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Unità-Epifani dice a Montezemolo:"Un patto per salvare il Paese"

Epifani dice a Montezemolo:"Un patto per salvare il Paese" Intervista al segretario della Cgil: le fabbriche sono in crisi, l'Italia in declino, bisogna reagire "Il sindacato è pronto ma il pre...

26/08/2004
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l'Unità

Epifani dice a Montezemolo:"Un patto per salvare il Paese"

Intervista al segretario della Cgil: le fabbriche sono in crisi, l'Italia in declino, bisogna reagire
"Il sindacato è pronto ma il presidente di Confindustria dimostri che rappresenta una svolta"

Rinaldo Gianola

Un confronto serrato tra sindacati e Confindustria "per affrontare la drammatica situazione economica e sociale del Paese e arrivare, se possibile velocemente, alla definizione di un accordo su politica industriale, federalismo, formazione". È questa la proposta che Guglielmo Epifani, segretario generale della Cgil, formula in questa intervista a Luca di Montezemolo per risolvere le crisi aziendali e di settore, di cui l'Alitalia è solo quella più grave, salvare migliaia di posti di lavoro e difendere il tenore di vita delle famiglie. Un accordo tra sindacati e imprenditori per evitare all'Italia un declino preoccupante. Mentre le fabbriche e gli uffici riprendono l'attività, il leader della Cgil non si nasconde le difficoltà e le pesanti sfide che il movimento sindacale dovrà fronteggiare in autunno.
E non lo conforta nemmeno la dialettica interna al centro-sinistra: "Vorrei vedere il programma dell'Ulivo, almeno tre o quattro punti. Qualcuno mi ha risposto che il programma c'è già. Scusate, ma io ancora non lo vedo".
Spiega Epifani: "Siamo in un momento molto difficile: la produzione industriale è quasi ferma, si moltiplicano i casi di imprese in difficoltà, con migliaia di lavoratori che rischiano di perdere il posto di lavoro, i prezzi sono fuori controllo, i salari perdono valore e il presidente del Consiglio, come abbiamo visto in questi giorni, si occupa di altro. È ora che la Confindustria esca da ogni ambiguità e dica chiaramente cosa vuole fare. La Cgil è pronta a un dialogo aperto e trasparente per verificare la possibilità di un'intesa su alcuni punti decisivi per lo sviluppo industriale, per la tutela dell'occupazione e la difesa dei salari e delle pensioni".
Epifani, perché Montezemolo dovrebbe volere un accordo con i sindacati?
"Perché le imprese stanno male come il Paese. Perché i margini sono stretti per tutti, perché i settori più esposti alla competizione internazionale sono in crisi. Perché questo è il momento di far vedere se davvero Luca di Montezemolo rappresenta una svolta in Confindustria oppure no. La difesa del tessuto industriale, dell'occupazione, del tenore di vita di milioni di persone sono argomenti che interessano le imprese e il sindacato".
Ma lei ha capito che cosa vuole davvero Montezemolo? L'impressione è che ci siano stati molti svolazzi, ma fatti concreti non se ne sono visti.
"Non ho ancora capito dove va Montezemolo. Per ora si è mosso a 360 gradi. Ha proiettato un'immagine diversa dal passato, cioè dalla Confindustria di D'Amato, almeno nei toni e nei metodi. Ha un'impronta più dialogante e aperta. Detto questo, adesso è giunta l'ora dei fatti. Vorrei vedere se è cambiato solo l'involucro o anche il contenuto".
E quali sono i fatti?
"I lavoratori dipendenti hanno pagato e stanno pagando costi molto alti. Le imprese hanno praticato salari bassi, hanno compresso i diritti sul lavoro, hanno imposto e sfruttato una precarietà diffusa, in piena sintonia con la politica del governo Berlusconi. La svolta di Montezemolo, se c'è, la valuteremo dalla presa di coscienza che così non si può andare avanti. Non c'è più spazio per tagliare i diritti e i salari dei lavoratori, vogliamo sentire la parola: redistribuzione. È una parola che deve essere usata nei prossimi rinnovi contrattuali".
Ma che interesse può avere la Confindustria a un tavolo col sindacato? Con Berlusconi, Maroni e Sacconi gli industriali si sono sentiti tutelati.
"Il sistema industriale, lo ripeto, è in gravissime difficoltà. Montezemolo, che è anche presidente della Fiat, lo sa benissimo. Berlusconi pensa ai fatti suoi e la politica del governo, basta leggere le linee del Dpef, colpisce duramente il sistema produttivo, toglie risorse, penalizza gli investimenti. Prendiamo il Mezzogiorno. Voglio fare una proposta a Montezemolo: facciamo una iniziativa pubblica, Cgil, Cisl e Uil con la Confindustria sul Sud. Chiediamo alle imprese del Mezzogiorno come stanno, chiamiamo gli imprenditori a discutere dei tagli imposti dal governo. Partiamo da queste cose concrete, penso che le posizioni non siano molto distanti, se naturalmente Confindustria rinuncia al documento che ci ha presentato al primo incontro".
Indichi le sue priorità di un negoziato e di un possibile accordo tra imprese e confederazioni.
"Penso che ci siano le possibilità di intavolare un confronto serio e arrivare anche a un accordo sulla politica industriale, il federalismo, la formazione permanente, il pilastro aggiuntivo della previdenza integrativa e il rilancio dei distretti. Non è uno sforzo semplice, nemmeno per la mia confederazione. Ma di fronte alla drammatica situazione in cui versa il Paese, la Cgil sente l'urgenza di riportare le questioni dell'industria e del lavoro al centro dell'attenzione del Parlamento, delle forze politiche, degli Enti locali. Sindacati e imprese possono avere un grande ruolo di responsabilità in questo momento. Qui da noi non succede niente, il governo lascia incancrenire le crisi, sui giornali si criticano la Germania o la Francia per le loro politiche di difesa dei campioni nazionali, intanto loro mantengono, rafforzano grandi gruppi in settori strategici e noi perdiamo pezzi ogni giorno".
Le piace la grandeur industriale francese, ma anche noi avevamo campioni nazionali, casomai qualcuno si è rovinato con le privatizzazioni che piacevano tanto al centro sinistra perché erano così moderne...
"Non mi sfugge l'elemento nazionalistico della politica industriale francese. E possiamo discuterne fin quando vogliamo. Ma Parigi, mentre fuori infuriano le polemiche, investe e rafforza settori strategici come l'aerospaziale, la farmaceutica, le telecomunicazioni, l'automobile, l'energia. Mentre noi discutiamo, quando va bene, se l'Alitalia può trovare un aiuto, ma restando subalterna, ad Air France oppure quanto può pesare la Edf sul mercato energetico italiano. E il nostro governo cosa fa? Niente, gli unici progetti che sostiene mostrano una totale subalternità agli interessi degli Stati Uniti e della Gran Bretagna".
L'Alitalia che fine farà?
"I sindacati lavorano per salvare l'Alitalia. Faremo tutto il possibile per contribuire a risanare l'Alitalia, non abbiamo paura di assumerci le responsabilità che ci competono. Ma quello che davvero non è tollerabile è il tentativo di scaricare sui dipendenti le cause della crisi. L'Alitalia è in questa situazione perchè i manager e l'azionista hanno compiuto gravi errori negli ultimi dieci anni, non si può dire che è colpa di qualche assenteista. Casomai l'assenteismo è l'effetto di una cattiva gestione dell'azienda".
Si parla di migliaia di licenziamenti...
"Dopo anni di errori strategici da parte dell'azienda e dello Stato, il governo e Cimoli non possono pensare di risolvere tutto in poche settimane buttando fuori migliaia di persone. Questo proprio no. Non si buttano a mare i lavoratori. I sacrifici, anche dolorosi, si fanno se ci sono garanzie di un futuro certo per i dipendenti dell'Alitalia. Non si può fare una trattativa ispirata dal ricatto: o si fa come dico io oppure andate tutti a casa".
Eppure il ricatto è diventato importante nelle relazioni industriali in Francia e in Germania. Opel e Volkswagen hanno proposto di congelare i salari altrimenti tagliano gli occupati, Siemens e Bosch hanno estorto orari di lavoro più lunghi altrimenti c'era la delocalizzazione...
"Questi fatti sono, a mio parere, gravissimi. Indicano che il modello sociale europeo sta ritornando indietro di decenni, perdiamo cinquant'anni di progresso. Il ricatto "accetti o chiudo", "accetti o vado a produrre all'estero" è una risposta medievale, tutto viene di nuovo lasciato al mercato senza alcuna possibilità di intervento. Problemi di questo genere dovrebbero essere immediatamente affrontati dalla Commissione Europea che, oltre a occuparsi di regolare tutte le sciocchezze esistenti, dovrebbe mettere mano alla questione chiamando i sindacati e le imprese europee che, invece, sembrano disinteressarsi. Con questi ricatti stiamo ribaltando il modello sociale europeo, c'è un cambiamento culturale enorme e, per me, pericolosissimo".
Epifani, sa cosa le dirà Montezemolo se verrà a sedersi al tavolo?
"Che cosa?"
Le dirà che bisogna cambiare il modello contrattuale.
"Non abbiamo obiezioni a discutere, ma nei tempi e nei modi giusti. Ed è anche per questo che al primo incontro con Confindustria abbiamo detto che così, come avevano pensato, non si poteva fare. Ricordo che con Cisl e Uil abbiamo stabilito di lavorare, con apposite commissioni, su due questioni molto importanti: modello contrattuale e democrazia. Abbiamo sensibilità e posizioni diverse. Se qualcuno mi dice che bisogna discutere subito di contratti senza una posizione di Cgil, Cisl e Uil io sono contrario. Perché se andiamo a trattare sul modello contrattuale con tre posizioni diverse i risultati possono essere due: o si va a un accordo separato o si fa decidere a Confindustria".
Intanto la Cisl studia una sua proposta, rinnovi del contratto nazionale ogni tre o quattro anni...
"È bene che le Confederazioni preparino delle loro proposte. Anche la Cgil lo farà e la porterà al confronto con Cisl e Uil. Sono questioni delicate che riguardano milioni di persone, ci vuole tempo. Penso che possiamo discutere e anche litigare nel merito nelle nostre sedi, possiamo arrivare a una mediazione condivisa, unitaria, se rispetta l'autonomia di tutti e avviene nella piena trasparenza. In questo momento mi pare che i sindacati debbano impegnarsi affinché si chiudano i contratti aperti, come il pubblico impiego e quello del trasporto locale, ma mi pare, anche in questi casi, che la volontà del governo sia quella di favorire le tensioni sociali".
Tra i vari capitoli aperti, a settembre c'è da affrontare quello della Fiat?
"Ho apprezzato l'onestà del nuovo amministratore delegato, Marchionne , che a luglio ci ha presentato un quadro realistico, ci ha detto come stanno le cose, senza tante storie. Sentiremo che cosa ci dirà a settembre. Da parte nostra l'unica volontà è di salvare e rilanciare la più grande industria italiana. Non possiamo scherzare come ha fatto qualche ministro sostenendo che l'Italia può fare a meno dell'industria dell'auto. Il Belgio produce oggi più auto dell'Italia, con Francia e Germania abbiamo avuto l'industria dell'auto più forte e oggi siamo la Cenerentola d'Europa. Non ci rassegnamo alla fatalità, bisogna battersi per dare una prospettiva alla Fiat e ai suoi lavoratori".
Come giudica il progetto di Colaninno nell'industria del motociclo?
"Non tocca a noi decidere gli assetti proprietari delle aziende, ma posso dire che Colaninno con Piaggio e Aprilia ha avuto coraggio. Certo noi siamo preoccupati per la difesa dei siti produttivi, per gli occupati e anche per i marchi industriali che hanno un grande valore. Colaninno sta mettendo assieme due realtà industriali, che hanno avuto e hanno grossi problemi, ma che rappresentano anche un potenziale campione nazionale: sono il primo gruppo motociclistico europeo. È una bella occasione. Aspettiamo il piano industriale di Colaninno per confrontarci".
Un'ultima domanda: lei aveva sollecitato le forze dell'Ulivo a preparare velocemente un programma di governo. Diciamo la verità: la sua richiesta non ha avuto molto successo...
"Ha ragione, anzi qualcuno mi ha anche risposto che il programma c'è già. Io continuo a non vederlo. Non c'è nemmeno una sede, un luogo dove tutta l'opposizione discute del programma. La polemica di queste settimane mi preoccupa, discutiamo solo se le riforme di Berlusconi vanno tenute o no. È un segno di subordinazione culturale. Rutelli dovrebbe dire quale è il suo programma sulla scuola, il mercato del lavoro, le pensioni. Solo per citare tre questioni alle quali la Cgil è molto interessata. Non mi interessa quello che ha fatto Berlusconi, voglio sapere cosa propone l'Ulivo agli elettori. La Cgil avanzerà alcune proposte su scuola, lavoro e pensioni, oltre che su altre questioni, alle forze politiche come un contributo possibile al futuro programma che, ripeto, io ancora non vedo".