Sul tetto c'è una libera piazza. Gelmini punta sul rush finale
Fontanella Borghese La protesta degli universitari si salda con quella contro i tagli alla cultura
Jolanda Bufalini
Qualche volta la storia si mette a correre e se ti ci trovi a cavallo corri anche tu. Come i Mille che partirono da Quarto senza sperare, anzi, senza nemmeno immaginare, che in pochi mesi avrebbero risalito lo Stivale. E così gli universitari, ricercatori, studenti e le ragazze e i ragazzi delle scuole. Loro sono abituati a un paese ostile, che non pensa al loro futuro e alla loro formazione. «Si deve protestare - dice Michele che studia a Pavia - anche se non c’è speranza». Poi all’improvviso è come se tutto confluisse nello stesso fiume, i crolli a Pompei, i tagli all’università e alla cultura. Le foto degli studenti sul Colosseo e a San Marco, sulla cupola del Brunelleschi fanno il giro del mondo, la generazione precaria conquista le aperture dei giornali. Oggi l’appuntamento dei napoletani è agli scavi di Pompei. Il gioco della politica è guardato con diffidenza: in piazza con la Cgil, sabato 27, c’erano i fuorisede di Ca’ Foscari. Furibondi con l’Isu, l’ente per il diritto allo studio di Venezia: «Hanno un buco di due milioni e lo fanno pagare a noi, con l’aumento della mensa o lasciandoci senza riscaldamento ». «Noi - dicono - non votiamo,non sapremmo per chi». Però, se cambiano gli equilibri della politica e salta la riforma Gelmini, «ben venga», anche se preferiscono contare sulle proprie forze,come nelle battaglie per i beni comuni, per i referendum sull’acqua. «Non è detta l’ultima parola», dice Alfonso Giancotti ricercatore, sul tetto di architettura ormai da quasi una settimana. «È difficile, certo,ma se Fini fosse coerente con le sue stesse parole...». Oggi sul tetto di Fontanella Borghese, ribattezzata “Piazza dell’università libera, pubblica, aperta” è il giorno della cultura e dello spettacolo. Già ieri è salita leggiadra Carla Fracci. Dalle 2 del pomeriggio arriveranno (citiamo fra le prime adesioni) Nicola Piovani e Ettore Scola, Ulderico Pesce e Simona Marchini, Roberto Faenza e Stefano Rulli, Benedetta Buccellato e Giovanni Arnone. I percussionisti di Santa Cecilia, Giovanna Marini, Enrico Capuano, Curzio Maltese. Contributi video o scritti di Ascanio Celestini, Massimo Carlotto, Giorgio Parisi. Aderisce all’appello della Rete 29 aprile anche “il Manifesto” che «mette il quotidiano di martedì a disposizione dei ricercatori». E “l’Unità” che sarà nella “piazza dell’università” con i suoi redattori e con la diretta web. Alle 23 sul tetto ci sale Gad Lerner per la Sette. Tutto confluisce nelle 48 ore in cui si inseguiranno il voto sulle mozioni di sfiducia a Sandro Bondi e, domani, la discussione e il probabile voto sulla riforma Gelmini: macerie dell’università, macerie della cultura, macerie della democrazia. Hanno fatto strada i caschetti gialli dei ragazzi de L’Aquila. Intanto, questa mattina, a lettere alla Sapienza, c’è l’assemblea di tutte le facoltà. Incontri in preparazione del sit-in a Montecitorio di martedì anche nelle scuole occupate e in autogestione (a Roma il Tasso, il Talete, il Virgilio, Ilaria Alpi, Socrate, Mafai). La speranza è un filo molto sottile dopo le dichiarazioni di Gianfranco Fini a Lecce. «Voteremo sì, la riformaGelmini è la cosa migliore che ha fatto questo governo». Però, obietta Alfonso Giancotti, «Flavia Perina, dopo la visita sul tetto fatta insieme a Fabio Granata e Benedetto Della Vedova, ha scritto “luce” e “orizzonte”» ora, invece, è indietro tutta e sarà anche «per quello che si è lasciato scappare Granata, che hanno avuto pressioni da alte cariche dello Stato». E allora gli universitari preparano un appello rivolto proprio a Gianfranco Fini: «Ha detto che Fli voterà solo le leggi che hanno copertura finanziaria e qui la copertura non c’è». NON C’È COPERTURA «I soldi per la riforma sono come i cannoni di Mussolini», spiega Manuela Ghizzoni, che è deputata Pd ma anche ricercatrice di storia medievale a Bologna, e gliemendamenti che Futuro e libertà ha fatto passare alla Camera sono «peggiorativi». Il primo è quello sulle assunzioni, nell’ultima versione si legge «fino a 18 milioni di euro, significa che possono essere molti di meno». E per l’altro emendamento, sugli scatti di stipendio, spiega la parlamentare, «i fondi li prendono dal Fondo ordinario mentre per il 2011 vengono cannibalizzati i progetti triennali e quadriennali». Nonostante gli appelli del capo dello Stato, la riforma si fa senza soldi. Del resto lo ha candidamente confessato il relatore di maggioranza al Senato, Valditara (Fli): «Nel governo manca la consapevolezza che la competitività dell’Italia passa dalla qualità della nostra ricerca».v