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«Una manovra iniqua e inefficace, lo sciopero dà voce a tutto il Paese»

Intervista a Guglielmo Epifani. L’ex segretario confederale: «Nonostante lo smontaggio il cuore della finanziaria è rimasto lo stesso, chi ha di più non paga nulla. Un unicum paradossale: non si salvano i conti ma si producono molte ingiustizie»

04/09/2011
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l'Unità

Jolanda Bufalini

Il ministro Tremonti ha chiesto di portarsi a casa come souvenir il cartello che lo ha accolto alle Acli, con la pepita d’oro di un raro congiuntivo: “Anche i ricchi paghino”. Guglielmo Epifani non trova per niente divertente la scenetta.

«È una scena che fa parte del teatrino allestito dalla maggioranza, purtroppo però stiamo vivendo uno dei momenti più drammatici nella vita del paese con il governo è in totale confusione».

Non dà alcun credito alla nuova veste anti-ricchi, anti-evasori di Tremonti? «Il cuore della manovra non è cambiato, per quanto si dica ogni giorno che la manovra cambia, il cuore è rimasto lo stesso, chi ha di più non paga. Con questa manovra l’imprenditore Berlusconi non pagherebbe un euro in più, chi guadagna milioni di euro non paga».

Non c’è differenza fra Berlusconi e Tremonti? «Tremonti vorrebbe una manovra diversa da Berlusconi e, forse, dalla Lega, ma il risultato di questa confusione è un unicum che non ha precedenti in alcun paese: una manovra abborracciata e inefficace per la salvaguardia dei conti pubblici e, per di più, iniqua e incapace di stimolare lo sviluppo ».

Perché iniqua? «Perché chi ha meno paga tutto il conto, non una parte ma tutto. In modo diretto e in modo indiretto, attraverso i tagli a enti locali e assistenza. Anche l’ipotesi di aumentare, addirittura di due punti l’Iva, portandola al 22 %, per di più in autunno, quando i prezzi tendono ad aumentare, significa scaricare sulle fasce popolari la manovra, creando tensioni nel paese».

E niente sviluppo? «Si colpiscono la cooperazione e le energie rinnovabili, anche la promessa riforma del patto di stabilità è un imbroglio, le norme che avrebbero dovuto modificare la precedente manovra sono farraginose e inapplicabili, i comuni che hanno soldi da investire, a saldi invariati, per interventi pubblici sulle infrastrutture non possono spenderli».

Però le festività laiche sono state ripristinate e anche le tredicesime sono salve «Ma il cuore della manovra resta iniquo, abolire le festività che simboleggiano l’identità nazionale è un’assurdità che non ha retto. A Obama non verrebbe mai in mente di abolire il 4 luglio, Sarkozy non cancellerebbe mai il 14 luglio, solo in Italia si è raggiunto questo grado di follia».

Restano in piedi le ragioni dello sciopero? «Certo, e bisogna mettere nel conto anche la volontà del ministro Sacconi di azzerare, destrutturare i diritti del lavoro...»

L’articolo 8 della manovra. «Esattamente, nulla a che vedere con i conti pubblici, tanto è vero che il direttore generale di Confindustria Giampaolo Galli ha dichiarato che l’articolo 8 crea più problemi che vantaggi. Perché qui non si tratta di modernizzare le relazioni sindacali ma di colpire simbolicamente i diritti del lavoro».

E però lo sciopero indetto dalla sola Cgil non rischia di spaccare il sindacato e fare un favore al governo? «Abbiamo ricevuto due tipi di critiche, il primo è relativo ai tempi ma chiunque capisce che uno sciopero a manovra conclusa non avrebbe avuto senso. Quanto al rischio di divisioni, sono convinto del contrario, l’iniziativa della Cgil aggrega, Cisl e Uil sono mobilitate a loro modo, i loro volantini negli uffici pubblici sono gli stessi della Cgil, i metalmeccanici della Cisl in alcune realtà scendono in piazza il 6 settembre, la proposta della Cgil è diventata senso comune nel paese e tutto questo è positivo anche per evitare una deriva greca, per governare la protesta».

 A luglio,con l’appello al governo delle parti sociali, si era raggiunto un altro, più alto livello di unità. «Il valore di quella richiesta al governo di fare presto resta, al di là delle differenze di opinioni, si ritrova anche ora lo spirito di allora. Bisogna considerare che, in questo momento,ognuno fa per sé, Confindustria non dice nulla sulle cooperative o sulle feste, mentre sulla questione delle festività si è mobilitato il comparto del turismo, anche nel mondo delle imprese ci sono differenze di interessi».

Tornando ai conti pubblici, anche le proposte dell’opposizione non sono indenni da critiche, penso agli articoli di Boeri critici verso Bersani, mancano all’appello - si dice - in quei conti, molti milioni di euro. «Le responsabilità non sono uguali e non solo sul piano formale. Stare al governo significa anche avere strumenti, elementi di conoscenza, relazioni con le istituzioni europee. Per esempio, nessuno sa cosa contenga precisamente la famosa lettera della Bce al governo. È normale che la proposta dell’opposizione non sia precisa come quando si governa, mentre il comportamento dell’esecutivo che monta e smonta non crea il clima necessario, rende non facile farsi tutti carico di una quota di impopolarità. Per questo ci vorrebbe un nuovo governo».

Lei sarebbe per una patrimoniale? «Sì, perché questa manovra non chiede nulla a chi ha di più, se si fa eccezione per le pensioni più alte e per gli alti incarichi pubblici, anche persone come Montezemolo e De Benedetti criticano questa impostazione. E negli immobili c’è una parte preponderante della ricchezza, per quattro trilioni e mezzo di euro. Una imposta sui grandi patrimoni immobiliari a bassissima aliquota sarebbe giusta e efficace».

Effettivamente non si capisce perché, a parità di reddito, sia colpito chi lavora nel pubblico e non  chi è nel privato. «E infatti l’associazione dei magistrati solleva un principio di legittimità. Il problema è che la continuità della manovra sta nel fatto che non viene colpito chi va colpito. Anche la tassa di solidarietà andava modulata, tenendo conto, per esempio, del carico familiare ma non cancellata».

Però c’è l’annuncio della lotta all’evasione «Mah, dopo tutti i condoni fatti da Tremonti e, forse, l’annuncio di un altro condono... La lotta all’evasione è sacrosanta ma non porta risultati in un anno, e questo renderà inevitabile un’altra manovra, forse a dicembre. È così che questo governo, al di là dei litigi interni, salvaguarda la propria sopravvivenza, non affrontando i problemi del Paese».