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Unità-Addio sapere in testa, ora c'è quello in tasca: Nel telefonino

L'anno solare regola le stagioni, quello scolastico cadenza la vita. Si risveglia il pulsare nevrotico delle città, il richiamo ai doveri di ogni giorno, l'ansia di giungere puntuali. Torna a farsi v...

09/01/2006
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l'Unità

L'anno solare regola le stagioni, quello scolastico cadenza la vita. Si risveglia il pulsare nevrotico delle città, il richiamo ai doveri di ogni giorno, l'ansia di giungere puntuali. Torna a farsi vivo, per insegnanti e alunni, prima ancora che nella sua realtà concreta, il pensiero della scuola. Il suo essere nella società. Postmoderna. Globalizzata. Massmediatica. Turbocapitalistica.
Il suo collocarsi dentro il mondo, che un tempo, negli anni inquieti della ribellione e del rifiuto, si voleva radicalmente cambiare e oggi invece si accetta nella sua totalità, affermando la necessità di non essere esclusi da nessuna delle sue forme. Di assaggiare e divorare ogni sua manifestazione.
Dall'anoressia degli anni '70 alla bulimia del presente.
Per noi insegnanti di oggi che siamo stati ragazzi di allora è complicato. Tuttavia la nostra sensibilità, col tempo, si va progressivamente "educando" e avvicinando a quella dei nostri studenti, che magari non sono in grado di sviluppare analisi sociologiche, ma hanno antenne sensibilissime per captare i segnali.
I ragazzi conoscono la realtà molto meglio di chi vorrebbe insegnargliela, e vi si adattano con un grado di flessibilità che non rinuncia all'orgoglio della scelta, ma sanno che oggi "primum" è sopravvivere. Ragazzi che un osservatore acuto come Ilvo Diamanti con una formula felice definisce "anfibi", capaci di adattarsi alla mutevolezza e precarietà della realtà conservando tuttavia la loro integrità. La loro dignità.
Anche se desiderano diventare "veline" o "amici" di Maria de Filippi. È come se in loro la futilità del mondo contemporaneo si "sdoganasse" e riacquistasse legittimità nelle storie personali.
La loro singola individualità, l'umanità, rianima il mondo vacuo delle apparenze, in una sorta di "meticciato" culturale e ideologico, che contamina l'alto e il basso. La marcia no-global e il Grande Fratello. Insieme.
Un po' "anfibio" o "meticcio" col tempo sono diventato anch'io. Mi adatto all'acqua e alla terra. Mi mescolo fra loro, curioso nel loro mondo, mi sembra un po' di abitarlo, di provare le loro emozioni.
Anche la mia severità si è attenuata. Sono più tollerante, più paziente. Un tempo attribuivo alla cultura storica e letteraria un'importanza capitale per capire il mondo, oggi mi sembra invece che i mondi siano tanti, e che io stesso ho bisogno di un atto di umiltà per osservarli e comprenderli. È come se la scuola, quella che abita nell'animo di ciascuno di noi, fosse meno "scuola" per me, nel senso classico del termine. Ne avverto meno il peso, spero di trasmetterne meno il carattere oppressivo.
Viviamo il tempo della massima informazione. Fra qualche anno, grazie a Google, avremo accesso alla lettura diretta di milioni di libri delle più grandi biblioteche del mondo. Tutto il sapere dell'universo sarà a portata di mano. Questo parzialmente ci deresponsabilizzerà dallo studio di quei testi, perché in qualsiasi circostanza sapremo quando e come cercarli. Grazie ai telefonini non ce l'avremo in testa ma in tasca il sapere dell'universo, i cui dati incessantemente, richiamati all'occorrenza, navigheranno nella rete da un angolo all'altro del mondo.
Non so se è un bene o un male, ma è una realtà con cui faremo i conti. Come insegnanti, più che definire la rotta o fissare gli approdi, dovremo fornirci noi stessi di una bussola per navigare in questo mare sconosciuto.
Oggi sono più vicino ai miei studenti perché so che con loro condivido l'identico sentimento di precarietà dei tempi, che ci fa oscillare tra la necessità della navigazione e la percezione del possibile naufragio.
Ci vuole coraggio per affrontare il mare. L'insidia è la pigrizia, l'atteggiamento regressivo, la sirena del passato, anche seducente, che ci vorrebbe incantare e trattenere. Ma il pericolo, del resto, è anche l'idea del futuro come "folle volo" nel tempo. Senza adeguata attrezzatura. Senza la memoria di ciò che siamo stati. Senza la scuola, che quella memoria conserva.
luigalel@tin.it