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Unità: E allo specchio i ragazzi si vedono «Iene»

«Sarebbe bello», mi dice Yara, «che la scuola fosse quella di cui lei parla».

05/06/2006
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l'Unità

Luigi Galella

«Sarebbe bello», mi dice Yara, «che la scuola fosse quella di cui lei parla».
È critica, addirittura impietosa verso la scuola e i suoi coetanei, più di quanto possiamo esserlo noi adulti. Se pensa ai suoi compagni vede il disinteresse per tutto ciò che è impegnato e impegnativo. Dov'è la loro sensibilità verso i temi sociali e in che cosa manifestano una qualche remota parvenza di maturità?
Nel suo radicalismo c'è qualcosa che offende i nostri sforzi (ma anche i suoi). E che per eccesso di semplificazione osserva e spara nel mucchio.
In effetti, mi rendo conto che ciò che scrivo dei ragazzi si scontra spesso con l'immagine che essi stessi hanno della loro generazione. Come se i miei ritratti individuali ne assolvessero in qualche modo le collettive responsabilità. Ma forse la depressione di tanti giovani è proprio dovuta alla cattiva stima che hanno di se stessi. O meglio, a quella «idea» di loro che si va diffondendo nei media e che nasce da luoghi comuni o da analisi impressionistiche e che innesca, paradossalmente, un meccanismo che li conduce spesso alla durezza, all'autoanalisi spietata.
Circola, sempre più diffusa e incontrastata, una gigantesca mistificazione dell'adolescenza. La costruzione della loro «realtà», che ne è di fatto l'usurpazione. Non ciò che giornalmente si può registrare con un'attenta analisi dei comportamenti e delle diverse sensibilità, ma ciò che di loro superficialmente si ripete nei media: l'anomalia, la deformità. Così, la narrazione mediatica dell'adolescenza spodesta l'adolescenza.
Al contrario, esiste più di una ragione per non precipitare nell'apocalisse. Basterebbe ribaltare i termini della severità e del giudizio. Uno dei luoghi comuni più diffusi sui ragazzi, ad esempio, è quello che contesta la loro «ignoranza», politica o storica. Da quale pulpito, si potrebbe obiettare. Il programma televisivo Le iene di Italia1 ha smascherato questo cliché, dal momento che ha indirizzato la propria attenzione sui nostri parlamentari, che interrogati sulle domande più banali, del tipo: in che anno fu scoperta l'America, sono capaci di farfugliare cose insensate, sbagliando perfino il secolo. «Ricordo che quando ero più piccola», scrive Yara in un suo tema recente, «mio fratello mi portava sempre allo stadio. Mi piaceva tanto essere lì e guardare tanta gente così diversa per età, fede calcistica, estrazione sociale, riunita e sognante per un'unica, vera, grande passione: il calcio. Cosa ne sarà adesso di quella passione? E della delusione di un ragazzo che torna a casa con la sconfitta nel cuore? Ora quel ragazzo non può sapere se quella sconfitta è stata reale o "architettata", se quel goal annullato è stato una svista dell'arbitro, se quel cartellino di troppo è collegato in qualche modo con le chiavi dell'auto nuova parcheggiata fuori dallo stadio, che l'arbitro stringe in tasca».
Le parole di Yara sono una testimonianza preziosa. Che racconta molto di più sull'adolescenza e sulla relazione che i ragazzi hanno col mondo degli adulti di tante affrettate analisi. Intanto, la passione: il calcio, trasformatosi in un gigantesco reality show. Come se il movimento libero e casuale della palla nel campo di gioco seguisse dei binari precostituiti. Dov'è la libertà - sembra chiedersi Yara - e l'individuale capacità di indirizzare la palla in rete a proprio piacimento? Dov'è la soddisfazione della vittoria e il merito di averla saputa conseguire? La libertà. Il merito. Valori, principi infranti, che forse toccherà proprio alla loro generazione restaurare, considerato il cattivo uso che ne ha fatto la nostra.
Uno sguardo, il suo, in cui la consapevolezza dell'inganno e della corruzione si fa disincanto. Che tuttavia non arriva mai al cinismo. Che si limita a porre degli interrogativi. E per una volta, sul banco, fossimo noi adulti a dover rispondere. E come i parlamentari delle iene, che farfugliano, cercassimo per le nostre «lacune» risibili giustificazioni.

luigalel@tin.it