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Unità: Epifani: il governo ha sbagliato i conti

«Non accetto cifre a circuito chiuso, Padoa-Schioppa ha sottostimato la crescita»

08/09/2006
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l'Unità

di Simone Collini inviato a Pesaro

SASSOLINI Il governo ha sbagliato i conti. Ora ha davanti a sé due strade: prendere atto della ripresa e fare una manovra di 26 miliardi oppure confermare la Finanziaria da 30 miliardi, ma allora deve spiegare dove vuole investire i soldi in più. Guglielmo Epifani ar-
riva alla Festa nazionale dell'Unità e senza tanti giri di parole lancia al governo un messaggio ben preciso: "La smetta con il balletto dei numeri e scelga la strada da imboccare. Se rimane nel mezzo prenderà schiaffi sia da destra che da sinistra". La platea lo accoglie con una standing ovation prima ancora che inizi a parlare e poi sono solo applausi convinti, sia quando sostiene la necessità di una Finanziaria più leggera che quando dice che una riforma previdenziale non può entrare nella manovra di bilancio.
Il segretario della Cgil parte dalla crescita economica registrata nelle passate settimane per contestare i 30 miliardi previsti dalla Finanziaria: "Cifre alla mano, se non cambia la tendenza si può fare una manovra che riserva 15 miliardi per gli investimenti e 11 per arrivare al 2,8% del rapporto deficit/Pil". Se il governo "si è messo in un imbuto", dice, è perché ha fatto male i calcoli. "Penso che Padoa-Schioppa abbia sbagliato all'inizio le sue previsioni. Gliel'ho detto in faccia e lo ripeto qui. Ora più si trascina il problema e peggio è". La soluzione, per il leader della Cgil, può essere trovata o in una manovra più leggera di quella prospettata finora, oppure, "se insistono sulla cifra di 30 miliardi, ci devono dire che quei 4 o 5 miliardi in più vanno in investimenti sociali, per gli anziani, la formazione, la ricerca, lo sviluppo, il Mezzogiorno". Il sindacato non accetterà quindi "cifre a circuito chiuso", e anzi chiede alla maggioranza di "parlare con una sola voce" e al governo "trasparenza" e "rigore sui numeri".
L'altro tipo di "rigore", quello giudicato necessario per la ripresa dell'economia italiana dal ministro del Tesoro ma anche dal segretario dei Ds Fassino, lo guarda invece con sospetto. Epifani dice che non basta parlare di "rigore". Non solo perché ad esso vanno affiancati "equità e sviluppo", ma anche perché vanno affiancati due aggettivi: "giusto" e "necessario". "Noi non abbiamo mai disconosciuto i problemi dei conti pubblici, ma bisogna stare attenti, perché una manovra molto forte può strozzare lo sviluppo".
Anche sul capitolo pensioni Epifani lancia messaggi molto chiari al governo. "Non viviamo sulla luna, lo sappiamo che l'età media si è allungata". Non esclude una riforma previdenziale, quindi, ma detta condizioni ben precise per avviare il confronto su questo tema. E la prima è che questo lavoro va tenuto fuori dalla Finanziaria. "Per la riforma Dini abbiamo negoziato per quasi sei mesi". Ma non è solo questione di tempi. Anche in questo caso, invita chi ha ruoli di responsabilità a "non dare adesso cifre". Appunto che fa ai vari esponenti di governo, ma non solo. Anche la disponibilità avanzata dalla Cisl a ragionare sull'innalzamento a 58 anni a partire dal 2008 lo ha colpito sfavorevolmente. Lo dice in mattina alla festa della Margherita, e Bonanni gli risponde che è solo un bene se il sindacato si fa sentire. "58, 60, non è il momento di dare cifre, stiamo parlando di problemi che vanno affrontati con un po' più di attenzione, così come abbiamo fatto nel passato", ripete la sera a Pesaro, assicurando comunque che "il sindacato è unito". Una cosa in materia, però, la dice: "Disincentivi è una parola che non mi piace".
Passaggi che suscitano l'applauso delle oltre mille persone presenti. E applausi arrivano anche quando dice che "il paese ha bisogno di un governo forte" e che se questa maggioranza non ce la dovesse fare l'unica soluzione sarebbe andare alle urne: "Non mi piacciono i pastrocchi, le maggioranze variabili". Non si sottrae poi a una domanda sul Partito democratico: "Ho guardato con attenzione, ma anche con una certa distanza al progetto del Partito democratico, e quando vedo le frenate capisco che ho fatto bene". Ci sono dei nodi da sciogliere, dice, ma c'è anche un aspetto che lo "riguarda" più da vicino: "Io avrei un altro problema per un'eventuale aggregazione: quale sarebbe il rapporto del nuovo soggetto con il mondo del lavoro e quello delle condizioni delle persone che il sindacato rappresenta. Ho sentito parlare di tutto ma questo tema non è mai stato affrontato".