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Tuttoscuola-Ma l'Invalsi deve valutare le competenze degli allievi?

Ma l'Invalsi deve valutare le competenze degli allievi? Il prof. Bertagna, chiamato in causa da TuttoscuolaFOCUS, è intervenuto la settimana scorsa sul tema dei compiti dell'Invalsi in ord...

25/07/2005
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Tuttoscuola

Ma l'Invalsi deve valutare le competenze degli allievi?

Il prof. Bertagna, chiamato in causa da TuttoscuolaFOCUS, è intervenuto la settimana scorsa sul tema dei compiti dell'Invalsi in ordine alla valutazione delle competenze. L'Invalsi deve valutare le competenze degli allievi oppure ha altri compiti?

La Direttiva del Ministro dell'Istruzione del 6 maggio n.48, che ha indicato le linee di indirizzo della attività dell'Invalsi, al punto 4 prevede che l'Istituto cura "la valutazione di sistema e della qualità dell'offerta formativa che le istituzioni scolastiche realizzano nella loro autonomia, nel rispetto delle norme generali sull'istruzione"; cura, inoltre, la "valutazione delle conoscenze e delle abilità degli studenti (...).
Le aree disciplinari oggetto di valutazione nei tre anni scolastici di cui alla presente Direttiva sono italiano, matematica e scienze. La valutazione è incentrata non solo sulle conoscenze ma anche sulle abilità di problem solving, per rendere tendenzialmente comparabili i risultati con quelli delle indagini internazionali cui il nostro paese partecipa". Non si parla di valutazione e certificazione delle competenze, del resto riservate esplicitamente dalla legge n. 53/03 (art. 3, comma 1, punto a) ai docenti e all'autonomia delle istituzioni scolastiche.

L'Invalsi e i suoi compiti/1

Più complessa si presenta, invece, la questione relativa agli standard di prestazione relativa agli obiettivi specifici di apprendimento elencati nelle Indicazioni nazionali. Al riguardo si registrano due scuole di pensiero.

La prima ritiene che gli standard devono essere definiti e decisi a livello nazionale dall'Invalsi o dal Ministero, la seconda, ripresa da Bertagna, che questo compito non può essere, invece, risolto a priori, in maniera centralistica, cioè stabilendo, a Roma, quali devono essere gli standard di prestazione a cui tutti i ragazzi si devono poi adeguare. Si deve eseguire, al contrario, coinvolgendo attivamente le scuole e i docenti, ed avvalorando, come peraltro vuole la legge n. 59/97 e l'art. 117 della Costituzione, l'autonomia delle istituzioni scolastiche e dei docenti.

In particolare, il prof Bertagna, prevede: "a) che i docenti accompagnino sempre gli obiettivi formativi delle loro unità di apprendimento con i relativi standard di prestazione (così come è richiesto dalle Indicazioni nazionali); b) che l'Invalsi individui un campione di scuole rappresentativo a livello nazionale, da monitorare nel tempo, con cui interloquire in maniera sistematica e da cui ricavare informazioni sugli standard di prestazione effettivamente raggiunti dai ragazzi negli obiettivi formativi delle diverse unità di apprendimento predisposte dai docenti sulla base degli obiettivi specifici di apprendimento presentati nelle Indicazioni nazionali; all'Invalsi sarà più facile, e anche corretto, poi, a partire da questi standard reali, ricavare prove universali sulle conoscenze e abilità con standard di prestazione attesi nazionali che non siano né troppo bassi, né troppo alti rispetto alla media del campione, ma opportuni.

L'Invalsi e i suoi compiti/2

La Direttiva (punto 4, 3° ultimo capoverso) affida all'Invalsi il compito di definire "procedure di determinazione di standard di prestazione attesi, di progettazione, somministrazione e correzione delle prove nazionali che garantiscano la trasparenza, l'imparzialità e la correttezza di tutte le fasi suddette, in modo da conseguire risultati affidabili sul piano scientifico; tali procedure una volta definite devono essere oggetto di ampia diffusione nel mondo della scuola e rientrare nei programmi di formazione di cui ai punti precedenti".

La Direttiva non scegliendo una delle due ipotesi, sembra che abbia voluto affidare alla responsabilità scientifica dell'Invalsi di decidere quale delle due procedure sia scientificamente migliore e, allo stesso tempo, più rispettosa, da un lato, dell'autonomia delle istituzioni scolastiche e, dall'altro lato, del principio "di favorire la crescita e la valorizzazione della persona umana, nel rispetto dei ritmi dell'età evolutiva, delle differenze e dell'identità di ciascuno e delle scelte educative della famiglia, nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori" (art. 1, co. 1 della legge n. 53/03).