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Unità: E nella scuola multietnica il «Bianco Natale» è di 47 nazionalità diverse

Roma, al «Manin» straniero il 60% dei ragazzini. Sull’albero i messaggi di pace di Tahid, Li Hy e Krizian. Le maestre: qui è possibile

21/12/2006
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l'Unità

di Massimo Franchi

QUI alla scuola Manin dell’Esquilino a Roma le polemiche su Natale e presepe sembrano retaggi di un passato oscurantista. Qui alla scuola Manin l’integrazione
è di casa, è realtà quotidiana. Basta entrare dal cancello per trovarsi di fronte ad una babele di etnie che porterebbe al suicidio qualsiasi leghista. Passato il cancello c’è il collage di un albero di Natale attaccato ad una colonna. Sotto la scritta «Tra il nero e il bianco... c’è l’arcobaleno», titolo del progetto multiculturale co-finanziato dal Comune, sono appesse a mo’ di palle, le frasi dei bambini dai nomi quasi impronunciabili: Hao Quin, Li Yi, Mohiuddin, Tahid, Krizian. Parlano di pace, di fratellanza e della recita di Natale. L’istituto comprensivo assomma materna, elementare, medie e Centro territoriale di educazione permanente per adulti nella zona di Roma a più alta densità di immigrazione. Fra i 900 scolari e scolare sono rappresentate 27 nazionalità: cinesi e bengalesi davanti a tutti. Occhi a mandorla e tutte le tonalità della pelle, il 60% dei ragazzi è figlio di non italiani anche se negli ultimi anni almeno il 30% è di seconda generazione, cioè è nato nel nostro paese. «In questa scuola nessun genitore si è lamentato per come si affronta il Natale», spiegano all’unisono le maestre. Il segreto? «I ragazzi e loro famiglie vivono nella stessa nostra società - racconta Antonella Giuliani, curatrice del progetto -. Anche se non sono cattolici, sanno benissimo che a Natale fino alla Befana la scuola chiude. Per i bambini festeggiare è normale anche se non sono cattolici. Quindi noi usiamo l’albero di Natale come un oggetto simbolico a cui affidare messaggi di pace e solidarietà, di trionfo del bene sul male, senza nessuna connotazione religiosa. I bambini arrivano alle scuole elementari che non sanno parlare italiano e quindi il teatro e il linguaggio non verbale sono fondamentali per l’integrazione».
E sul presepe? «In alcune classi alcune insegnanti l’hanno fatto - svela Gisella Commesso, referente per la multiculturalità -. Ivan, un ragazzo musulmano, gioca con le statuine e si è divertito moltissimo. Il rispetto della religione si fa in modo molto semplice: se si trattano temi che possono essere rischiosi, si chiede ai bambini di farsi dare il permesso dai genitori: se loro acconsentono, bene; diversamente fanno altro e non c’è nessun problema». Se alle elementari Ivan gioca con la statuina di Maria, alle medie Rob, che viene dal Bangladesh, il Natale non lo festeggia. Nero di pelle e vestito da rapper non si crea problemi: «Intanto si sta a casa e poi noi abbiamo appena festeggiato la fine del Ramadam. Quando si fa festa è sempre bello». A febbraio invece ci sarà il capodanno cinese, altro giorno di festa per Hu e Don Don, come per tutta la scuola.
Martedì mattina si è tenuta la recita dei canti natalizi delle scuole medie: i ragazzi del coro polifonico multietnico di voci bianche è composta da ragazze e ragazzi della scuola media, guidati dal professore di Educazione musicale Carlo Monticelli. È una specie di Orchestra di piazza Vittorio: invece dei musicisti di tutte le nazionalità ci sono i cantanti. Ragazzi di 47 nazionalità cantano “Bianco Natale” mentre in platea, nel piccolo teatro della scuola, ci sono genitori che non parlano l’italiano.
La memoria storica di questa «babele» è la vicepreside Giuseppina Morabito. «Lavoro in questa scuola da 25 anni - racconta -. Ho avuto io il primo bambino cinese in classe. Non sapevo da dove inziare per integrarlo, ma con i compagni si capiva benissimo. Oggi siamo ormai alla normalità della, cosiddetta, diversità. Io dico sempre che insegnare qua significa aprire gli occhi e vedere il mondo che cresce, con le facce di tutti i tipi dei nostri bambini. Ormai parlare di tolleranza è fuorviante, si tira in ballo solo per sostenere l’esatto contrario. Il Natale per noi sta nei valori umani in cui tutti si riconoscono. I problemi sul presepe e le visite dei vescovi li creano i grandi, se lasciassimo in pace i bambini non ci sarebbero problemi...».