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Sulla torre degli immigrati c'è la bandiera del lavoro

la risposta di Susanna Camusso alla lettera aperta di Luigi Manconi su l’Unità di ieri

04/12/2010
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l'Unità

Caro Luigi,

condivido e sottoscrivo quanto hai affermato sulla condizione degli immigrati, sui 26 giorni che cinque di loro hanno trascorso su di una torre a Milano e sul clima generale che ha accompagnato questa vicenda. Come sai la Cgil di Milano, senza troppi clamori, ha seguito quotidianamente quei ragazzi, adoperandosi - prima di tutto a livello istituzionale - per garantirne la sicurezza e per negoziare condizioni che non li esponessero ad ulteriori brutali trattamenti, come purtroppo insistentemente veniva richiesto da esponenti politici dell’amministrazione cittadina. La stessa cosa è avvenuta a Brescia, dove l’iniziativa della locale Camera del Lavoro si caratterizza per l’insistenza sui diritti e il contrasto anche legale delle discriminazioni e delle vere e proprie persecuzioni che si sono alimentate in questi anni. La realtà delle migrazioni è un dato strutturale, e non eliminabile, del nostro tempo e della realtà del Paese. Chi pensa di continuare a gestire tale questione come un problema di ordine pubblico, da una parte non comprende il grado di complessità che il tema assume in tutta Europa; dall’altra spera che continuare ad alimentare paure e individuare nemici serva a coprire i processi di ridimensionamento del welfare e delle politiche di inclusione e di cittadinanza che sono fortemente sotto attacco. Per questo le politiche sull’immigrazione che rivendichiamo non sono di sola “solidarietà”: sono politiche che guardano alle nuove stratificazioni sociali e ai nuovi bisogni di inclusione con una proposta di allargamento e di qualificazione dell’azione pubblica che dia risposte alle condizioni di povertà, di emarginazione, di non-lavoro o di lavoro povero e sommerso. La legislazione in vigore va profondamente modificata: la logica della Bossi-Fini produce irregolarità, il reato di clandestinità ha prodotto l’allargamento delle condizioni di ipersfruttamento e l’impossibilità dei migranti di denunciare e chiedere tutela. Così come la pratica dei “respingimenti” e lo scellerato accordo con la Libia hanno prodotto un arretramento della nostra civiltà giuridica e della collocazione del nostro Paese rispetto alla tutela internazionale dei diritti sanciti dai trattati e dalle convenzioni dell’Onu. L’Italia è, e lo sarà sempre di più, una società interculturale. La presenza del lavoro immigrato costituisce una ricchezza anche per il contributo che dà alla crescita ed all’alimentazione, fiscale e previdenziale, delle politiche pubbliche, dal momento che già oggi gli immigrati prendono dal nostro welfare menodi quanto danno. La conquista della cittadinanza, a partire dai bambini, con l’applicazione dello ius soli, è una delle premesse per costruire integrazione, fiducia e senso del futuro. La crisi ha colpito duramente mettendo in discussione anche pezzi di lavoro tutelato che ora rischiano il ritorno all’irregolarità. Abbiamo chiesto con insistenza al governo, anche d’intesa con altre forze sociali ed imprenditoriali, l’estensione della durata del permesso di soggiorno a chi perde il lavoro. Così come abbiamo giudicato ingiusta e sbagliata la sanatoria del Settembre 2009 che, essendo limitata assurdamente a colf e badanti, non ha risolto i problemi di decine di migliaia di persone che lavorano in nero, vivono da anni nel nostro Paese e, col blocco dei decreti flussi, non trovano una via possibile alla regolarizzazione. In particolare in agricoltura ed in edilizia, ma anche nel variegato mondo del terziario, questa è una condizione insopportabile che, oltretutto, cambia la natura stessa del mercato del lavoro e della concorrenza tra imprese abbassando la condizione di tutti. La gestione della sanatoria è stata poi ulteriormente densa di problemi e di improvvisazioni, ha favorito le truffe e consentito a veri o presunti datori di lavoro italiani di lucrare sulla disperazione. Nella grande manifestazione della Cgil del 27 novembre questi temi sono stati parte integrante della piattaforma e della discussione nelle migliaia di assemblee che l’hanno preceduta. La presenza degli immigrati nel sindacato è molto alta, in molte strutture crescono e si affermano dirigenti e delegati. Bisogna senz’altro fare di più, ma la scommessa non è solo avere più immigrati che parlano di immigrati, è invece rompere il noi e il voi, la separatezza anche delle lotte, e affermare una battaglia di tutto il mondo del lavoro per i diritti di tutti ed un futuro dell’Italia che non abbia ingiustizia, razzismo, esclusione. Ben venga che si allarghi il fronte, e ritrovarsi “sotto una torre”: la Cgil c’è e sa che il tema è il cambiamento generale del nostro Paese.