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Unità: Appunti finali

Referendum

26/06/2006
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l'Unità

Nicola Tranfaglia

Mentre gli italiani stanno recandosi alle urne per il referendum costituzionale vale la pena sottolineare ancora alcuni elementi. Il primo riguarda l'informazione insufficiente e approssimativa che le televisioni e i giornali (con l'eccezione di questo giornale) hanno fornito agli italiani. È chiaro a chiunque abbia letto il testo della legge costituzionale che c'è una forte sostanza politica nel referendum e che i discorsi tecnici non possono esaurire l'analisi della legge, ma nell'informazione televisiva e giornalistica si è proceduto in modi assolutamente arbitrari: per esempio mettendo in evidenza soltanto un aspetto (la diminuzione del numero dei parlamentari prevista peraltro nel 2019) e non gli altri più qualificanti come l'enorme crescita dei poteri del primo ministro a spese del Capo dello Stato, del parlamento e della corte costituzionale.Oppure si è puntato esclusivamente sulla parte che riguarda l'applicazione del federalismo regionale fingendo che oggi sia ancora in vigore il vecchio titolo V della Costituzione e non quello nuovo frettolosamente modificato all'ultimo momento dal governo Amato nel 2000. Si tratta, dunque, di una disinformazione non casuale ma che invece palesa l'incertezza dei direttori dei telegiornali e dei giornali sulla situazione politica, l'attaccamento di molti di loro alla vecchia maggioranza parlamentare o di governo o ancora l'indifferenza e la sottovalutazione del problema. Ma dobbiamo aggiungere che anche i partiti di massa del centrosinistra non hanno dedicato alla campagna elettorale per il referendum lo spazio e le presenze che sarebbero state necessarie di fronte ai pericoli che un'eventuale vittoria dei sì avrebbe sulla situazione politica a breve ma anche a lunga scadenza.

Un secondo elemento diventato chiaro in queste settimane è che il piano attuato dal centrodestra con la legge costituzionale oggi alla prova del referendum ha una sua coerenza generale. È il tentativo, assai ben organizzato, di ribaltare completamente la logica della Costituzione repubblicana. In essa, attualmente, esiste un sistema di poteri e contropoteri o organi di controllo che ostacolano in ogni modo l'assunzione di potere da parte di un solo organo costituzionale e lo spingono, al contrario, a collaborare con gli altri organi costituzionali come condizione necessaria per arrivare a risultati sul piano legislativo come su quello esecutivo.

La nuova legge costituzionale favorisce ed esalta invece il potere di comando del primo ministro rispetto a tutti gli altri organi costituzionali: il capo dell'esecutivo viene eletto dalla maggioranza degli elettori e non ha bisogno di investitura né da parte del Parlamento né da parte del capo dello Stato. Può essere sfiduciato ma solo se chi lo sfiducia è in grado di presentare un nuovo primo ministro che abbia la fiducia della maggioranza entro dieci giorni. Se questo non succede, il primo ministro può sciogliere la Camera senza bisogno di nessun altro parere, tanto meno di quello del presidente della Repubblica.

Ma questo modo di intendere la democrazia repubblicana è contrario allo spirito non meno che alla lettera del sistema costituzionale italiano e riflette una visione monistica e autoritaria dello Stato rispetto a quella democratica e pluralistica propria dell'attuale testo costituzionale. Questo a me pare il punto essenziale del referendum che pochi hanno messo finora in evidenza ma che dovrebbe spingere tutti i democratici a votare no, a prescindere dalla loro attuale collocazione politica.