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Tecnica della scuola: Università, il decreto d’urgenza non placa la protesta
Da studenti, sindacati, docenti e opposizione parole di disapprovazione per il provvedimento: le sue norme non cambiano nulla perché rimangono in piedi i tagli, rimandati di un anno, la trasformazione delle università in Fondazioni ed i concorsi, per i quali il modello del sorteggio parziale non dà garanzie
08/11/2008
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La Tecnica della Scuola
di Alessandro Giuliani |
Da studenti, sindacati, docenti e opposizione parole di disapprovazione per il provvedimento: le sue norme non cambiano nulla perché rimangono in piedi i tagli, rimandati di un anno, la trasformazione delle università in Fondazioni ed i concorsi, per i quali il modello del sorteggio parziale non dà garanzie. Riprendono così ancora più insistenti le manifestazioni studentesche e rimane confermato lo sciopero del 14 novembre. |
Perentorio anche il messaggio, unitario, che giunge dai sindacati Confederali, i quali attraverso il decreto “non si vede in alcun modo all’orizzonte la volontà della correzione radicale di rotta che si rende necessaria. E’ del tutto evidente – spiegano Flc-Cgil, Cisl e Uil - che le grandi mobilitazioni in corso stanno preoccupando il Governo in modo crescente, e che è in corso un tentativo di allungare i tempi, sperando in un calo di tensione, e di produrre qualche modifica da spendere come soluzione dei problemi. Resta invece la Legge 133, con tutti i suoi tagli e vincoli distruttivi, restano il decreto ammazza-precari e le norme Brunetta, resta una Finanziaria da strangolamento. Resta il silenzio perdurante del Ministero rispetto al dialogo con le parti sociali”. “Non è con questi piatti di lenticchie – sottolinea Mimmo Pantaleo, segretario della Flc-Cgil - che si può fermare una protesta che cresce nella coscienza del Paese: l 14 novembre l’Università, la Ricerca, l’Afam saranno in piazza a manifestare per cancellare la legge 133 e le sue devastanti conseguenze”.Dello stesso avviso sono risultate le associazioni dei docenti: Nunzio Miraglia, leader dell'Andu, Associazione nazionale docenti universitari, sostiene che le norme introdotte il 6 novembre "non cambiano nulla perché rimangono in piedi i tagli, solo rimandati di un anno, la possibilità di trasformare le Università in Fondazioni, a cui Gelmini non ha fatto alcun riferimento, ed i concorsi, per i quali il modello del sorteggio parziale ha già mostrato di essere fallimentare". A proposito dei concorsi, si sofferma sull'introduzione di quattro membri esterni alla commissione dei concorsi per docente e di due per quella di ricercatore. Per il sindacalista il dl non rappresenta il forte cambio di rotta richiesto da tutti, ma "significa, piuttosto, che ancora una volta i `baroni' hanno vinto. Per vincere parentopoli e corporativismi – ha detto il rappresentante dell'Andu - si sarebbe invece dovuto eliminare del tutto la presenza di membri interni, che sono la `madre' di tutti i nepotismi universitari, introducendo finalmente un sorteggio `puro' di soli membri esterni tutti sorteggiati".
Secondo Miraglia questo decreto non è la risposta che voleva il mondo universitario in mobilitazione: è piuttosto "un bruttissimo segnale per il futuro perché - sostiene - questi concorsi così formulati per il futuro rappresentano un segnale di inamovibilità". Giudizio negativo anche per la differenzazione di fondi e di turn over che il governo intende attuare in base ai parametri meritocratici di ogni singolo ateneo: "qualsiasi tipo di correzione - sottolinea Miraglia - avrebbe dovuto essere preceduta da un aggiustamento con preavviso in corso d'opera: il modello prospettato produrrà invece lo `spappolamento' del sistema nazionale e di salvaguardia di comune interesse".
Dure critiche sono piovute sul decreto d’urgenza sull’Università anche dall’opposizione politica. Emblematiche le parole di Antonio Di Pietro, leader dell'Idv, secondo il quale ormai "questo Governo lavora soltanto sui sondaggi e sulla propria immagine. Si e' accorto di aver fatto la pipì fuori dal vaso. E cosi ha ritirato un provvedimento che, è un autentico cesso". Per Di Pietro ormai il piano del Governo è chiaro: “la Gelmini guarda solo a togliere fondi, colpendo i più virtuosi. Una riforma cosi non può essere fatta dal Ministero delle finanze puramente su freddi calcoli. No è una cosa fatta male e del tutto inaccettabile".