Unità: Alemanno, giù le mani dall'Università
Renato Nicolini
Alemanno ha esibito in modo truffaldino il mio nome da Lucia Annunziata, vorrei fargli sapere che considero indegna la sua frase «l'università è ostaggio di trecento criminali».
Il Sindaco non è il Governatore e dovrebbe rispettare l'autonomia delle altre istituzioni della città.
In primo luogo dell'Università. I sondaggi mostrano un forte calo di gradimento per le iniziative culturali del Comune.
Oggi, ancor più che in passato, l'effimero non basta - è diventato un effimero passivo, da calendario, che insegue il centenario del manifesto del futurismo, il quarantennale dell'arrivo sulla Luna, il ventennale della caduta del muro di Berlino.
Nella Roma del Sistema delle Biblioteche, dell'Auditorium-Parco della Musica, della Festa del Cinema, delle Scuderie del Quirinale e del Palaexpò, del Macro, del Teatro di Roma, dell'Opera, di Santa Cecilia, di Cinecittà, della RAI-TV è essenziale sottrarre la cabina di regia a chi è istinitivamente portato a fare un uso politico, propagandistico, della cultura. Le tre Università di Roma costituiscono, nel loro insieme, una grande riserva di energie creative. La parola magica per utilizzarle è il rispetto assoluto della diversità di opinioni. Il pluralismo, le polemiche, persino il conflitto, dovrebbero essere coltivati per impedire che si affermi una grigia uniformità, caratterizzata dal consenso al potere, da uno sterile falso ottimismo.
Invece Alemanno scaglia sull'Università una battuta insieme offensiva e vacanziera, da Cortina. «E che, siamo in un film di Alberto Sordi?», direbbe Nanni Moretti. Purtroppo no, Alemanno è Sindaco di Roma.
E, a proposito di criminali, in un momento in cui Alemanno mostra segni di pericolosa autoesaltazione per i «martiri» di Acca Laurenzia, prima che proponga di ritornare a chiamare Viale delle Milizie viale dei martiri fascisti, gli ricorderei l'occupazione de «La Sapienza» nel '66, per la morte della matricola di architettura Paolo Rossi, buttato giù dal podio di Lettere dai fascisti.
È vero che Alemanno in quegli anni era forse troppo piccolo, ma ho un incancellabile ricordo di suo suocero Pino Rauti che si avventa minaccioso contro di me nella sede della rappresentanza studentesca romana con una sedia in mano.
È una questione di coerenza, ed Alemanno dovrebbe capire che la frase sul «fascismo, male assoluto» non è una cravatta da mettere nei giorni di festa.