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Unità: Ecco perché bisogna votare NO

scheda

19/06/2006
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l'Unità

NUMERO DEI PARLAMENTARI La riforma costituzionale del centrodestra riduce il numero dei parlamentari da 950 a 773. Ma la riduzione viene rinviata al 2016. C’è abbastanza tempo anche per ridurre la riduzione; per ora c’è l’effetto di annuncio demagogico.

IL PREMIERATO Il centrodestra sostiene che il premierato dà ai cittadini il potere di decidere maggioranza parlamentare, coalizione di governo e primo Ministro. Ma il premierato non è nella investitura popolare di una maggioranza parlamentare, di una coalizione di governo e Primo ministro, cosa che avviene già in Inghilterra, in Germania e in Spagna: è sufficiente una buona legge elettorale. Questo premierato, il premierato della riforma, si fonda sulla insostituibilità del Primo ministro durante tutta la legislatura e sui suoi enormi poteri (scioglimento della Camera dei deputati e questione di fiducia che, in caso di rifiuto da parte della Camera, provoca nuove elezioni) e sullo svuotamento delle prerogative del Presidente della Repubblica.

CAMERA E SENATO La riforma vuol cancellare il bicameralismo: non più due Camere, ma un Senato federale che rappresenti le esigenze delle Regioni, e una Camera che si occuperà di quelle dello Stato. Ma è un pasticcio: il Senato federale è una seconda camera regionale, non è in grado di rappresentare le istanze regionali, visto che i rappresentanti regionali non hanno diritto di voto nelle deliberazioni del Senato.

L’ITER DELLE LEGGI Il centrodestra si vanta di aver semplificato il procedimento legislativo: ognuna delle due Camere voterà le leggi di sua competenza, con riduzione di tempi e costi. Invece il procedimento legislativo è concretamente molto più farraginoso. Giacché la prevalenza della Camera o del Senato si fonda sulla competenza a legiferare per singole materie dello Stato e delle Regioni, la difficoltà di individuare i confini tra le competenze (decise dai presidenti delle Camere o da un insindacabile comitato paritetico di 4 deputati e 4 senatori) dà luogo a gravi dubbi interpretativi, a conflitti istituzionali su cui dovrà intervenire la Corte Costituzionale, soprattutto per le leggi complesse, come la Finanziaria.

LA DEVOLUZIONE Prevede che alle regioni siano affidate particolari poteri legislativi su assistenza e organizzazione sanitaria, organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione, definizione dei programmi scolastici e formativi d’interesse regionale, polizia amministrativa regionale e locale. Tornano ad essere di competenza statale la tutela della salute, le reti di trasporto strategiche, l’ordinamento delle professioni, produzione e distribuzione di energia. Una devoluzione pericolosa anche perché si accompagna ad una competenza esclusiva dello Stato nelle stesse materie. Una duplicità illogica che può arrecare gravi danni ai diritti fondamentali su tutto il territorio nazionale. C’è il rischio di un federalismo iniquo, conflittuale e squilibrato.

CORTE COSTITUZIONALE La riforma aumenta i giudici di nomina parlamentare. I membri restano 15: 4 nominati dal Quirinale, 4 dalle alte Corti, 3 dalla Camera, 4 dal Senato federale. Aumenterebbe così il controllo politico sulla Corte. I cui membri ora sono nominati per un terzo dal Quirinale, per un terzo da Camera e Senato, per un terzo dale alte Corti.