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Unità-È tornata La Scuola di Classe

È tornata La Scuola di Classe Marina Boscaino Indietro nel tempo. A prima del 1962. Io non ero ancora nata. Scuola e avviamento alle professioni: già 42 anni fa sembrava improponibile, i...

28/05/2005
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l'Unità

È tornata La Scuola di Classe

Marina Boscaino

Indietro nel tempo. A prima del 1962. Io non ero ancora nata. Scuola e avviamento alle professioni: già 42 anni fa sembrava improponibile, iniquo, anacronistico. Giovedì sera abbiamo invece dovuto ascoltare con pazienza questa signora perbene che pacatamente ha recitato - nell'accogliente salotto dell'alter ego di Vespa, Giovanni Masotti - le parole d'ordine che continua a ripeterci da quando ci tocca sopportare che sia lei a decidere i destini della scuola italiana. E a dirci che il decreto attuativo sulle superiori, la cui bozza quest'inverno aveva sollevato tante polemiche, rappresenta un passo avanti per la scuola italiana.
Ci ha detto che la riforma non è calata dall'alto, ma rappresenterà un percorso condiviso e partecipato. Falso. La riforma non è piaciuta prima e piace meno che mai ora. Ma il sottrarre la legge al dibattito parlamentare ha consentito al Governo di ignorare completamente il parere di insegnanti, associazioni, studenti, sindacati che pure in questi anni hanno in tutti i modi segnalato il loro dissenso. D'altra parte la stima che l'Esecutivo nutre nei confronti degli addetti ai lavori del settore pubblico è nota. Ha parlato di cifre, la Moratti, di ipotetici stanziamenti anche cospicui; ma chi avrebbe potuto confutarli non era (come al solito) presente. Ancora una volta le parole di donna Letizia hanno compiuto il miracolo: hanno descritto una situazione che non c'è, che non esiste. Lei, come sempre, sembrava credere nella loro funzione taumaturgica: le sue, come quelle di molti dei suoi colleghi, sono parole che, per il solo fatto di essere pronunciate, pretendono di essere vere (potenza del grande capo...). Nel corso della serata abbiamo persino saputo che durante il suo mandato ministeriale gli insegnanti hanno guadagnato di più. Davvero non ce ne siamo accorti.
Se ci dovessimo basare sugli effetti che i decreti che regolano scuole medie ed elementari hanno avuto dovremmo pensare che, al netto delle ricadute in termini di occupazione, la riforma tanto promossa e decantata sia poco più di una bolla di sapone. E questo non perché quel decreto non contenga in sé un gravissimo e pretestuoso attentato ad esperienze significative della scuola italiana; ma piuttosto perché, grazie alla mancanza totale di fondi per investire in questa creatura deforme, quasi nulla è cambiato nelle scuole italiane. Il contenuto del decreto sulle superiori è l'ennesima dimostrazione di quanto Letizia Moratti e il suo staff siano paradossalmente lontani anni luce da qualunque contatto con sistema dell'istruzione italiano. E ciò è tanto più dannoso in quanto questa lontananza gli impedisce di focalizzare e potenziarne gli aspetti più importanti e significativi.
Così è stato nelle scuole elementari (il team di insegnanti, il grave attacco al modello educativo del tempo pieno) e così continua a fare alle superiori: la "licealizzazione" selvaggia degli istituti tecnici è una delle tante prove della scarsa comprensione del mondo scuola da parte della Moratti.
Equiparare gli istituti professionali alla formazione professionale significa mettere una definitiva pietra sul destino di tanti ragazzi che, grazie alla scuola pubblica, sono riusciti ad evadere dalla propria condizione sociale di partenza, ad assicurarsi un'esistenza più dignitosa di quella che avrebbero naturalmente avuto se non avessero avuto quell'opportunità. O, fatto più semplice ma non meno importante, significa non dare la possibilità a quei ragazzi di vivere la propria adolescenza tra i banchi di scuola. Perché il lavoro è lavoro, la scuola è scuola; la formazione professionale si trasforma facilmente in un apprendistato gratuito, senza pretese e senza difese. La scuola è un'altra cosa. E ostinarsi in un'avventura in cui il mondo dell'istruzione assolutamente non si riconosce rappresenta una manifestazione di inadeguatezza che può avere effetti estremamente negativi non solo sulla scuola, ma anche su tutta la società italiana; attraverso questo doppio canale a base sociale ci si preoccupa di convogliare, qualora la vita quotidiana non lo facesse già a sufficienza, destini già determinati. Un richiamo all'ordine attraverso un'adolescenza "di classe". Ciascuno al suo posto e a ciascuno il suo.