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Una cattedra per Cettina, diplomata 40 anni fa: «Non tolgo niente a nessuno»

Ha 57 anni e ha fatto la casalinga, crescendo 4 figli. Ma se il Consiglio di Stato dovesse decidere a favore dei diplomati magistrali, andrà a insegnare. Il 15 novembre riunione plenaria, sentenza attesa per dicembre. «Andrei anche a Venezia, mio marito mi segue»

15/11/2017
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Corriere della sera

Ha 57 anni, non ha mai insegnato un solo giorno, si è diplomata nel 1978, ma adesso ha ottime chance di entrare in ruolo: è una delle migliaia di diplomati magistrali in attesa della sentenza del Consiglio di Stato che dovrebbe dire la parola definitiva sui ricorsi di tutti quelli che chiedono il riconoscimento dell’abilitazione e quindi il diritto a entrare nelle Gae, le graduatorie ad esaurimento. In tempi di laureati iperspecializzati e selezioni severissime, Cettina Sciacca ha tenacia e grinta da vendere e non si fa scoraggiare: «È vero, ho fatto la casalinga, ma ho cresciuto 4 figli, due hanno studiato filosofia e due medicina. Ho sempre amato la cultura, e leggo tantissimo. Mica dico di essere più brava dei laureati...Però anche io ho le mie possibilità, lo Stato me le dà , e non vedo perché non dovrei coglierle».

«Le mie amiche sono già stanche, io sono pronta a iniziare»

Cettina non sapeva niente di titoli abilitanti e graduatorie, è stata sua figlia, qualche anno fa, a indirizzarla: «Eh, quella laureata in filosofia, che frequentava il Tfa per abilitarsi. Mi ha detto: mamma, col tuo diploma lo sai che potresti insegnare? Allora mi sono informata, ho presentato prima un ricorso a Catania, che è stato respinto, poi a Messina, ed è andata bene. Per avere qualche possibilità in più, mi sono iscritta alle graduatorie di Venezia». E la famiglia? «Mio marito è medico, sta per andare in pensione, ormai ho i figli grandi, ha detto che mi segue e che dopo tanti anni in cui io ho aiutato lui, sarà lui a sostenere me». Ma se dovessero darle una cattedra, non si sentirebbe un po’ fuori posto, con tutti i docenti preparati che faticano a trovare lavoro? «No, nel modo più assoluto: ho sempre letto, dipinto, trasmesso l’amore per la cultura a qualsiasi ragazzo che ho incontrato, ora ho un nipotino e lo aiuto, mi piace insegnare e educare. E lo sa che le dico? Io ho delle mie amiche più grandi ancora insegnano alla scuola dell’infanzia, ma sono già stanche: invece io no, mi sento forte, piena di energia, con l’esperienza che ho acquisito non mi fa paura più niente, nel modo più assoluto».

«Riconosco i meriti dei giovani, ma non togliamo niente a nessuno»

Cettina ha anche tentato il concorso, edizione 2016, per maestri d’infanzia ed elementari, ed è risultata idonea, ma non è entrata in ruolo perché era oltre il 10% previsto dal bando, ovvero superava la quota massima di docenti che potevano essere assunti. «È stata dura riprendere i libri, è vero, ma io le basi ce l’avevo, che crede? I vecchi diplomi di una volta erano tostissimi, studiavamo psicologia, pedagogia...Grazie ai miei insegnanti, che erano preparatissimi, mi sono innamorata dei libri, leggo ancora tanto, soprattutto classici». E la tecnologia, non la spaventa? Come se la cava coi computer? «Eh, anche lì: all’inizio non ci capivo niente: ma pi piano piano ho imparato, un po’ i miei figli, un po’ la mia testa dura, e alla fine ora vuol sapere? Sono l’amministratrice di un gruppo di 2500 persone, dedicato alla tutela per idonei infanzia e primaria concorso 2016 oltre il 10%». Cettina, testarda e convinta, va avanti come un treno, e non teme i giudizi dei laureati, che stanno conducendo una battaglia contro i diplomati magistrali che potrebbero soffiargli il posto:«Io riconosco i meriti di questi giovani, tutti potrebbero essere miei figli, non ho niente in contrario, ma anche loro dovrebbero avere rispetto per me: non togliamo niente a nessuno».

La sentenza

Nell’agosto scorso risultavano iscritti complessivamente 67.622 docenti nelle graduatorie ad esaurimento dell’infanzia e 57.369 in quelle della primaria, ma moltissimi di loro ( circa 60 mila in tutto) sono stati iscritti con riserva in seguito a sentenze favorevoli del Tar: in moltissimi casi si tratta di semplici diplomati magistrali, che hanno preso la maturità entro il 2001-02 e quindi conseguito un titolo «abilitante». Ed è su di loro che pende la decisione del Consiglio di Stato, che mercoledì si riunirà in plenaria per discutere della sentenza, attesa per dicembre, che dovrebbe fare da apripista. O dentro o fuori, sarà in sostanza il verdetto dei giudici amministrativi.

Il bivio

Se verranno lasciati nelle graduatorie, saranno loro a insegnare nelle classi delle scuole d’infanzia e primaria dei nostri figli e nipoti: secondo una stima di Tuttoscuola, ci vorranno circa 41 anni di attesa per i docenti dell’infanzia e 14 per quelli della primaria prima di poter esaurire le graduatorie. Molti di loro non hanno mai insegnato, non hanno quelle competenze digitali e linguistiche richieste oggi agli insegnanti, ma avranno diritto a una cattedra. Se invece verranno «bocciati», allora la scuola potrà aprirsi alle nuove energie e competenze che gli ultimi ministri, da Profumo a Fedeli, hanno invocato, pur lasciando sul campo molti «feriti», ovvero i supplenti di tanti e tanti anni che aspettano un giusto riconoscimento al servizio svolto in classe.


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