parte della maggioranza di governo, tra cui Lega, Pd e Leu, dovrebbe bypassare il concorso in senso stretto: parola, concorso, di cui non si fa cenno nella bozza di Patto trasmessa dal ministro Patrizio Bianchi alla Presidenza del consiglio dei ministri. I

l percorso di reclutamento, infatti, dovrebbe essere concepito come una selezione in ingresso per soli titoli, basato essenzialmente sul possesso di un requisito minimo di servizio. E poi su un percorso formativo in itinere, durante l'anno di prova, che dovrebbe concludersi con un esame orale.

E poi c'è il problema del contratto. I sindacati, infatti, hanno chiesto a Bianchi un impegno non solo per il reclutamento, ma anche per trovare finanziamenti aggiuntivi che dovrebbero garantire un aumento netto di almeno 100 euro al mese con il rinnovo del contratto della scuola. La patata bollente è stata scaricata sul tavolo di palazzo Chigi.

E il ministero dell'economia ha sollevato anche su questo non poche perplessità. Fermo restando il problema di reperire fondi aggiuntivi per gli aumenti contrattuali, lo scoglio più arduo è costituito come si diceva dal fatto che le immissioni in ruolo inizialmente richieste sia a livello sindacale che politico, circa 70 mila, sembrerebbero sovradimensionate rispetto alle reali necessità dei prossimi anni.

Sul piatto della bilancia pesa in negativo il calo demografico che ormai viaggia spedito sui 100 mila alunni in meno all'anno, un calo che paradossalmente potrebbe ingenerare esuberi, soprattutto in alcune realtà. Il ministero dell'economia i conti li ha già fatti e li ha messi nero su bianco nel documento di economia e finanza (Def) già approvato. Nel 2020 la scuola ha assorbito uscite pari al 3,9% del Pil: lo 0,3% in più rispetto all'anno precedente.

Ma si tratta di un dato meramente congiunturale. Il trend di spesa, si precisa nel documento di finanza, si manterrà a questo livello nei prossimi anni fino a scendere nuovamente al 3,6% nel 2025, al 3,4% nel 2030, fino ad assestarsi intorno 3,2-3,3% dal 2035 in poi.

Relativamente al periodo 2021-2024, la previsione contenuta nel Def considera la maggiore spesa per il personale, necessaria per fronteggiare l'emergenza epidemiologica legata alla diffusione del virus Covid-19. E riflette i maggiori oneri connessi con il finanziamento dei progetti legati al NextGenerationEU. In generale, il rapporto della spesa per istruzione sul Pil presenta un andamento gradualmente decrescente che si protrarrà per oltre un decennio.

Tale riduzione è essenzialmente trainata dal calo degli studenti indotto dalle dinamiche demografiche. Che ha come contraltare l'aumento della percentuale di ultra65enni che, sempre secondo le stime del governo, passerà gradualmente dall'attuale 23,2 della popolazione al 30% nel 2035 e a circa un terzo della popolazione dal 2040 in poi.

Insomma, è previsto un massiccio calo di alunni e ciò determinerà necessariamente anche una costante diminuzione del numero dei docenti con forti tagli agli organici.