Studentessa scrive a Mattarella «Ascolti le ragioni di chi occupa»
Roberta, che studia al Pasteur e fa parte della Rete degli studenti medi, chiede al presidente della Repubblica di analizzare le ragioni di chi occupa e di non ascoltare solo l’appello dei genitori, che chiedono di ripristinare la legalità
Non si focalizzi sulle occupazioni da sgomberare, ma capisca ragioni e metodi degli studenti che in questi giorni si sono mobilitati perché stufi di essere l’ultima ruota del carro. È quanto chiede, in sostanza, al presidente della Repubblica, Roberta, studentessa romana del Pasteur e militante nella Rete degli studenti medi, dopo aver letto la lettera al Capo dello Stato della mamma del Liceo Virgilio che si dichiarava contraria a queste pratiche definendole violente. La donna, Chiara Matteucci, presidente del Comitato dei genitori del liceo Virgilio di Roma, si era rivolta a Mattarella venerdì proprio per contestare il fatto che la scuola fosse diventata «uno spazio franco, ove tutto è possibile, ove tutto è permesso, al di fuori della Legge, della democrazia, del rispetto delle persone». Ogni anno, ricordava la madre della studentessa, «in questa fase dell’anno, ogni volta con le stesse menzogne, con lo stesso vento di violenza e di sconvolgente ignoranza dei valori essenziali che hanno ispirato i nostri padri costituenti, i nostri figli vengono privati da un gruppo di facinorosi del loro diritto allo studio». Ed è proprio per evitare questi episodi che la madre chiedeva l’intervento delle forze dell’ordine e quello del capo dello Stato per «insegnare la via del rispetto, del confronto e della pluralità».
«Non si può generalizzare»
Non si è fatta attendere la risposta della studentessa. «Anche io - scrive Roberta a Mattarella - credo che le scuole non possano diventare una zona franca dove tutto è lecito e dove lo Stato non arriva. Anche io credo che chi promuove metodi violenti giustificando le proprie azioni attraverso slogan fini a se stessi, radicalizzando le proprie rivendicazioni e sfociando quindi nell’estremismo garantendo la cultura dell’antistato, stia facendo un danno a se stesso e agli altri. Tuttavia non posso trovarmi d’accordo con ciò che scrive la madre: questa infatti generalizza e giudica tutte le occupazioni come se fossero uguali sia dal punto di vista rivendicativo sia dal punto di vista metodologico. No, non posso condividerlo: così si fa lo stesso errore di chi, pur essendo minoritario nella società, si erge a paladino della rivoluzione pretendendo di sovvertire le regole della democrazia, regole che a mio parere stanno alla base della costruzione di un futuro migliore».
«Non siamo una massa informe»
«Noi studenti non siamo una massa informe priva di rappresentanza sociale e di idee politiche» fa notare la studentessa assicurando di essere la prima, pur avendo anche lei occupato la propria scuola, a condannare chi utilizza la violenza per esprimere un’idea. Ma - aggiunge - «non salta mai in mente a nessuno che c’è chi occupa il proprio istituto non per farlo diventare un luogo di illegalità dove diffondere cultura antistatale e pensiero antidemocratico ma proprio per chiedere che della scuola pubblica lo Stato ne faccia una delle sue colonne portanti?». Per «troppi» anni si sono susseguite riforme fatte senza il minimo coinvolgimento degli studenti, sottolinea Roberta ricordando le tante mobilitazioni fatte contro la riforma Renzi-Giannini. «È stata questa la nostra risposta alla buona scuola: si depaupera il concetto di collegialità e noi la pratichiamo, non si investe sul welfare e diritto allo studio e noi rivendicandone l’esigenza facciamo mutualismo e tanto altro ancora» conclude Roberta dicendosi certa che «per la costruzione di un futuro privo di diseguaglianze bisogna cambiare radicalmente il mondo dell’istruzione», con «il coinvolgimento di tutti i protagonisti di questo mondo. Insomma, senza ascoltare noi non si può».