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Unità-Contratto e tagli, i dipendenti pubblici incrociano le braccia

.10.2004 Contratto e tagli, i dipendenti pubblici incrociano le braccia di Felicia Masocco Partono gli scioperi dei dipendenti pubblici per il contratto negato. Da lunedì a venerdì i primi sto...

18/10/2004
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l'Unità

.10.2004
Contratto e tagli, i dipendenti pubblici incrociano le braccia
di Felicia Masocco

Partono gli scioperi dei dipendenti pubblici per il contratto negato. Da lunedì a venerdì i primi stop di due ore articolati per province, a novembre l'astensione dal lavoro sarà su base regionale, a dicembre, il 10, lo sciopero nazionale. Per ora Fp-Cgil, Fps-Cisl e Uilpa lo hanno proclamato per tre ore, ma è probabile che saranno di più. Quanto sarà pesante la protesta, se si arriverà allo sciopero generale, dipende dal governo che nella vertenza dei rinnovi dei contratti scaduti nel dicembre scorso è la controparte diretta dei sindacati.

Nonostante i numerosi annunci a mezzo stampa, l'esecutivo non ha ancora convocato i rappresentanti dei lavoratori per avviare la trattativa e a oggi la situazione è la stessa di cinque mesi fa. Il primo sciopero di questa vertenza porta infatti la data del 21 maggio, gli statali manifestarono a Roma, il governo venne costretto ad un incontro il 3 giugno, promise i soliti tavoli (si era nel pieno della campagna elettorale) e come al solito non se ne fece nulla.

Dopo un'estate che ha visto il ministro del Welfare attaccare a più riprese il lavoro pubblico, l'autunno è quello di una legge finanziaria che non prevede gli stanziamenti necessari a rinnovare i contratti e a salvaguardare gli stipendi falcidiati dall'inflazione. Le diverse anime del governo fanno a gara dare i numeri: si va dal 2% di aumento offerto dal leghista Roberto Maroni, al 3,7% di An e di Fini, in mezzo c'è chi lascia aperta la porta ad aumenti pari al 4,7% cioè quanto spuntato dalle forze di polizia che hanno rinnovato il contratto la settimana scorsa.

Un "insopportabile teatrino" lo definisce il segretario della Fp-Cgil, Carlo Podda, "se qualcuno pensa che ci accorderemo con chi presenta l'offerta migliore si sbaglia di grosso - avverte -. Non possiamo fare un contratto con aumenti inferiori a quelli richiesti nella piattaforma unitaria. L'inflazione è quella che è, l'Eurispes calcola che in tre anni le retribuzioni pubbliche hanno perso il 18% del potere d'acquisto, ma anche basandosi sui dati Istat non possiamo chiedere meno".

La richiesta dei sindacati è di incrementi dell'8%, oltre al decollo della previdenza integrativa per la quale il ritardo si conta ormai in termini di anni. "Per fermare gli scioperi - afferma Antonio Foccillo, segretario confederale Uil per il pubblico impiego - non basta più una semplice convocazione ma occorre un accordo". Anche per la Uil come per la Cgil è facile prevedere "un inasprimento delle forme di lotta fino ad arrivare allo sciopero generale di tutto il pubblico impiego". "La situazione è inaccettabile e senza sbocco - aggiunge Foccillo - assistiamo a dichiarazioni contraddittorie dei ministri senza che si riesca ad aprire la trattativa. Dopo questa tornata di scioperi gestiti a livello di categoria faremo il punto con Cgil e Cisl".

I mancati rinnovi sono l'altra faccia della riduzione delle tasse, fiore all'occhiello della propaganda governativa. Da un lato non ci sarebbero risorse per adeguare i salari pubblici al costo della vita, dall'altro ce ne sarebbero per alleggerire la pressione fiscale a chi percepisce redditi alti e medio-alti. Il dito sulla piaga l'ha messo ieri Savino Pezzotta in un faccia a faccia con il ministro Antonio Marzano. Toni infuocati quelli del leader della Cisl: solitamente cauto nel ricorrere alla minaccia di uno sciopero, ieri lo ha fatto senza giri di parole. "La Cisl sta aspettando che il governo apra un tavolo di confronto come ha promesso (su competitività e tutela del reddito, ndr) - ha detto al convegno della Fondazione Donat-Cattin a Saint Vincent - . Se le richieste non vengono accolte, un sindacato normale fa una mobilitazione, uno sciopero. E noi siamo un sindacato normale". "Con le tre aliquote previste - afferma - si dà di più a chi guadagna di più e non si aumentano i consumi perché sono interessati in pochi. Cominciamo piuttosto a rinnovare i contratti del pubblico impiego".

Il ministro alle Attività produttive ha ribattuto con argomenti populistici: "Proviamo a chiedere agli italiani se preferiscono che la ripresa dei consumi avvenga attraverso gli aumenti dei contratti pubblici. Noi riteniamo che preferiscano non lavorare solo per pagare le tasse, ma desiderino tenere più soldi in tasca", ha detto Marzano senza tema di smentita. Poi ha assicurato che entro novembre il piano di riduzione delle tasse sarà pronto: "Sono sicuro che sarà contenuto nella Finanziaria. È un punto fondamentale del programma di governo".

Il programma degli scioperi prevede invece 8 ore di astensione dal lavoro, le prime due a livello provinciale da oggi a venerdì: iniziano Genova, Milano, Firenze, Napoli, Palermo, Trapani. Domani toccherà a La Spezia, Udine, Ascoli Piceno, Viterbo, Catania. Il 20 si fermano Savona, Macerata, Isernia, Rieti, Messina, Siracusa e il 21 Imperia, Legnano, Taranto, Caltanissetta, Enna. Il numero maggiore di scioperi si concentrerà il 22 ottobre: interessate, tra le altre, saranno Roma, Torino, Bergamo, Venezia, Bologna, Perugia, Cagliari