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Tribuna di Treviso-INSEGNANTI PIÙ IGNORANTI CON LA RIFORMA MORATTI

STOP ALLE GRADUATORIE INSEGNANTI PIÙ IGNORANTI CON LA RIFORMA MORATTI UMBERTO CURI ...

24/07/2004
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La Tribuna di Treviso

STOP ALLE GRADUATORIE
INSEGNANTI PIÙ IGNORANTI CON LA RIFORMA MORATTI
UMBERTO CURI


Come se già non bastassero i danni arrecati dai primi quattro decreti approvati, ora il ministro Moratti si accinge a varare un quinto decreto, in questo caso destinato a riformare le modalità di arruolamento degli insegnanti nelle scuole di ogni ordine e grado. Al solito, la presentazione proposta nei giorni scorsi alla stampa ha i toni dell'annuncio trionfalistico. Cancellazione delle graduatorie, chissà perché giudicate alla stregua di strumenti di vessazione dei malcapitati aspiranti ai ruoli dello Stato. Ingresso nel ruolo degli insegnanti consentito esclusivamente a coloro che siano in possesso di una apposita laurea specialistica, e che inoltre abbiano svolto alcuni mesi di praticantato presso alcune scuole. Programmazione del numero degli aspiranti, mediante l'introduzione del numero chiuso nei corsi di laurea specialistica che daranno accesso all'insegnamento. Ancora una volta, viene individuato un problema reale, per il quale da decenni si attende
una soluzione appropriata, ma si predispongono risposte inadeguate o del tutto sbagliate.
La questione dei criteri e delle forme di selezione degli insegnanti - e prima ancora, quello della loro formazione - si trascina ormai da decenni, senza che nessuno fra i governi che si sono succeduti sia riuscito a realizzare una riforma da tutti invocata.
Nella pratica, si era finora proceduto in questo modo. Le Università fornivano una preparazione scientifica e culturale generale di livello tutt'altro che trascurabile, anche se non specificamente orientata all'insegnamento. In un secondo momento, conseguita la laurea, gli aspiranti a questa professione finalizzavano più specificamente ciò che avevano imparato mediante lo studio personale, talora integrato da corsi di lezioni o cicli seminariali. L'arruolamento avveniva attraverso concorsi nazionali, banditi con periodicità del tutto discontinua, a intervalli sempre più lunghi. L'affinamento delle proprie capacità didattiche era poi di fatto assegnato a un'esperienza compiuta sul campo, nel vivo dell'attività scolastica, senza alcun preliminare tirocinio, salvo i casi di insegnamento nelle scuole materne ed elementari.
Il risultato di questi meccanismi era un insegnante mediamente ben preparato dal punto di vista culturale generale (certamente più preparato della media europea), ma in tutto o in parte ignaro della gran moda (di derivazione statunitense) della didattica, intesa come insieme di regole e di procedure per impostare e condurre l'insegnamento.
A torto o a ragione, infatti, si considerava ancora valida l'idea, suggerita nella formula impiegata dalla filosofia idealistica, secondo la quale "chi sa, sa anche insegnare", sicché l'importante non era conoscere i meccanismi tecnici dell'insegnamento (ammesso - e non concesso - che vi siano), quanto piuttosto essere in possesso delle conoscenze teoriche generali attinenti alle diverse materie.
La riforma proposta dalla Moratti capovolge questa impostazione. Non solo nel senso che ritiene indispensabile per tutti gli insegnanti un curriculum formativo specifico di pedagogia e didattica delle diverse discipline (cosa che in sé non sarebbe del tutto sbagliata), ma soprattutto nel senso che, in nome di questa formazione pedagogico-didattica, ridimensiona fino quasi a cancellare la preparazione dei futuri insegnanti sul piano scientifico e culturale generale.
La conseguenza di questo autentico obbrobrio è, per dirla in sintesi, che avremo come insegnanti tanti asini, bravissimi nel padroneggiare tecniche didattiche sofisticate. Incompetenti capaci di trasmettere bene il nulla. Poiché la laurea specialistica, che dovrebbe consentire un adeguato livello di approfondimento in termini culturali, sarà invece finalizzata a preparare tecnicamente i futuri insegnanti, si assisterà a un pauroso calo della qualità culturale media dei docenti, compensato dal fatto che essi, del tutto in astratto, dovrebbero essere in grado di insegnare in maniera tecnicamente più efficace.
L'aspetto più deprimente di tutta questa allarmante vicenda è, ancora una volta, la grossolanità, l'improvvisazione, la presunzione, con le quali si mette mano a una questione delicatissima, quale è quella della formazione degli insegnanti, importando una mentalità pseudoaziendalistica, che è del tutto aliena rispetto ai valori che dovrebbero essere alla base del mondo della scuola.
Insomma, un ennesimo - per la precisione, un quinto - delittuoso intervento di manomissione di ciò che resta del nostro sistema formativo. Per chi si ostina a non abbandonare l'impegno in un settore così strategico per la civiltà di un paese, un ennesimo durissimo colpo. Ma con la ferma volontà di non cedere alla tentazione di lasciare che i nuovi lanzichenecchi spadroneggino in un'Italia completamente morattizzata.
Umberto Curi