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N. 101, 28 aprile 2003
SOMMARIO
1. Contratto: e' rischio mobilitazione
2. RSU nella scuola: saranno ridimensionate?
3. La disputa sul liceo tecnologico
4. Il Manifesto di Beniamino
5. Il Veneto e la quota regionale dei curricoli
6. Diritto allo studio versus buoni scuola/1: fallito il referendum in
Liguria
7. Diritto allo studio versus buoni scuola/2: questioni di principio
8. Francia: un libro-provocazione del ministro Ferry
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le altre notizie di TuttoscuolaFOCUS n.5/101:
Trasferimenti: non si potranno chiedere prima di 2 anni
La carriera degli insegnanti/1: una proposta che divide
La carriera degli insegnanti/2: qual e' la proposta sindacale?
Autonomia delle scuole: la riforma la riduce o no?
Per saperne di piu': https://www.tuttoscuola.com/focus
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1. Contratto: e' rischio mobilitazione
La ripresa della trattativa contrattuale per la scuola, dopo la
sospensione per verificare le disponibilita' effettive di risorse
finanziarie, ha riservato piu' di una sorpresa. L'Aran, l'agenzia che
rappresenta i settori pubblici nelle negoziazioni, si e' presentata
con nuove proposte, diverse, se non in taluni casi diametralmente
opposte, a quelle attese.
Evidentemente i mesi di sospensione della trattativa sono serviti
anche a rivedere aspetti normativi del contratto, alla luce
soprattutto della riforma della scuola appena approvata.
I sindacati hanno considerato la mossa dell'Aran un "cambiamento delle
carte in tavola", anche perche' certe proposte tendono a
ridimensionare proprio il ruolo sindacale e di rappresentanza dei
lavoratori della scuola.
Snals e Cgil-scuola hanno gia' ipotizzato una mobilitazione della
categoria, se non verranno modificate radicalmente le proposte
avanzate dall'Aran sulla base delle note di indirizzo pervenute dal
Comitato di settore (gruppo di ministri preposto ai contratti
pubblici).
Non meno dura la posizione della Cisl-scuola che dagli ampi resoconti
riportati (www.cislscuola.it) fa emergere un chiaro e netto dissenso
sulle proposte.
Tra le materie di maggior frizione, le relazioni sindacali e le
competenze delle RSU, gli sviluppi di carriera dei docenti. E i tempi
per la chiusura del contratto a questo punto sembrano allungarsi
parecchio.
2. RSU nella scuola: saranno ridimensionate?
L'Aran propone un forte ridimensionamento delle RSU presenti nella
scuola: poche materie (quattro) rispetto alle attuali dieci (
https://www.tuttoscuola.com/ts_news_101-1.doc
), e ampliamento del ruolo del dirigente scolastico.
Una modifica che si colloca nella logica, anch'essa compresa tra le
proposte dell'Aran, del contenimento delle relazioni sindacali tra
Amministrazione scolastica e sindacati.
La proposta era stata ventilata da tempo da vari esponenti della
maggioranza che, anche in ambito parlamentare, avevano propugnato per
la scuola l'esclusione delle RSU, in ragione della specificita' di un
settore, che, unico, rispetto ad altri comparti pubblici, ha forme
consolidate di rappresentanza (dei docenti e dei genitori) che
rischiano di essere relegate a ruoli subalterni.
Le rappresentanze sindacali unitarie nella scuola sono state le ultime
ad essere costituite, rispetto a tutti i comparti pubblici. Solamente
alla fine del 2000, quando in tutti gli altri settori si erano gia'
svolte da piu' di un anno le elezioni interne e si erano costituite le
RSU, anche la scuola si e' data questa particolare forma di
rappresentanza, essendosi costituite, con l'autonomia delle scuole e
la dirigenza scolastica, le condizioni necessarie per la
contrattazione integrativa.
Dopo una prima individuazione di competenze da assegnare alla
contrattazione integrativa di istituto, venuta con il contratto del
1999, altre e piu' ampie competenze sono state assegnate dal contratto
biennale del 2001.
A salutare favorevolmente l'intervento sulle RSU potrebbero essere i
dirigenti scolastici, molti dei quali si sono lamentati in questo
biennio delle difficolta' di rapporti, dichiarando (il piu' delle
volte sotto voce) di sentirsi con le mani legate nel loro ruolo di
responsabili dei risultati scolastici.
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3. La disputa sul liceo tecnologico
Ci sara' un solo liceo tecnologico, o esso si articolera' in vari
indirizzi, come peraltro consentirebbe di fare l'art. 2 della riforma
Moratti? La sorte degli istituti tecnici industriali sembra essere la
chiave di volta dell'intero progetto di riorganizzazione dell'offerta
di percorsi di istruzione e formazione che costituiscono nel loro
insieme il "secondo ciclo" previsto dalla riforma.
Lo si e' ben visto a fine febbraio a Fiuggi, in occasione della
riunione della commissione nominata dal Ministro per discutere
sull'identita' e sulle finalita' degli 8 licei indicati dalla legge, e
dal dibattito che ne e' seguito, tuttora in pieno svolgimento.
Quali gli "schieramenti" in campo? Da una parte si collocano,
capeggiati da Giuseppe Bertagna, i licealisti "puri", sostenitori
della "intrinseca propedeuticita'" degli studi liceali, e del
primato della "theoria", ovvero del conoscere fine a se stesso. Se
vincera' questa tesi, ci sara' un solo liceo tecnologico, con
caratteristiche riconducibili a quelle del liceo
scientifico-tecnologico gia' sperimentato nell'ambito del progetto
Brocca, e quindi con nessuna declinazione di tipo settoriale e
operativo. Ne risultera' un grande spazio per il canale professionale.
L'altro partito, capeggiato da Confindustria, sostiene invece
l'articolazione del liceo tecnologico in piu' indirizzi, fino a 6-7,
con chiare connotazioni settoriali (meccanica, elettronica, chimica
ecc.) e un certo grado di "conclusivita'" (e poco spazio per il canale
professionale: molti IPSIA seguirebbero gli ITI nel canale liceale
"articolato").
La partita, nelle mani del Governo, e' importante (basti pensare che i
soli istituti tecnici accolgono 935 mila studenti, il 38% dell'intera
popolazione delle superiori) e del tutto aperta: si tratta di capire
se in Italia nascera' un canale professionale ampio e diversificato,
erede dell'istruzione tecnica e professionale, o se sotto l'ampio
mantello della "licealita'" troveranno rifugio praticamente tutti
gli istituti tecnici e molti professionali, ulteriormente
deprofessionalizzati, in fuga dalla prospettiva della
regionalizzazione, vissuta come una "diminutio" e un salto nel buio.
4. Il Manifesto di Beniamino
Ci sono riformatori che hanno la "sindrome del gambero": vorrebbero
cioe' tornare al passato, o recuperare vecchie proposte, spacciandole
per nuove. Con chi ce l'ha Beniamino Brocca, gia' a lungo parlamentare
della DC, sottosegretario al ministero della Pubblica Istruzione dal
1987 al 1992, e attuale responsabile scuola dell'UDC, quando evoca il
rischio di questa sindrome? Un suo recente libro, dall'impegnativo
titolo "Manifesto della riforma", pubblicato in coincidenza con
l'approvazione della riforma Moratti, offre una risposta chiara: nel
mirino dell'esponente UDC non sta tanto l'opposizione parlamentare,
quanto alcune proposte tecnico-politiche che circolano negli ambienti
della maggioranza, e che costituirebbero a suo avviso non un
avanzamento ma il suo esatto contrario.
Ecco qualche esempio, tratto dalla postfazione al volume (dulcis in
fundo o venenum in cauda, a seconda dei punti di vista.): l'anticipo
dell'eta' di iscrizione, gia' proposta e scartata nel 1970; la
riduzione dei cicli a due, a suo tempo sostenuta in una proposta di
legge del PCI (1977); la scansione biennale dei programmi e della
ammissione al periodo successivo intesa come sbarramento anziche' come
modulazione didattica (qui il bersaglio sembra Bertagna, oltre che una
analoga proposta del PCI del 1984); il ritorno della "maestra dalla
penna rossa", ora chiamata "prevalente", che segna "un arretramento di
circa 17 anni" (cioe' a prima dei programmi sperimentali Falcucci del
1985) dell'evoluzione della scuola elementare.
In positivo, Brocca propone una strategia, ispirata ad alcune linee
guida (flessibilita', sussidiarieta', quotabilita', professionalita'),
sulla quale sarebbe a suo giudizio opportuno un dibattito in
Parlamento, riunito in sessione straordinaria. Ma, viste le prese di
posizione di Brocca, e' probabile che il dibattito inizi a livello di
segreterie politiche prima ancora che in Parlamento.
5. Il Veneto e la quota regionale dei curricoli
Il regolamento sull'autonomia scolastica (Dpr 275/1999) prevede che
una quota del curricolo obbligatorio d'insegnamento sia riservato alle
istituzioni scolastiche. Il ministro De Mauro aveva quantificato nel
15% la quota. Ora pero' gli "appetiti" sulla scuola sono aumentati in
forza della legge 3/2001 che ha modificato l'art. 117 della
Costituzione, al punto che la stessa legge Moratti ha dovuto tenerne
conto prevedendo che "i piani di studio personalizzati, nel rispetto
dell'autonomia delle istituzioni scolastiche, contengono un nucleo
fondamentale, omogeneo su base nazionale, che rispecchia la cultura,
le tradizioni e l'identita' nazionale, e prevedono una quota,
riservata alle regioni, relativa agli aspetti di interesse specifico
delle stesse, anche collegata con le realta' locali" (art. 2 legge
53/2003 di delega al Governo per la riforma del sistema di istruzione
e formazione).
E il legame tra la scuola e il governo regionale e' destinato a
rafforzarsi ulteriormente nel caso venga approvata la "devoluzione"
che assegnera' alle Regioni nuovi spazi e dirette competenze in
materia scolastica.
E proprio in questa logica intende collocarsi l'iniziativa della
Regione Veneto di un libro per gli alunni della scuola elementare, di
cui abbiamo riferito nella precedente edizione, non tanto per
"lanciare il dialetto veneto", come ha voluto precisarci l'assessore
regionale all'istruzione Ermanno Serrajotto (
https://www.tuttoscuola.com/ts_news_101-2.doc
), ma "per recuperare quei valori collegati alla storia regionale,
alla lingua locale e alle tradizioni che sono assenti dai libri di
storia utilizzati dai programmi ministeriali. Un aiuto sul piano
didattico offerto ad insegnanti gia' da tempo impegnati su queste
tematiche inserite nei piani di offerta formativa perche' rispondenti
agli interessi e alla sensibilita' degli allievi e del territorio".
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6. Diritto allo studio versus buoni scuola/1: fallito il referendum in
Liguria
In Liguria si assegneranno ancora i buoni scuola alle famiglie. Non ha
raggiunto il quorum, infatti, il referendum abrogativo della legge
regionale che li ha istituiti (approvata dalla giunta di centrodestra
nel 2002), promosso da forze politiche e sindacali di sinistra, e
svoltosi il 27 aprile. E' andato a votare infatti solo il 24% degli
aventi diritto. Un risultato non dissimile si era registrato in Veneto
nell'ottobre scorso per un altro referendum abrogativo di una legge
regionale sui buoni scuola (voto' solo il 21% degli elettori).
Nel 2002 i 3.040 buoni scuola erogati dalla regione Liguria sono stati
assegnati tutti a famiglie di studenti iscritti alle scuole private
paritarie: da 300 a 1.000 euro per rimborsare fino al 50% delle spese
di iscrizione e frequenza. Cio' e' accaduto perche' la legge regionale
ligure ha stabilito una franchigia di 300 euro: una somma troppo
elevata per gli allievi delle scuole statali, ma nettamente inferiore
alle rette richieste dalle scuole non statali.
La Cgil Scuola ligure e altre organizzazioni hanno annunciato
l'intenzione di promuovere altri referendum in tutte le regioni che
hanno approvato leggi che escludono di fatto gli allievi delle scuole
statali: viene denunciata l'incostituzionalita' di norme che aggirano
il divieto di finanziare le scuole private ("senza oneri per lo
Stato") sancito dall'art. 33 della Costituzione. Viceversa non vengono
mosse obiezioni alle regioni, come l'Emilia-Romagna, che non fanno
distinzioni tra allievi di scuole statali e non, poiche' collegano le
sovvenzioni alla condizione economica della famiglia.
Bisognera' vedere se ora questo secondo insuccesso - intorno al quale
non sono mancate le polemiche, sia per la collocazione del voto in un
periodo di ponti festivi, sia per il deciso invito all'astensione da
parte dell'arcivescovo di Genova Tarcisio Bertone - condizionera' le
prossime iniziative referendarie sui buoni scuola.
7. Diritto allo studio versus buoni scuola/2: questioni di principio
Ma qual e' la natura dei "buoni studio"? Quanto ai fini, e' possibile
individuare almeno tre grandi categorie: sostenere le famiglie per
ridurre i costi per l'istruzione, sostenere le scuole per ampliarne le
risorse oltre l'eventuale dotazione di base, introdurre concorrenza
tra scuole, sia a gestione pubblica che privata.
Un principio va ricordato: attraverso la scuola lo Stato realizza il
suo compito (art. 3 Costituzione) di rimuovere gli ostacoli di ordine
economico e sociale che, limitando di fatto la liberta' e
l'eguaglianza dei cittadini, impediscono l'effettiva partecipazione di
tutti all'organizzazione politica, economica e sociale del paese. E
dunque i buoni scuola appartengono alla sfera del "diritto allo
studio", che la stessa Costituzione (art. 34) estende agli allievi
delle scuole non statali, o sono una forma surrettizia di
finanziamento di queste ultime? Ancora una volta si ripresenta in
Italia la questione del finanziamento del sistema di istruzione, che
solo la modifica della Costituzione (con l'abrogazione del "senza
oneri") potrebbe risolvere in modo compiuto, rinviando le decisioni
sul se e sul chi finanziare a leggi ordinarie.
A meno di battere la strada radicalmente alternativa, sostenuta da
tempo da Dario Antiseri, di convertire l'intera spesa statale per
l'istruzione in "buoni studio" per tutte le famiglie, che poi
sceglierebbero liberamente la scuola preferita. Una soluzione,
sperimentata soprattutto negli USA, che finora - pur raccogliendo
molte adesioni di principio - nessuna forza politica ha seriamente
sposato, anche perche' nessuno ha elaborato una proposta operativa che
partendo dall'analisi dei ruoli degli interlocutori istituzionali
(stato, regioni, province e comuni), per ciascuno dei quali
evidenziare vincoli e opportunita', procedesse alla definizione del
quadro attraverso un uso mirato di tutti gli strumenti che la
normativa scolastica e generale rendono disponibili (un'analisi
approfondita delle ragioni del buono scuola e' contenuta
nell'intervento del prof. Antiseri sul numero di settembre 2002 di
Tuttoscuola).
8. Francia: un libro-provocazione del ministro Ferry
Doveva essere inviato agli 800.000 insegnanti francesi il 22 marzo, ma
la guerra in Irak ed altre vicende interne hanno consigliato di
rinviare al 17 aprile la distribuzione del libro scritto dal ministro
dell'educazione francese, Luc Ferry, in vista del dibattito che si
svolgera' in Parlamento nel mese di giugno. Il libro, intitolato
"Lettre a' ceux qui aiment l'e'cole", ha l'obiettivo di stimolare il
dibattito soprattutto tra gli insegnanti, chiamati a riscattare la
scuola francese dalla mediocrita' nella quale a suo giudizio essa e'
caduta (vengono citati i dati comparativi di fonte OCSE).
Ma chi e' il responsabile dell'istruzione d'oltralpe? Diventato
ministro quasi per caso nella crisi seguita alle dimissioni del
governo Jospin (presiedeva la commissione nazionale per la riforma dei
programmi) il "tecnico" Luc Ferry non solo e' stato confermato nel suo
incarico dopo le elezioni trionfalmente vinte da Chirac, ma ha messo
in cantiere una quantita' di progetti in quasi tutti i settori: dalla
riforma dell'amministrazione (in direzione del decentramento) alla
formazione e al reclutamento dei docenti, dal ristabilimento della
disciplina in classe alla riforma delle ZEP (Zones d'e'ducation
prioritaires), rivelatesi spesso inefficaci, oltre che costose.
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Ed ecco le altre notizie di TuttoscuolaFOCUS n.5/101:
Trasferimenti: non si potranno chiedere prima di 2 anni
La legge di riforma (n. 53/03) prevede, all'articolo 3, che gli
insegnanti, anche al fine di garantire la continuita' didattica,
permangano nella stessa sede di servizio per un congruo periodo di
tempo.
In altre parole i docenti non potranno piu' richiedere il
trasferimento ad altra sede di servizio, se non (.)
https://www.tuttoscuola.com/focus
La carriera degli insegnanti/1: una proposta che divide
Un'altra delle ragioni del dissenso sindacale alle proposte dell'Aran
e' quella relativa all'ipotesi di riconoscere progressioni di carriera
dei docenti sulla base dei livelli di apprendimento dagli alunni.
Il testo dell'art. 9 della bozza di proposta dell'Aran che
pubblichiamo (.) https://www.tuttoscuola.com/focus
La carriera degli insegnanti/2: qual e' la proposta sindacale?
I sindacati hanno dunque detto di no alla proposta dell'Aran per la
carriera dei docenti, in quanto si baserebbe sui livelli di
apprendimento conseguiti dagli alunni, cioe' su una situazione al cui
conseguimento concorrono diversi insegnanti e diverse cause.
Dire di no, in questo caso, e' piuttosto facile. Ma, al posto del no,
il sindacato cosa propone? (.) https://www.tuttoscuola.com/focus
Autonomia delle scuole: la riforma la riduce o no?
La riforma Moratti rafforza o rischia di restringere l'autonomia delle
scuole? All'interno del testo della legge delega per la riforma del
sistema di istruzione e di formazione, l'autonomia delle istituzioni
scolastiche e' richiamata per ben cinque volte, affermandone
solennemente la coerenza, (.) https://www.tuttoscuola.com/focus
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