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Unità-Dopo le elezioni arriva la stangata

Dopo le elezioni arriva la stangata di Bianca Di Giovanni Giulio Tremonti usa il suo linguaggio "iperbolico" (della serie: sotto la metafora niente) per camuffare lo stato reale delle casse pubbl...

06/06/2004
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l'Unità

Dopo le elezioni arriva la stangata
di Bianca Di Giovanni

Giulio Tremonti usa il suo linguaggio "iperbolico" (della serie: sotto la metafora niente) per camuffare lo stato reale delle casse pubbliche e quindi del sistema Paese. Arriva a Santa Margherita Ligure ospite dei giovani imprenditori un po' in ritardo, si scusa con una battuta utile per scaldare la sala un po' freddina ("contavo sul vostro ritardo"), poi inizia la sua giaculatoria che immancabilmente passa per l'(anti) Europa, le cinque crisi in 40 mesi, la Cina (su cui serve una polpetta avvelenata ad Enrico Letta).

Insomma, fa lo slalom tra "simboli esoterici, parabole evangeliche, piramide e talenti" tra "riunioni gotiche di Bruxelles" e le "illusioni dello stato sociale che è riuscito a produrre meno culle e meno tombe". Una selva di depistaggi per arrivare finalmente ai conti pubblici (che sarebbero di sua competenza) e lanciare lì la sua rassicurante verità. "I conti non sono a rischio - dichiara -. Non credo che le cose siano così drammatiche come sento dire, o come leggo su certi giornali". Poi la battutina per la verità un po' inquietante. "A parte che è tutta l'Europa ad essere a rischio - dichiara - a rischio de che? Per dirla in dialetto romano". Forse dovrebbe chiederlo a Giuliano Amato qual è rischio per l'Italia se la finanza pubblica non torna in ordine. Ma ieri la mission era solo una: rassicurare. Si è a una settimana dalle elezioni e per di più davanti a una platea, quella confindustriale, non più tanto "amichevole" con il governo.

Ma la rassicurazione funziona poco, visto che l'intervento del ministro arriva dopo le esternazioni del suo sottosegretario Gianluigi Magri che parla di una manovra correttiva di mezzo punto di Pil, quelle del suo collega ministro Rocco Buttiglione che ne indica una di 7-8 miliardi (lievemente superiore al mezzo punto), quelle di Adolfo Urso che parla di una correzione dello 0,2-0,3%.

Senza contare il richiamo di Antonio Fazio su uno sforamento dell'indebitamento di mezzo punto quest'anno, di un punto e mezzo l'anno prossimo. Per il Nens (l'istituto di Vincenzo Visco e PierLuigi Bersani) il deficit starebbe già oggi al 4% (dato nascosto da alcuni "taroccamenti" contabili) e quindi servirebbe una manovra bis di 13 miliardi. Insomma, se sulla quantità c'è un po' di discordanza tra i membri dello stesso governo (non è una novità), sulla necessità di una manovra non vi è alcun dubbio. Tremonti è rimasto l'unico a non nominarla. Scaramanzia? Non solo.

È possibile che il ministro abbia altri piani in mente, neanche tanto nascosti. "I conti europei sono molto oltre la soglia imposta da Maastricht", rivela il ministro. Come dire: non è un problema se anche l'Italia si trovasse in quella situazione. Starebbe in compagnia di Francia e Germania, del Portogallo e dell'Olanda. Niente di male: basta dirlo e lavorare per rimettersi in linea. Ma Tremonti si guarda bene dall'imboccare la strada della trasparenza. Si limita a dire che non bisogna preoccuparsi. Anzi, accusa chi lancia allarmi di fare un gioco suicida. "Non conviene neanche all'industria", aggiunge evocando il clima di sfiducia che potrebbe crearsi.

Qualcosa di più sulla strategia in realtà la dice Buttiglione, che rivela candido: "Sulle pensioni abbiamo rassicurato i mercati e la commissione europea. L'obiettivo era quello lì: come andiamo altrimenti a proporre qualche aspetto di longanimità (longanimità la chiama!, ndr) se non avessimo la riforma delle pensioni?" Lo scambio è chiaro: le pensioni aprono la strada agli sconti fiscali anche in presenza di conti in disordine. Dunque, per dirla con Tremonti, la manovra non serve, si fa deficit. La formula degli anni '80, quella che ha regalato all'Italia il terzo debito pubblico del mondo.

Tremonti continua ad utilizzarla e quasi per paradosso usa proprio quel debito per giustificare la catastrofe. "Non è facile gestire il terzo debito del mondo non essendo il terzo Paese del mondo", va ripetendo il ministro. Non aggiunge che invece è facilissimo crearlo quel debito. Tremonti ricorda che quello stock eredità del passato (da cui per la verità il ministro proviene) in Italia sta calando, a differenza degli altri Paesi. Sarebbe bello se non fosse solo scritto sulla carta, con artifici contabili, riduzione del perimetro pubblico (vedi Anas) e vendite di asset pubblici a società del Tesoro.

Per il resto, il lungo discorso del titolare dell'Economia resta su tracce note. Difende (naturalmente) la sua riforma delle pensioni, difende la sanità contro se stesso ("fate un paragone con quella inglese", dichiara dopo aver propagandato il thatcherismo per tre anni di seguito), difende la vendita degli immobili "non lasciati in mano ad enti che ne fanno un uso di potere politico" (torna lo stile leghista), annuncia la "grande novità del prestito d'onore" (peccato che prima dell'ultima Finanziaria l'aveva attivato l'Ulivo), difende l'Istituto italiano di tecnologia attaccato da tutta la comunità scientifica. E la riforma fiscale: "Sarà giusta e generale". Restano sullo sfondo i tradizionali nemici, primo tra tutti il governatore di Bankitalia. "Il Mezzogiorno è l'unica area europea senza banche autoctone" dichiara.

Così l'ex uomo prodigio del centro-destra tenta di riprendersi la scena occupata dall'ingombrante patto industria-finanza-impresa. Ma è solo un tentativo: l'operazione non riesce. Ci pensa Luca Cordero di Montezemolo a rimetterlo all'angolo.