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Tecnica della scuola: Impiego, la ricetta di Confindustria "per restituire il futuro ai giovani"

Abolizione del valore legale dei titoli di studio, flexicurity, studi fino al compimento dell'istruzione terziaria e riforma degli istituti tecnici: il piano, presentato il 28 ottobre, verrà riproposto a metà novembre con l'“Orientagiovani”. Ma il corpo insegnante italiano rimane il più vecchio d’Europa

30/10/2009
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La Tecnica della Scuola

di Alessandro GiulianiSono quattro le proposte di Confindustria” per restituire il futuro ai giovani”: si va dall’abolizione del valore legale dei titoli di studio alla flexicurity, al sostegno al proseguimento degli studi fino al compimento dell'istruzione terziaria e alla riforma degli istituti tecnici. L'associazione degli industriali le lancerà in occasione della presentazione di “Orientagiovani”, la manifestazione nazionale di orientamento al lavoro che si terrà il 17 novembre a Vicenza.L’anteprima del programma è stata presentata il 28 ottobre presso la sede della stessa Confindustria, alla presenza del presidente, Emma Marcegaglia, che ha a sua volta presentato il progetto al Governo. " Queste proposte – ha detto Marcegaglia - testimoniano quanto Confindustria è vicina ai giovani. Noi abbiamo una collaborazione strutturale con il ministero dell'Istruzione e con il ministro Gelmini e oggi stesso presenteremo al Governo queste proposte per dar voce ai giovani e per far sì che non vengano esclusi dalle politiche economiche e fiscali".L’associazione degli industriali ritiene che in fatto di occupazione giovanile è giunto il momento di passare a fatti concreti: in base ad uno studio europea sull’occupazione giovanile, i vertici di Confindustria hanno fatto notare come l'Italia nell’Ue detenga la maglia nera per l'occupazione giovanile degli under 30. Gli occupati in questa fascia d’età sono il 64,3% contro il 75,5% dell'Europa a Ventisette. E la crisi riguarda anche i lavori di alto livello: nel 1997 i dirigenti con meno di 35 anni erano il 9,7% del totale, dieci anni dopo sono scesi al 6,9%. Per non parlare degli imprenditori giovani: gli under 35 erano il 22% nel '97, dieci anni dopo scendono al 15%. O dei quadri: anche loro sono scesi dal 17,8% al 12,3%.In base allo studio risulta che oggi è la Danimarca ha l’occupazione più elevata in ambito Ue, anche in ambito giovanile, con il turnover degli occupati nelle aziende più elevato nel continente, fino a un terzo l’anno, per consentire alle imprese ristrutturazioni e razionalizzazioni.Complessivamente i giovani italiani sono anche quelli che entrano più tardi nel mercato del lavoro, mediamente tre anni dopo i loro coetanei europei. Pure la classe insegnante è quella più vecchia d'Europa: gli insegnati con meno di 30 anni sono poco più dell'1%. Mentre l'età media dei ricercatori universitari è di oltre 40 anni. Ma a fronte di tante ombre, ci sono anche alcuni segnali di miglioramento. Il numero dei disoccupati giovani si è più che dimezzato e rappresenta ora il 43,5% del totale contro il 51,2% di dieci anni prima. E il tasso di occupazione è aumentato dal 37,3% al 39,6%.“A parole – si legge nel Manifesto di Confindustria - tutti sostengono l’importanza dello studio. Nei fatti, però, abbiamo un quarto delle borse di studio della Francia, e spendiamo per il diritto allo studio dei giovani la metà della media Ocse. Bill Gates ha fondato Microsoft a vent’anni, Steve Jobs ha fondato Apple a 21, Page e Brin ne avevano 25 quando hanno dato vita a Google, e Zuckerberg, addirittura, ha inventato Facebook a diciannove anni!”.Riguardo alle proposte, per il vicepresidente di Confindustria per l'education, Gianfelice Rocca, si tratta " di quattro temi importanti per il futuro dei giovani". Parole positive sono state spese soprattutto per " il rilancio dell'istruzione tecnica", considerata " un tassello fondamentale della strategia di ripresa dopo la crisi, senza il quale rischia di venire meno la capacità di innovare e di competere del sistema produttivo del nostro paese". Dati alla mano Rocca ha ricordato il profondo gap che esiste tra la domanda delle imprese di diplomati tecnici e l'offerta: " Prima della crisi questo gap era di 180mila imprese che cercavano periti tecnici senza trovarli e dopo la crisi è di 76mila un numero ancora alto".L'associazione degli industriali ha colto l’occasione per ribadire l’abolizione del valore legale dei titoli di studio, definendolo un " peso e un residuo del passato che penalizza i giovani capaci e meritevoli". Le intenzioni di Confindustria sono quelle di sostituirlo con un sistema di accreditamento svolto da agenzie indipendenti. Poi occorre affiancare la flessibilità del mercato del lavoro a nuove garanzie perchè " non si tutela con il posto fisso ma con il sostegno alla persona". Per la Marcegaglia, infatti, " nel mondo di oggi è difficile mantenere il posto ma occorre tutelare i redditi".Per l’associazione la ricetta è “save the people, not the jobs”. L’occupazione giovanile non nascerebbe, infatti, dalla rigidità del mercato del lavoro “ma dalla sua flessibilità affiancata – sostiene Confindustria nel Manifesto - a nuove garanzie, non si tutela con il posto fisso ma con il sostegno alla persona, bilanciata da formazione parallela e obblighi progressivi di accettazione delle proposte di lavoro. E’ il modello indicato in Europa dalla riforma danese del 1994. Allora, la disoccupazione era pari al 12,5% generale, e quella giovanile oltre il 30%”.

A proposito del terzo punto, Rocca ha spiegato che è importante incoraggiare il proseguimento degli studi, attraverso dotazioni cumulative di capitale, " perchè l'ascensore sociale in Italia si è fermato e per ripristinarlo bisogna spezzare l'accresciuta dipendenza dei giovani dai redditi familiari". A proposito della riforma degli istituti tecnici, il vicepresidente ha ricordato che " con i loro periti, geometri, ragionieri sono stati alla base del boom economico italiano del dopo guerra". Secondo Confindustria i nuovi istituti tecnici costituiscono, con la loro formazione tecnica e scientifica, con gli stage, con i laboratori, con il forte raccordo con le imprese, la scuola dell’innovazione manifatturiera
che è indispensabile per aiutare le nostre imprese ad uscire dalla crisi, formando tecnici motivati e competenti