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Unità: Esami di notte a lume di candela. «Questi tagli oscurano la ricerca»

La protesta dei docenti e dei presidi delle facoltà umanistiche: «Così uccidono l’Università». Meno investimenti che in Irlanda e Slovenia. Corsa ai pensionamenti e niente ricambio

06/07/2010
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l'Unità

Natalia Lombardo

«Una tragedia. Stanno uccidendo l’Università»: è unanime la considerazione espressa dai presidi delle facoltà umanistiche, da docenti e ricercatori, riuniti nell’Aula I di Lettere della Sapienza, memore di antiche assemblee. Con loro ieri anche con il rettore Luigi Frati.E per protesta gli esami di Lettere si terranno in piena notte al lume di candela: «Contro il buio che i tagli del governo vogliono far calare sulla ricerca e la didattica» è lo slogan dei docenti che dalle 21 alle 5 del mattino del tredici riprenderanno gli appelli e aspetteranno l’alba con gli studenti. L'allarme è alto quanto il rischio concreto di dover cancellare interi corsi di laurea per mancanza di risorse. Umane, oltre che di fondi. Il blocco del turn over, imposto dalla finanziaria di Tremonti e dalla riforma Gelmini nel 2009, ha inaridito il ricambio: tanti i professori ordinari andati in pensione o in prepensionamento negli ultimi mesi (per timore di ulteriori riduzioni), nei prossimi cinque anni sarà circa il 30 per cento del personale docente. Nessun giovane li sostituirà, e chi per miracolo entrerà nelle università potrà farlo solo a tempo determinato. Le nuove generazioni sono già bloccate fuori dalla porta. Per il rettore Frati c’è il rischio che ci sia il 30 per cento di corsi di laurea in meno, tra Ingegneria, Medicina e Giurisprudenza e in tutte le facoltà.

ADDIO LETTERATURA INGLESE? Alla facoltà di Scienze Umanistiche in autunno potrebbe non riprendere il corso di Letteratura Inglese. Così alla Facoltà di Lettere gli esami sono sospesi fino al 12 luglio, e riprenderanno con un atto simbolico: nella notte e per le strade de La Sapienza. Presidi, ricercatori e studenti delle facoltà di Filosofia, Lettere e Filosofia, Scienze Umanistiche, Studi Orientali e la scuola speciale di Archivisti e Bibliotecari hanno tenuto ieri una conferenza stampa dibattito per sostenere la protesta. Il rettore Frati è con loro «al 100 per cento» ma rifiuta «l’autogol», il blocco degli esami, «per rispetto degli studenti», dichiara nell’Aula I, tantomeno lo slittamento ad agosto, smentito. L’amarezza è dominante, soprattutto in confronto all’aumento di investimenti che Germania e Francia hanno riservato a ricerca e università, mentre l’Italia vi dedica meno dell’ 1% del Pil: «Siamo superati da piccoli paesi come la Slovenia e l’Irlanda», spiega Roberto Nicolai, grecista e preside della facoltà di Scienze Umanistiche: «Dire che il sistema universitario va rinnovato non vuol dire che dev’essere ucciso. Così il sistema statale viene sostituito con il nulla». E il fondo finanziario ordinario sarà drasticamente ridotto nel 2011. A Scienze Umanistiche hanno deciso di non sospendere gli esami, ma sarà fatta un’iniziativa pubblica il 20 luglio per l’iniziativa «Porte aperte». I tagli alla ricerca sono «una scelta politica», denuncia il preside, «si privilegiano altri investimenti. Ma quali? Non vedo tante Grandi Opere in corso, né vedo ridurre i veri sprechi e i privilegi». Fra i docenti c’è anche chi lamenta «il silenzio del Pd, non si fa sentire» e «l’indifferenza del paese di fronte all’università che muore». «Per il governo noi siamo una spesa e non una risorsa». E se quel 10% di fannulloni che non produce pubblicazioni o ricerca verrà sanzionato, il restante 90% attivo non vuole essere penalizzato. Il rettore Frati dichiara guerra agli scansafatiche e promette di mandare via un ricercatore,un ordinario e due associati; poi ricorda di aver fatto una «contestazione disciplinare a un professore ex ministro perché aveva preso incarichi extra- universitari». Dall’aula parte un’accusa a Frati: «Lei lavora nelle cliniche private…». Il rettore s’infuria: «Non ho mai operato in cliniche private, solo qui». Insomma, per il preside Nicolai si dovrebbe «riqualificare la spesa con investimenti efficienti», oltretutto i risparmi finiscono nelle casse del Tesoro ma non vengono reinvestiti in ricerca. «Si chiudano pure alcune delle sedi locali che si sono moltiplicate, male scelte siano oculate e fatte superando le clientele».