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Unità: Berlusconi usa Eluana per l'assalto al tribunale

Mani libere di qui alla fine della legislatura: questo vuole Berlusconi

07/02/2009
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l'Unità

Il premier ingaggia uno scontro durissimo con Napolitano e dice ai ministri: «Non mi farò commissariare dal Colle». Il decreto su Eluana pretesto per vincere altre partite. Un precedente che lascia strascichi profondi.Si rimane sbigottiti a misurare la distanza che corre tra il dramma che si consuma intorno al letto di Eluana e lo scontro di potere innescato ieri da Berlusconi. E non solo per la decisione del governo di varare un decreto a misura del caso Englaro, e in spregio alle obiezioni del Capo dello Stato che, poi, non ha apposto la firma in calce al provvedimento d’urgenza - il secondo in poche ore - confezionato da Sacconi. La lettera di Napolitano al premier - riservata, ma fatta rimbalzare da Palazzo Chigi su agenzie di stampa e telegiornali - invitava l’esecutivo a non varare un decreto che presentava profili d’incostituzionalità e contrastava con le sentenze della magistratura.

Berlusconi, per tutta risposta, minacciava di «cambiare» la Carta fondamentale, ventilava «l’impeachment» (pur spiegando che non lo voleva), ed esortava i ministri: «Non facciamoci commissariare dal Colle». Poi metteva ai voti in Consiglio il testo che avrebbe impedito la sospensione dell’idratazione e della nutrizione artificiale a Eluana, fino all’approvazione del testamento biologico. Schiaffo al Capo dello Stato, quindi, e immediata notizia, diffusa dal Colle, sull’impossibilità che Napolitano emanasse il decreto.

Escalation di tensione

Lo sbigottimento che si avverte in queste ore riguarda, in particolare, il livello dello scontro con il Quirinale che il premier ha deciso di elevare al massimo, anche durante la conferenza stampa di ieri. No, riteniamo che la povera Eluana - «la persona viva, che potrebbe fare figli», come la definisce il Cavaliere - che Eluana, cioè, c’entri davvero poco con quanto accaduto a Palazzo Chigi. E con un’escalation di tensione che preoccupa anche il centrodestra, se è vero che Italo Bocchino, in pieno Transatlantico, si augurava ieri, «per carità di patria», che «qualcuno» facesse «un passo indietro» e un altro Pdl, Benedetto Della Vedova, paventava la «guerra atomica» istituzionale. Quel che sembra evidente, in realtà, è che i temi della vita o della morte - con gli interrogativi che tormentano la coscienza di ognuno, favorevole o no che sia alle determinazioni di Peppino Englaro - siano vissuti a Palazzo Chigi come occasione per un braccio di ferro, e per imporre rapporti di forza materiali che straccino equilibri istituzionali e norme costituzionali. C’è la subalternità alle pressioni vaticane e di settori oltranzisti del mondo cattolico. C’è, in questo atteggiamento, il venir meno della difesa del principio sacrosanto della laicità dello Stato. C’è il tentativo di scaricare su altri - su Napolitano, in particolare - «la responsabilità della morte di Eluana». Ma c’è, assieme, calcolo politico che guarda alle possibili divisioni del Pd, al dialogo maggioranza-opposizione. E c’è, soprattutto, volontà strumentale di far leva sul consenso che crea - negli ambienti che lo hanno preteso, felpatamente o meno - l’intervento a gamba tesa del governo sul caso Englaro. E questo, anche per acquisire posizioni di forza al fine di regolare i conti con la figura super partes del Capo dello Stato, la stessa che gode di consenso bipartisan nel Paese. Mani libere di qui alla fine della legislatura: questo vuole Berlusconi. Gli altri poteri? Svolgano un compito di pura rappresentanza e non diano troppo fastidio. Cosa significano, se non questo, frasi come quelle con le quali il premier ha stigmatizzato l’«innovazione» introdotta dalla lettera di Napolitano? O - ancora - cosa significa la censura a un «Capo dello Stato che - parole del Cavaliere - in corso d’opera del Consiglio dei ministri, può intervenire anticipando la decisione sulla necessità e urgenza di un provvedimento»? «Per questo», avverte Berlusconi, «abbiamo deciso all’unanimità di affermare con forza che il giudizio è assegnato alla responsabilità del governo». Il ricatto, infine: «Se il capo dello Stato non firmasse, noi inviteremmo immediatamente il Parlamento a riunirsi ad horas e approvare in 2 o 3 giorni una legge che anticipasse quella già nell’iter legislativo». Detto e fatto: riunione straordinaria del governo alle 20 di ieri, e testo Sacconi trasformato da «decreto per Eluana», in Ddl con richiesta di procedura d’urgenza ai presidenti di Senato e Camera. Un unico articolo che dovrebbe anticipare ciò che al Senato, sul testamento biologico, è condiviso solo dalla maggioranza.

Corsa contro il tempo

Berlusconi non sa se arriverà al traguardo prima che si compia l’iter della povera Eluana. Ma l’importante è poter sostenere che il governo non si astiene. Chiaro, però, che lo scontro sul decreto lascerà solchi profondi. Fini, ieri mattina, rendeva esplicita la «preoccupazione» per un Consiglio dei ministri che non aveva «accolto l’invito del Capo dello Stato». Tensione nella stessa maggioranza, quindi. Berlusconi,, ieri, ha dovuto richiamare alcuni colleghi, di governo, a cominciare dalla Prestigiacomo. L’unanimità? Il premier l’ha ottenuta facendo appello «alla compattezza», del Consiglio dei ministri, condito da inviti espliciti all’eventuale «passo indietro».

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