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Unità-Dieci milioni di no al governo

.2003 Dieci milioni di no al governo di Felicia Masocco Dieci milioni di lavoratori hanno scioperato, un milione e mezzo di persone è sceso in piazza, alla fine di una giornata che ha fermato l...

25/10/2003
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l'Unità

.2003
Dieci milioni di no al governo
di Felicia Masocco

Dieci milioni di lavoratori hanno scioperato, un milione e mezzo di persone è sceso in piazza, alla fine di una giornata che ha fermato l'Italia Cgil, Cisl e Uil pesano con soddisfazione la loro forza che unita a quella dei sindacati autonomi porta cifre a sei zeri e percentuali del 70-80%, con punte del 100%, di adesione alla protesta. Lavoratore in più lavoratore in meno. La guerra dei numeri è routine in questi casi ma non i conti al ribasso di Confindustria e neanche quelli delle questure possono modificare la fotografia di una mattinata di black-out nei trasporti, di scuole e uffici pubblici chiusi per l'intera giornata, delle banche aperte solo nel pomeriggio, della fabbriche vuote e delle piazze piene come si diceva una volta e come si dice ancora quando è il caso.

Il segnale che si è levato da un capo all'altro della penisola all'indirizzo di palazzo Chigi è stato un forte e chiaro segnale di opposizione sociale. No all'attacco alle pensioni, no ad una Finanziaria e a una politica economica che rendono tutti più poveri. È un doppio rifiuto in "difesa del futuro" come sintetizzato sullo striscione che ha aperto i cortei. E ovunque, sotto le diverse bandiere di Cgil, Cisl e Uil, quelle dei Cobas dell'altro corteo romano, quelle dell'Ugl al chiuso di un cinema, e quelle del centrosinistra che si sono viste nelle piazze, si è risentito parlare di "padri e figli", di solidarietà tra generazioni che contrastano un disegno che le vorrebbe divise, l'una a pagare i costi dell'altra come architettato nella controriforma previdenziale di Maroni e Tremonti.

"È solo l'inizio" hanno promesso gli uomini del sindacato dai palchi di cento città, "continueremo uniti" hanno detto Guglielmo Epifani, Savino Pezzotta e Luigi Angeletti che hanno parlato a Bologna, Roma e Napoli. Il governo è avvertito un altro articolo 18 "non ci sarà" è la parola del leader della Cisl. L'unità ritrovata e sottoscritta dalla partecipazione massiccia, serena e determinata allo sciopero e alle manifestazioni è uno degli elementi che racconta la giornata di ieri. Un altro è l'apertura di una fase conflittuale contro il governo che "è riuscito a scontentare tutti se - ha osservato Epifani - con noi ha scioperato tutto il paese, anche i sindacati moderati e di destra". "Se vuole il dialogo ritiri il provvedimento sulle pensioni oppure si assuma la responsabilità di andare avanti senza e contro il sindacato. Ora deve cambiare strada e riconoscere la forza dei nostri argomenti. Altrimenti continueremo la nostra mobilitazione", ha aggiunto tra gli applausi dei 70mila manifestanti bolognesi.

L'applauso scatta anche dai 150mila di Roma quando Pezzotta afferma "non pensi il governo che ci fermeremo qui", "procederemo con determinazione per affermare le nostre proposte" e "tratteremo solo alle nostre condizioni". Ci è andato giù duro il "moderato" leader cislino, l'inversione dell'esecutivo "passato dal dialogo al monologo sociale" proprio non gli va giù e nel suo intervento ha passato in rassegna tutto quanto non va: dalla politica dei redditi che il sindacato chiede venga ripristinata, alla riforma delle pensioni "iniqua e dannosa, fatta solo per calmare la Ue per bilanciare una Finanziaria fatta di condoni e una tantum".

Roma come Bologna, come Napoli: "Il vero problema è che il governo non vuole trattare", arringa Luigi Angeletti dalla città partenopea, "l'esecutivo sta attuando una politica disastrosa basata su una marea di bugie e di falsità. La manifestazione di oggi è il segnale che abbiamo ragione, che la gente comprende, che questa controriforma del sistema previdenziale va cambiata", ha detto il leader della Uil ai 70 mila di piazza Matteotti. Applausi, anche dai lavoratori dell'amianto che a inizio manifestazione lo avevano contestato. E da una città del Sud l'annuncio di una iniziativa per il Sud colpevolmente dimenticato da un governo che subisce il ricatto di Bossi: la prossima tappa per Cgil, Cisl e Uil è Reggio Calabria il 15 novembre. Quella successiva sarà Roma, una grande manifestazione nazionale in uno dei primi sabato di dicembre. E se il governo non darà risposte anche un nuovo sciopero, "full time" ci sta bene.

Pieno appoggio ai sindacati dal centrosinistra e dalla sinistra, con gli stati maggiori dei partiti sparsi nei vari cortei. "Non è uno sciopero politico. È una sciocchezza. Chi è sceso in piazza lo fa perché non vuole far passare una brutta controriforma delle pensioni e rischia di mettere in discussione il diritto di ogni lavoratore e cittadino ad avere una pensione civile e dignitosa", è stato il commento del segretario Ds Piero Fassino che ha sfilato a Roma insieme al responsabile Lavoro Cesare Damiano e a numerosi altri esponenti della Quercia. C'era anche Francesco Rutelli con Tiziano Treu, e Armando Cossutta, Fausto Bertinotti, esponenti dei Verdi e dell'Italia dei Valori. E sul palco è poi arrivato anche il sindaco della capitale, Walter Veltroni. Tra gli intervenuti Paolo Serventi Longhi, segretario della Fnsi il sindacato dei giornalisti: "È una riforma che lede i diritti acquisiti, che ferisce la stessa autonomia previdenziale di categorie come quella che rappresento". I giornalisti delle radio e delle tv hanno scioperato giovedì con adesioni massicce, lunedì tocca ai colleghi dei quotidiani e delle agenzie di stampa.

Incassato il successo e riavvolte le bandiere è già tempo di pensare a domani. Cgil, Cisl e Uil martedì comunicheranno le loro decisioni su come continuare la lotta, ma gli occhi sono puntati sui Palazzi, la parola ora sta al governo. Il ministro Maroni ha affidato ad una breve nota il suo commento allo sciopero, auspica si possa "riprendere il confronto con le parti sociali", ma alle condizioni più volte ripetute: "la riforma è necessaria", dice infatti, dunque si può solo cercare di emendarla. E va approvata entro l'anno, per far partire subito gli incentivi per chi prolunga il lavoro. Ma la sua riforma per Cgil, Cisl e Uil è "inemendabile". "Se il governo mettesse da parte quello che ha fatto e davvero mostrasse l'intenzione di rivedere con il sindacato il sistema di Welfare - ha aggiunto Epifani in serata, ospite di La7 - noi avremmo tutto l'interesse a farlo. Ma purtroppo finora ci ha preso in giro. Se continua così è impossibile trattare" .