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Unità: Costituzione/Tutti i rischi della riforma approvata dalla destra

Sarà il Consiglio dei ministri convocato per giovedì che dovrà approvare il decreto presidenziale per l’indizione del referendum sulla legge costituzionale voluta e votata dalla Casa delle libertà

25/04/2006
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l'Unità

ROMA Sarà il Consiglio dei ministri convocato per giovedì che dovrà approvare il decreto presidenziale per l’indizione del referendum sulla legge costituzionale voluta e votata dalla Casa delle libertà. Tenendo conto delle elezioni amministrative, che si terranno il 28 maggio con eventuale ballottaggio l’11 giugno, le date possibili per il voto referendarie sono il 18 o il 25 giugno. Il centrosinistra nei mesi scorsi aveva proposto di non far slittare così tanto l’appuntamento per consentire una maggiore affluenza alle urne. Il comitato “Salviamo la Costituzione”, promotore della raccolta di firme per la richiesta popolare del referendum (ma già si erano mossi in questo senso anche un numero sufficiente di consigli regionali e parlamentari dell’Unione) in un incontro avuto a marzo con il ministro dell’Interno Pisanu aveva proposto di fissare la data non oltre la metà di maggio. La Casa delle libertà ha scelto diversamente, e si andrà alle urne in una delle ultime due domeniche di giugno.

I punti principali della riforma costituzionale targata Cdl sono la devolution, che assegna alle Regioni competenza legislativa esclusiva in materie attinenti alla sanità, all’istruzione e alla polizia locale, l’aumento dei poteri del premier e la parallela diminuzione dei poteri del Capo dello Stato (non ultimo quello di sciogliere le Camere, che diventa di competenza del primo). La riforma prevede inoltre una diminuzione del numero dei parlamentari, la fine dell’obbligo di approvare sia alla Camera che al Senato una legge nel medesimo testo, l’aumento dei giudici della Corte Costituzionale di nomina parlamentare.

La Casa delle libertà ha sempre difeso, seppur con accenti diversi al suo interno, la riforma: la Lega ha più volte minacciato di uscire dalla coalizione se la legge non fosse stata approvata; piuttosto fredda ad ogni passaggio parlamentare è stata l’Udc, ad eccezione di D’Onofrio, uno dei quattro “saggi di Lorenzago”; non troppo entusiasta anche An, che a causa dell’appoggio a questa riforma ha dovuto assistere all’uscita dal partito di Fisichella.

Compattamente contraria alla riforma l’Unione. Il centrosinistra ha sempre contestato sia nel metodo che nel merito il provvedimento. Nel metodo, perché non si può modificare l’intera seconda parte della Costituzione con il voto della sola maggioranza; nel merito, soprattutto perché la devolution causerebbe pericolosi divari tra le diverse regioni e perché l’aumento dei poteri del premier e il minor peso che avrebbe il Capo dello Stato causerebbe gravi squilibri istituzionali.