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Tornano a crescere i dottorati, ma rispetto a 10 anni fa sono calati del 40%

Dalla nuova indagine dell’Adi, l’associazione dei dottori e dottorandi italiani, arriva la fotografia aggiornata dello stato dell’arte del del dottorato e della carriera dei giovani ricercatori in Italia.

07/12/2017
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Il Sole 24 Ore

Dalla nuova indagine dell’Adi, l’associazione dei dottori e dottorandi italiani, arriva la fotografia aggiornata dello stato dell’arte del del dottorato e della carriera dei giovani ricercatori in Italia.

I nuovi numeri 
I posti di dottorato banditi fanno registrare un trend in aumento. Nel 2017 tornano ai livelli del 2014, con 9250 posti a bando, +5.5% rispetto al 2016. In dieci anni si registra comunque una calo di posti a bando pari a 6483 posti (-41.2%). Resta però il nodo che un’alta concentrazione dell’offerta si concentra in 10 atenei (di cui 8 del Nord) che garantiscono il 42% dei posti a bando. In particolare il 49% dei posti è bandito dagli atenei del Nord, il 29% del Centro, il 21% del Sud. Insoma l’aumento dei posti di dottorato, non riequilibra le diseguaglianze fra nord, centro e sud. Tra le buone notizie l’indagine sottolinea come diminuiscano i posti di dottorato senza borsa, che passano dal 23.8% del 2016 al 17.7%. Si tratta del livello più basso di senza borsa dall’inizio delle rilevazioni di Adi. Aumentano di conseguenza i posti con borsa: nel 2017 sono 82.3% i posti di dottorato con borsa, il livello più alto dal 2010 (quando i posti con borsa erano il 61%).

Tassazione sul dottorato 
Aumenta il numero degli atenei statali che prevedono la tassazione per i dottorandi con borsa, dai 19 del 2016 a 21. Dodici di questi non prevedono alcuna fasciazione della tassazione in base al reddito. L’importo medio della tassazione è di poco superiore ai 600 euro, ma si registrano forti variazioni tra i diversi atenei. Si va da un minimo di 100 euro all’università di Udine ai 2.230,58 euro per l’università degli studi Mediterranea di Reggio Calabria. Per quanto riguarda i postdoc resta stabile il trend riguardo alla numerosità degli assegnisti di ricerca nell'università (poco più di 13.000). La concentrazione territoriale è consistente e segue solo in parte la dimensione degli atenei per personale e studenti. Il 58% degli assegnisti è al Nord , il 26% al centro, e il 20% al sud. Le prime 10 università per numero di assegnisti rappresentano il 48% del totale, tra questi atenei nessuno appartiene a regioni del Sud Italia.

Rappresentanza dei dottorandi e dei precari della ricerca 
La rappresentanza per dottorandi e precari della ricerca è estremamente disomogenea a livello nazionale.La rappresentanza dei dottorandi è accorpata il più delle volte a quella degli studenti, determinando una inevitabile penalizzazione. I dottorandi non sono rappresentanti nei consigli di corso di dottorato del 52% degli atenei italiani. Gli assegnisti di ricerca restano la categoria più penalizzata in tutti gli organi di rappresentanza: solo nell'8% dei casi godono di una rappresentanza nei senati accademici. Anche i ricercatori a tempo determinato sono penalizzati. Nel 70% dei casi non hanno rappresentanti nei CdA e nel 53% non ne hanno nei senati accademici. In molti casi non viene loro garantita la possibilità di eleggere il rettore. «L’assenza dei diritti di rappresentanza penalizza - avverte l’Adi - proprio le categorie universitarie più vulnerabili e precarie».