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Unità: Asili agli immigrati: tutti con Fioroni

Lidia Ravera

24/01/2008
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l'Unità

Nel pieno di un periodo nero, uno di quei momenti storici in cui leggere il giornale ti fa venir voglia di dimetterti da cittadino italiano, consentitemi di cedere al sentimentalismo veltroniano e segnalare, una volta tanto, un ministro del traballante governo di centrosinistra, per qualcosa di buono. Un’iniziativa saggia e condivisibile. Si tratta del ministro Fioroni, Pubblica Istruzione, che ha così reagito, l’ho letto sul «Corriere della Sera», all’iniziativa della signora Sindaco di Milano: «negare a un piccolo clandestino l’iscrizione alla materna è un atto illegittimo e discriminatorio», ha detto e ha deciso di negare, per parte sua (e nostra che l’abbiamo eletto), i finanziamenti «alle 170 scuole materne (del Comune di Milano), otto milioni di euro». La signora Sindaco, infatti, aveva deciso di cacciare dal nido i figli degli immigrati per vari motivi non ancora in regola con la pesantissima burocrazia dell’ammissione cui il nostro ospitale Paese li sottopone. Fioroni deve aver pensato: ma come, togliamo proprio a chi ha più bisogno la possibilità di affidare i bambini più piccoli ad una struttura adeguata? È forse giusto negare agli immigrati con figli lattanti la possibilità di andare a lavorare? Non si rischia di ridurli così alla mendicità, fare di un bravo ipotetico operaio o carpentiere, di una utile domestica o badante, un barbone o uno dei tanto esecrati lavavetri con l’aggravante della prole al collo? È caritatevole far pagare a una creatura di pochi mesi o pochi anni il peso della posizione dei suoi genitori? No, non è caritatevole e non è giusto e non è civile. Già certo “nord Italia” brilla per il suo egoismo in ogni occasione (emergenza rifiuti? Sono i napoletani che sono sporcaccioni e hanno la camorra, noi che abbiamo la raccolta differenziata e la Lega Nord i loro detriti glieli lasciamo tutti e se gli viene la peste pazienza), ma evidentemente non basta. Ci vuole anche il tocco di Erode (la strage degli innocenti) ed è carino che sia proprio un sindaco-donna a incaricarsene. Giustamente Fioroni richiama al rispetto della Costituzione, «articoli 2, 10 e 34» e inchioda la signora alle conseguenze logiche del suo gesto: poiché i «minori stranieri presenti sul territorio nazionale hanno diritto all’istruzione indipendentemente dalla regolarità della loro posizione» (e questa dichiarazione non viene dalla sinistra radicale ma dalla Bossi-Fini), se tu, Milano, neghi questo diritto e attui una discriminazione, non ti stai comportando da scuola pubblica, dove decide lo Stato e quindi la legge, bensì da scuola privata dove decide il padrone della scuola. E se la scuola ha un padrone, non ha diritto ai finanziamenti pubblici. Impeccabile, ministro Fioroni. Grazie per questi trenta secondi di soddisfazione che ci ha regalato. E, per procurarcene altri, vi propongo un gioco: caccia all’azione positiva, prima puntata della serie “salviamo un politico”. Volete segnalarmi un comportamento virtuoso, coraggioso, progressista e/ o di sinistra (cioè: solidale, egualitario, laico e libertario) a carico di un deputato, senatore, ministro, sindaco, assessore e così via? Sarei lieta di comporre un mazzetto di consolazione per non sprofondare nella “sindrome di Mastella”, quel leggero disgusto che mi prende alla bocca dello stomaco, quando vedo “il potente” di turno reagire ad un indagine su di lui o suoi suoi parenti con il ricatto del suo pugno di voti e del suo peso specifico nei precari equilibrii di una coalizione faticosa. È una piccola sfida, compagni lettori e compagne lettrici. E, a proposito di sfide, sentite l’incipit di un articolo/intervista, peraltro davvero interessante, comparso su «Lo Specchio», il mensile de «la Stampa»: «Compriamo in un blink anche se le vetrine espongono lussi da leasing su cui meditare.
Vestiamo con wonder semplification ma le passerelle sembrano sempre più complesse... tutti i giornali continuano ad ammanirci must e oggetti di culto irrinunciabili. Last minute? Meglio first hour. Persino il cool hunter, non è più cool». La sfida è, mi pare evidente, farsi strada fra gli anglicismi modaioli riuscendo a capire, ciò di cui si parla. Non è semplicissimo. Però vale la pena. Un po’ come partecipare al gioco “salviamo un politico”.
www. lidiaravera.it