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Unità: «Così l’università muore Non è un’azienda ma un vessillo di cultura»

Intervista a Umberto Mura Il preside di Scienze dell’ateneo di Pisa: «A settembre avremo corsi che non partono e un programma inadeguato al nostro prestigio»

23/07/2010
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l'Unità

Umberto Mura, 63 anni e 40 di anzianità professionale, è il preside della facoltà di Scienze Matematiche Fisiche Naturali all’Università di Pisa.
Ha scritto una lettera aperta per denunciare le «insostenibili limitazioni finanziarie e di prospettiva imposte dalle scelte scellerate » del governo,ma anche il «silenzio istituzionale» del suo ateneo dove tutte le facoltà (tranne una) hanno lanciato l’allarme.
Professore, cosa succede all’università italiana? «Da tempo, perché l’onda lunga arriva dal governo precedente, c’è un’indiscriminata azione di distruzione di quanto di buono esiste nell’università. Non nego che ci siano dei guai nelle pieghe dell’accademia, ma si sta facendo di tutta l’erba un fascio». In che modo? «Attraverso una disinformazione da cui usciamo malconci. I docenti devono vergognarsi? Io entro alle 8,30 ed esco alle 20,30, e come me tantissimi. E senza cartellino. Che gran privilegiati, direbbe il ministro Brunetta. Invece siamo dei fessi che non fanno vita beata». Il consiglio di facoltà teme che a settembre ci siano corsi di laurea impossibilitati a partire, con offerta didattica insufficiente o inadeguata. Sarà così? «Io, da vero masochista, spero che tutto si risolva per i ragazzi e le famiglie. Ma il pericolo è concreto, e sarebbe il primo danno per la società civile di questi tagli. Vogliamo ridurre costi e risorse a scapito della didattica o mantenere il peso del nostro ateneo? Il problema è la rivolta dei ricercatori? «Ci sono ricercatori,giovani o miei coetanei, ai quali si chiede di far parte dell’organico quando fa comodo ma per raggranellare un po’ di soldi si licenziano ». Lei sottolinea «l’indisponibilità» a «interventi di volontariato in emergenza ». Quali? «I ricercatori sono stufi di assumersi la responsabilità di corsi di studio,che non gli compete. E i docenti di superare non le 70 ore richieste dalla legge male 120imposte dall’ateneo. L’opinione pubblica deve rendersi conto che c’è un grosso problema di personale ». E’ questione di rapporto tra carichi di lavoro e stipendi della categoria? «No, di dignità delle persone. Io sono orgoglioso di Pisa: è un’università tosta, dove si lavora e si tiene alla qualità dei corsi. Eci vogliono persone di qualità, impegnate e motivate ». Al di là di Pisa? «Le università stanno lentamente morendo. Ogni giorno chiudono aree e settori. Senza soldi non c’è turn over. C’è una riduzione galoppante del fondo di finanziamento ordinario. Stipendi bloccati. Come facciamo ad assumere in queste condizioni? » Nessuna sanatoria per i ricercatori, ma regole certe e stipendio più alto. Che ne pensa? «La nuova figura del ricercatore a tempo determinato assunto dopo due contratti prefigura un precariato di lusso. Ipotesi accettabilissima per il futuro, purché ci siano i soldi, ma cosa ne facciamo delle migliaia già esistenti?La riforma crea una corsia preferenziale per i “nuovi” gettando le basi per un’altra guerra tra poveracci». E’giusto pensare a borse di studio per I meritevoli slegate da reddito e condizione sociale? «Così il diritto allo studio diventa diritto a indebitarsi per studiare. Il prestito d’onore va bene in altri Paesi, qui senza prospettive occupazionali diventa difficilissimo restituirlo. Si profila un modello dei figli di papà, dove studia chi può permetterselo». Prof in pensione a 65 anni: baroni addio? «Pannicelli caldi. Baronie e clientelismi non dipendono solo dall’anagrafe. Come il concorso unico funzionerà se le commissioni valuteranno i candidati migliori. Il punto è l’etica e la moralità delle persone coinvolte. Negli Usa prima di assumere c’è un faccia a faccia, altro che buste chiuse senza nome...» Non le piace l’ateneo-azienda? «Noi non produciamo e vendiamo. E’ illogico pensare che l’investimento culturale abbia un ritorno immediato. Con colleghi inglesi ho progetti comuni ma un decimo degli stanziamenti: se il livello scende troppo, non recupereremo più. L’anno prossimo la nostra Antropologia sarà costituita da un ricercatore e zero associati: si chiude una nicchia che ci vorranno anni per ricostruire». Potete federarvi con un’altra struttura.... «In assenza di alternative lo faremo. A Biologia abbiamo messo il numero chiuso, non abbiamo laboratori per 700 matricole. Ma ricordiamoci che le università forti sono quelle che sentono identità e appartenenza. Non perché sono aziende ma perché portano un vessillo culturale».