Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Unità: Due cose sulla scuola

Unità: Due cose sulla scuola

Concita De Gregorio

29/10/2008
Decrease text size Increase text size
l'Unità

Filo rossoDue cose, sulla scuola. La prima è che saremo tanto più credibili, noi che difendiamo le elementari e l’università sotto attacco, quanto più saremo capaci di dire che tutti – in passato – hanno sbagliato e mancato: la destra e la sinistra. La tutela a priori dell’esistente è un errore. Bisogna dire, in premessa, che i numeri della Gelmini sono esatti. È vero che in Italia il rapporto fra insegnanti e studenti è più alto che negli altri paesi europei: in media di un punto e mezzo in più, c’è scritto nel Libro bianco sulla scuola firmato nel 2007 da Padoa Schioppa ministro dell’Economia. È vero che i corsi universitari si sono moltiplicati a dismisura, che ci sono corsi dai nomi ridicoli seguiti da pochissimi studenti, c’è anche quella di berbero che si cita ad ogni occasione. È vero che le cattedre si sono riprodotte per gemmazione per dare posto a parenti ed amici, chiunque abbia cercato di accedere ad un dottorato sa benissimo che è noto «da prima» se quell’anno il posto tocchi agli allievi di un certo barone o a quelli di un altro.

Va così, da sempre, e anche i finanziamenti alla ricerca sono elargiti secondo il criterio nepotista. A pioggia intermittente regolata dal potere e a prescindere dal merito. È vero che nessun ministro della scuola e dell’università è mai riuscito a mettere mano davvero al granitico sistema di favori che avvilisce l’istruzione pubblica. Questo basta a metterci tutti a tacere per sempre? Non credo. Credo invece che si possa e si debba pretendere di fare punto a capo e ripartire. Sulla base di una proposta, non solo di un’interdizione.

Non basta dire no, bisogna dire cosa – diversamente – si chiede. Nella scuola valgono il bisogno e il merito, altri criteri non ci sono: strumenti dove servono, denaro a chi vale. Solo così – solo quando avremo ristabilito regole di decenza – potremo affermare che se uno solo vuole studiare il berbero deve poterlo fare perché la conoscenza non è una lattina di aranciata che si vende solo se c’è mercato, che le scuole di montagna non sono inutili per chi vive in montagna, che due maestri al posto di uno sono meglio per i bambini e che i soldi per i ricercatori che studiano un vaccino è meglio darli noi piuttosto che farli emigrare. Toni Fontana oggi ci racconta che altri tre milioni di euro sono stati sottratti alla scuola per finanziare le missioni militari all’estero. Con tutto il rispetto per i militari, per le loro famiglie, forse quei tre milioni – pochi, in fondo, ma molti se si contano in palestre e computer – si potrebbero recuperare facendo pagare le tasse a chi non lo fa, per esempio.

La seconda cosa è che nessuno – nessuno – può pensare di appropriarsi politicamente della protesta. I nostri figli che in questi giorni occupano non vogliono bandiere. Quelli che le vogliono le avevano da prima. Bisogna stare molto attenti, noi e loro. Noi a metterci in ascolto. Loro a non farsi spaventare da chi proverà a provocarli con le camionette. Berlusconi, dice la nostra inchiesta di oggi, sta comprando le piccole case editrici scolastiche proprio mentre il suo ministro invoca la continuità del libro di testo. Non spendere troppo per i libri è giusto se cambiarli è inutile. Speculare sugli editori a rischio chiusura è un affare e un personale tornaconto. Studiare serve anche a capire cose semplici, cose così.